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CONCETTI E TEORIE DELLA FILOSOFIA POLITICA
CAPITOLO 6: Concetti della teoria politica.
Alcune premesse.
Osservando il mondo contemporaneo e il pensiero politico che lo anima, notiamo che emergono tre concetti politici: liberalismo, democrazia e socialismo. Essi sono concetti con un forte contenuto normativo che ancora oggi sono presenti nella discussione pubblica delle società democratiche. È attorno a questi tre poli che si sviluppa la vicenda politica otto-novecentesca, senza dimenticare la lotta al fascismo e al nazismo. I tre concetti politici sono fondanti della modernità, per due ragioni:
- si sviluppano a partire dall'epoca delle rivoluzioni borghesi;
- possono venir compresi come letture diverse di un'unica radice comune, e cioè il principio moderno dell'eguale libertà.
La modernità politica si fonda sull'assunto che non vi sono rapporti di subordinazione naturale tra gli uomini. In questa prospettiva, eguaglianza e
libertà si interpretano reciprocamente. Il concetto moderno di libertà. Risulta necessario delineare una mappa più chiara delle interpretazioni del concetto di libertà che sono state offerte negli ultimi due secoli. Innanzitutto si distinguono: ● libertà politica: che riguarda il modo in cui l'uomo è libero nell'ordine politico e sociale; ● libertà metafisica: intesa come possibilità di determinarsi autonomamente e compiere un'azione libera. Nella discussione sul concetto di libertà, una fortuna particolare ha goduto la tesi di Bobbio e Isaiah Berlin, secondo i quali, nel concetto di libertà esisterebbero due momenti, distinti ma entrambi essenziali: ● libertà negativa: è stata formulata dal pensiero politico di Hobbes, in quanto egli descrive la libertà come assenza di impedimenti esterni che ostacolino un uomo a fare ciò che vuole. Quale senso ha questa concezionenell'ambito della società politica? Poiché le leggi regolano una parte delle azioni dei sudditi e non la totalità, la libertà sta nell'agire a proprio piacimento in ciò che la legge ha omesso di regolare: tanto è più ampio il ventaglio di cose che la legge ha omesso di regolare, tanto maggiore è la libertà politica-sociale degli individui. Nel senso negativo del termine, libertà significa poter disporre di se stessi col minimo di interferenze da parte dei poteri pubblici o degli altri individui.● libertà positiva: la domanda fondamentale per i teorici che sostengono questo tipo di libertà è: chi deve comandare? La più netta formulazione di libertà positiva la troviamo in Rousseau: essere liberi non significa godere degli spazi d'azione che le norme ci lasciano, ma essere autori di quelle stesse norme, dunque non obbedire ad altri leggi se non a quelle che noi stessi cisiamo dati. Da questo punto, si svilupperà la teoria democratica. Se la riflessione si sposta sul piano delle effettive opportunità per gli individui, la prospettiva si fa più specifica. Si può dunque formulare un secondo concetto di libertà positiva, distinto dal precedente: essere positivamente liberi significa disporre dei mezzi e delle risorse che ci consentano di godere effettivamente della libertà che la legge ci attribuisce, di non lasciarle sulla carta. Tale è il concetto che ritroveremo nelle teorie socialiste. Possiamo assumere un terzo concetto di libertà positiva: essere liberi non significa solamente obbedire a leggi che noi stessi ci siamo dati, ma a leggi che siano espressione della nostra volontà razionale e non di una mera volontà arbitraria. La varietà dei punti di vista appena elencati può essere assunta a partire da un concetto di libertà come realtà multidimensionale. Tornando
alla distinzione iniziale, cioè quella fra libertà negativa e libertà positiva, si può affermare che:
- la libertà negativa richiede che sia ampio lo spazio in cui le leggi lasciano che siano gli individui a decidere da soli, dunque vuole massimizzare l'ambito delle decisioni private;
- la libertà positiva richiede che gli individui siano autori delle leggi, cioè che una serie di questioni fondamentali siano decise dalla collettività dei cittadini. La libertà positiva rivendica decisioni collettive.
Il dibattito fra le due fazioni si svilupperà soprattutto dai seguenti punti:
- non si può negare che l'autolegislazione democratica accresca la libertà degli individui, e in aggiunta attribuisce loro un'altra libertà, quella di concorrere alla determinazione delle leggi;
- i sostenitori della libertà negativa sostengono che nessuno vorrebbe appartenere a una collettività.
democratica di legislatori, poiché essi si occuperebbero anche degli aspetti più privati della vita dell’individuo. Sarebbe difficile parlare di libertà ove le decisioni collettive potessero esercitarsi in ogni ambito e senza limiti. Allora si può notare come il confronto e lo scontro fra le ideologie politiche negli ultimi due secolo può essere letto proprio come un confronto fra interpretazioni in conflitto della libertà.
Liberalismo. Malgrado se ne faccia continuamente uso, il concetto di liberalismo è uno dei più difficili da determinare con una pretesa di univocità, in quanto al suo sviluppo hanno contribuito correnti dottrinali diverse. Le difficoltà iniziano già dal punto di vista lessicale, dalla distinzione, come sottolinea Croce tra:
- liberismo: concetto che si situa sul terreno economico, per affermare la virtù del libero scambio e criticare i limiti che a esso si vogliono imporre;
Può formarsi anche in assenza di democrazia, essa è vista più come una minaccia che una tutela delle libertà, altri invece accolgono pienamente la democrazia lasciando da parte le riserve liberali contro di essa.
Per quanto riguarda il giudizio sugli assetti economico-sociali abbiamo due estremi:
- liberalismo proprietario: coloro che ritengono che la distribuzione più giusta della ricchezza sia quella che risulta dalla competizione regolata dei soggetti sul mercato;
- liberalismo socialista: coloro che pensano che tra i diritti che devono essere assicurati a tutti, vi sia anche quello di godere, in una misura più o meno egualitaria, dell'accesso ai più importanti beni sociali.
Un approccio liberale è, quindi, il porre a fondamento della convivenza sociale individui dotati di diritti che devono essere considerati innati, inalienabili e inviolabili, nel senso che gli individui non possono rinunciarvi neanche se sono loro stessi a volerlo.
Inoltre, il fine delle leggi pubbliche è quello di tutelare i diritti degli individui, cioè di assicurare loro una sfera protetta dalle intrusioni sia da parte di altri individui, sia da parte dei poteri pubblici. Queste condizioni esigono dei limiti anche nei confronti dell'esercizio del potere politico sovrano, il quale non è più al di sopra delle leggi, e al contrario deve essere sottoposto alla legge: bisogna sottolineare che la garanzia che il potere politico sovrano non diventi dispotico deriva dalla divisione dei poteri, la cui teorizzazione si trova già in Locke. Un altro esempio si trova nella costituzione federale americana del 1787, nella quale tutti i diversi poteri sono disposti in modo che possano e debbano reciprocamente frenarsi. Accanto alle due tesi finora discusse, cioè il primato dei diritti individuali e quella che sancisce la limitazione e divisione del potere pubblico, ve ne sono altre: ● il rifiuto di misurare laBontà di un ordine politico a partire da una concezione sostantiva del bene comune: coloro, come Kant e Mill, che argomentano contro ogni forma di paternalismo politico, difendendo l'idea che ogni individuo ha il diritto di cercare il suo bene o la sua felicità dove meglio crede, e che in ciò non deve essere impedito da un'autorità politica che pretenda di insegnargli quale sia il suo vero bene. La concezione dello stato come male necessario: se l'uomo deve obbedire a un potere estraneo, allora l'autorità e le competenze di quest'ultimo vanno limitate il più possibile. Sul terreno del mercato, è nata l'idea che la competizione fra individui sia un modo efficace per sviluppare al meglio i loro talenti e capacità, generando benefici per loro. A questa idea si accompagna spesso quella dell'eguaglianza delle opportunità. Socialismo. Non va dimenticato che la storia del socialismo èNata prima del marxismo, e dopo di esso è continuata. Il punto di partenza del socialismo è l'assunto per il quale tutti gli uomini sono eguali nei diritti, sia diritti politici che di libertà, ma anche il diritto di accedere ai beni e alle risorse. Dal punto di vista socialista, talenti e capacità dei singoli non costituiscono un titolo per appropriarsi di una quota maggiore o minore di beni. Tutti hanno eguali diritti e doveri nei confronti della società. Ma come è possibile tradurre questo pensiero in una struttura sociale nuova? Tra i socialisti dell'epoca premarxiana si trovano a questo proposito alcune indicazioni comuni: abolizione della proprietà privata, generalizzazione del diritto al lavoro, pianificazione coordinata della vita sociale ed economica e superamento dell'anarchia del mercato. Marx ed Engel, con la pretesa di distaccarsi da questa visione, nel Manifesto del partito comunista la denunciano come utopica. Tuttavia,
nel fatto che egli non considera la collettivizzazione come un fine in sé, ma come un mezzo per raggiungere una società senza classi. Marx sostiene che la collettivizzazione dell'economia è necessaria per eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione e creare un sistema economico basato sulla proprietà comune. Questo permetterebbe di superare le contraddizioni del capitalismo e di realizzare una società comunista, in cui i mezzi di produzione sono gestiti collettivamente e le risorse sono distribuite in modo equo.