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Entrare nella quotidianità e le spinte ideali dei gruppi religiosi

Entrare nella quotidianità aiuta a capire come le spinte ideali di stampo mistico-devozionale, tipiche dei gruppi religiosi, si traducano in strategie comportamentali. In altre parole, l'ispirazione alla divinità, in quanto pratica sociale, si declina al tempo stesso in forme aggregative concrete e in forme corporee e mentali considerate ad essa funzionali. L'esperienza mistica, la contemplazione diretta del "sacro", si basa in primis su precise tecniche del corpo, attitudini tradizionali efficaci, atti appresi, trasmessi e riconosciuti dagli agenti come funzionali allo scopo prefisso (cfr Mauss).

Tuttavia, è necessario sottolineare che nella tradizione cattolica i singoli monasteri hanno una certa autonomia di prassi, che può tradursi in pratiche e abitudini quotidiane diverse. Pertanto, non è possibile operare una generalizzazione e a livello analitico è necessario distinguere tre diversi filtri di analisi:

  1. Piano del prescritto - come il gruppo

è definito e regolato ufficialmente

piano dell’agito – come il gruppo vive eff la quotidianità esperienziale

piano dell’ideale – come il gruppo si auto-rappresenta e a quale modello fa riferimento

la validità dell’esp religiosa è sopratt pratica e non teoretica ed è spesso la pratica a generare la giustificazione

cfr Smith = egli distingue il valore della prassi in quanto tale da quello delle credenze che poggiano su di esso

Così nel testo si intrecciano la voce dell’autrice, quella dell’antropologa e protagonista, e quella delle religiose e dei testi cui loro effettivamente fanno riferimento, nella prassi e nel parlato (citandoli), selezionandoli e attenendosi ad essi

più o meno fedelmente + spezzoni di cronache e registri interni che riportano accadimenti interni

NB: la voce delle religiose = contributo succ all’esp di campo, realizzato in parlatorio in un secondo momento

l’intreccio di voci permette di far emergere prospettive e motivazioni, contraddizioni e influenze reciproche, maanche abitudini linguistiche, lessicali e di scrittura

La PortaL’entrata nella clausura carmelitana ha permesso alla studiosa di avvicinare una delle realtà monastiche femminiliconsiderate, dalle religiose claustrali stesse, tra le più rigorose e autoriflesse… fin dalle sue origini storiche, la sceltacarmelitana è stata caratterizzata da spirito eremitico e forte chiusura verso l’esterno.

L’Ordine carmelitano femminile (riconosciuto già dal 1452) è oggi diviso in 2 rami distinti: le Carmelitane “calzate” odell’Antica Osservanza, che sono rimaste fedeli alla regola della fondatrice delle Carmelitane in Francia, Francoised’Amboise (1427 – 1485) e che oggi rappr una minoranza; e

quelle "scalze", nate dalla riforma operata nel 1593 (nel clima del concilio di Trento) da Teresa d'Avila e da Giovanni della Croce = magg rigore comportamentale

Francoise d'Amboise = duchessa di Bretagna, rimasta vedova decide di dedicarsi ad una rigorosa pratica religiosa+ è ricordata per il fervore spirituale e la severità del disciplinamento interiore+ a lei vengono attribuite le prime fondazioni monastiche in Francia

L'entrata in clausura è un passaggio fisico e simbolico = modalità di accesso ritualizzata = si passa attraverso un imponente portone ligneo uff, che segna l'entrata nella clausura vera e propria, e che viene aperto solo dalla priora e solo quando una postulante decide di entrare o uscire... l'esclusività dell'apertura del portone ne sottolinea il valore simbolico: esso rispecchia una scelta di vita e ricorda a livello visivo la separazione dal contesto circostante relazione chiusa

rapp di gruppo in cui contenuti e rapp di senso che per esso valgono, escludono unapartecipazione allargata = monopolizzazione del patrimonio materiale e simbolico + garanzia dell'esistenza del gruppo Post entrata, la priora e la vicepriora accompagnano la postulante direttamente alla propria cella, introducendola in unmondo privo di suoni = vuoto spaziale e uditivo + tempo dilatato fino all'annullamento La relazionalità del silenzio Il silenzio abitato: il silenzio è una pratica quotidiana che accompagna il nostro vissuto intervenendo a livello fisico e intellettivo; le rappr uditive e le norme acustiche che ne derivano, formano e deformano la spazialità abitativa, la quale a sua volta contribuisce a costruire le persone (in questo caso religiose) = relazione spazio - sonorità - soggetti La clausura rappresenta una situazione limite di riduzione di suono, da intendersi sia come suono-parola sia come suono-rumore = ambiente ovattato in cui il silenzioLa vita quotidiana all'interno del monastero è scandita da una alternanza ordinata e fissa di silenzi e momenti di preghiera, in cui è permessa solo la parola di devozione; i momenti religioso-devozionali si alternano a momenti lavorativi e ricreativi, strutturati in maniera fissa secondo la liturgia delle ore e soggetti a variazioni solo in occasione di ricorrenze religiose (in cui il tempo dedicato alla preghiera e al silenzio aumenta). I singoli appuntamenti si svolgono in successione continua, senza interruzioni o momenti di pausa = giornata intensa, rigidamente strutturata, senza possibilità di scelta o movimento individuale... vita particolarmente dura, faticosa, stancante anche perché ogni attività viene compiuta con una estrema e continua attenzione per ogni singolo gesto; inoltre è sentito come necessario rispettare i tempi della giornata, considerati ben strutturati e funzionali.

senso di obbligatorietà

Ogni momento della giornata è dedicato ad una attività precisa e ogni attività si svolge in un luogo determinato: il coro è sede delle attività liturgiche comunitarie, cioè delle preghiere (messe, angelus, lodi) e dell’orazione (si tratta di un’ora silenziosa di riflessione spirituale individuale in cui si cerca di instaurare un rapporto diretto e interiore con la divinità mediante un dialogo, una lettura, una immagine etc). I pasti si consumano in comunità in refettorio senza parlare, ascoltando musica sacra e inni devozionali o con una suora che legge ad alta voce testi e giornali di interesse liturgico-religioso. Per il resto, il lavoro si svolge in solitudine e silenzio, ed è finalizzato alla gestione della comunità (pulizie, cucina, lavanderia); ci sono 50 minuti pomeridiani di tempo libero in cella (unico momento dedicato all’attività personale) e solo 75 minuti

totali di libera conversazione, la quale avviene in occasione delle due ricreazioni giornaliere (brevi incontri comunitari e "informali" in cui è consentito lo scambio verbale) NB: tutte le attività (e le azioni) della giornata sono percepite dalle religiose come preghiera, da intendersi in senso ampio come pratica per mezzo della quale il singolo individuo o la collettività si pongono in rapporto con ipotetiche forze extraumane, con finalità di richiesta, glorificazione, ascolto, dialogo... la vita è preghiera. In effetti la specificità della scelta carmelitana è legata a un percorso intimistico-contemplativo individuale finalizzato alla comunicazione e all'unione mistica con la divinità e per il quale la scelta del silenzio è funzionale, anzi essenziale... come se solo attraverso l'inespresso fosse possibile percepire l'inesprimibile = processo omeopatico. La riduzione sonora come parte integrante.

Del percorso che porta alla realizzazione dell'aspirazione mistica, rientra in un insieme più generale di tecniche del corpo e del sentimento, orientate verso la "riduzione" della persona.

"Il rumore è come le porte chiuse. Esso chiude le porte del tuo cuore. Il rumore è come un ostacolo che ti impedisce di sentire. Per questo ti devi mettere in una situazione che sia insieme di silenzio e di apertura del cuore."

"Il silenzio concentra (...) è una parte del nostro cammino verso Dio (...) è indispensabile." Il silenzio è definito una "condizione della segreta unione a Dio" = condizione intesa come qualità, requisito, situazione e presupposto necessari per l'avvicinamento a piani percettivi simbolici, ma anche, più in generale, come stato fisico e psicologico, come status sociale... in altre parole il silenzio da mezzo per il raggiungimento di uno scopo diviene esso stesso.

condizione d'essere, modo di essere: la cornice comunitaria induce ad assumere prevalentemente una posizione di parlante in relazione con un interlocutore assente = dialogo in absentia + comunicazione verticale e interiore

Il livello comunicativo di base, essenziale per la vita quotidiana comunitaria, passa per il corpo, specie attraverso lo sguardo e il viso, è un linguaggio dei gesti, visivo, specializzato, controllato; in effetti all'interno di un quadro di controllo e di limitazione del movimento quale è quello della clausura, i minimi segnali corporei hanno una visibilità e una capacità di significazione potenziate ma per vederli e apprenderli è necessario un lungo percorso di acculturazione

Controllo del silenzio = padronanza di sé e sottomissione = affermazione di sé attraverso il vuoto sonoro e non la parola = processo di antropopiesi ma anche azione condivisa, fondata su convenzioni, ergo coesiva e funzionale

Percorsi del gesto:

Il silenzio è un linguaggio, inteso come azione descrittiva e performativa, che costruisce la realtà circostante e i soggetti stessi e le loro relazioni; in questo senso il silenzio, voluto e cercato, è partecipato e partecipativo, cioè vissuto, condiviso, "abitato"... il silenzio è un luogo da riempire, un mezzo da utilizzare, una attività da orientare verso la divinità, che è presenza (fisica, intima, amata) e che è il fine della pratica religiosa.

Il silenzio della clausura è totale e prevede la sua realizzazione su piani diversi, non solo verbali ma anche fisici, cioè mediante un controllo non solo della propria voce ma anche del proprio corpo = ricerca di atteggiamento adeguato, rispettoso, sobrio, calmo. E ciò significa non solo, in senso passivo, astensione da certi movimenti e posture, ma anche, in senso attivo, capacità di metterli in atto, quando necessario, in modo lento, silenzioso.

spesso ripetitivo e continuato, riducendo i gesti al minimo indispensabile e depotenziandoli... per farlo ci vuole una certa abilità e una certa esperienza, è necessario acquisire precise tecniche, allenarsi, farci l'abitudine; ma soprattutto ci vuole volontà e controllo. Il ritmo giornaliero è dato dal ri
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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eioads di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Introduzione allo studio delle religioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Sbardella Francesca.
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