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Inoltre, mediante il verbo echo “avere” + antichi infiniti ci sarà la formazion del perfetto e
piuccheperfetto.
Gr. Echo eipein > ngr. Echo pi “ho detto”
Il lessico
Accanto al grande serbatoio lessicale rappresentato dal lessico di tradizione greco-classica e dai
significativi elementi latino-romanzi (anche di derivazione balcanica), il neogreco documenta
numerosi prestiti tratti dalle varie tradizioni linguistiche con cui la grecità bizantino-medievale e
moderna entrò via via in contatto: rilevanti sono i prestiti italiano veneziani (suffisso derivazionale
veneziano -ada, ricorre ampiamente nella formazione dei femminili: liakada “sole cocente”),
francesi (radevù “appuntamento” < fr. Rendez-vous), e più recentemente inglesi e angloamericani
(film, bar). Storicamente ebbero sull’ambiente grecofono un forte influsso la cultura e le istituzioni
turco-ottomane a partire dal XV secolo fino a inizio XX, il neogreco documenta, soprattutto a
livello della lingua parlata, un numero rilevante di termini turchi, attinenti a vari ambiti semantici
dalla vita quotidiana alla sfera sociale. (sokaki “vicolo” < trc. Sokak)
L’Albanese
L’albanese è articolato al proprio interno da due principali aree dialettali (area del dialetto tosco,
proprio dell’Albania meridionale vs. l’area del dialetto ghego, diffuso nell’Albania settentrionale e
nel Kosovo) è la lingua indoeuropea più tardivamente attestata: i primi documenti dell’albanese
risalgono infatti solo alla metà del secolo XVI (il Missale di Giovanni Buzuku, primo libro albanese,
fu pubblicato nel 1555). Tale suddivisione dialettale coincide con la diffusione, nell’Albania
meridionale, della tradizione religiosa ortodossa, contrapposta, nell’Albania settentrionale, alla
diffusione della tradizione cattolica. Su entrambe le aree si sovrappose nel XV tramite i
conquistatori turchi la presenza dell’Islam. L’Albanese è caratterizzato da un originale e forte
nucleo lessicale di origine indoeuropea cui si sovrapposero, elementi di tradizione balcanica, greca,
latina, romanzo-balcanica, slavo-meridionale, italo-romanza e infine, turcica. La varietà standard si
fonda sulla lingua letteraria basata sul dialetto tosco.
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Tratti fonologici
Il vocalismo albanese condivide, con il bulgaro e il romeno, in posizione atona una vocale /ə/
centralizzata originata da alcune lingue del sostrato balcanico. Lat. Camisia > alb. këmishë
Tratti morfosintattici
Sul piano morfosintattico, sono propri dell’albanese alcuni tratti che ricorrono frequentemente
anche in altre lingue dell’area balcanica e che fanno dell’albanese un sistema tipicamente
balcanico. Abbiamo la neutralizzazione tra genitivo e dativo (ricorrente in neogreco, romeno,
bulgaro e macedone), la posposizione dell’articolo determinativo (ricorrente in romeno, bulgaro e
macedone), la riduzione dell’infinito (ricorrente in neogreco, romeno, bulgaro e macedone), la
formazione del futuro analitico (fenomeno proprio anche del neogreco, romeno e di buona parte
delle lingue slave meridionali), la numerazione locativale per i numeri cardinali da 11 a 19
(presente anche in romeno, bulgaro, macedone, serbo-croato). Fenomeni del tutto peculiari
dell’albanese sono, la presenza nel sistema verbale del mondo ammirativo (formato mediante
l’agglutinamento dei due elementi del perfetto analitico posposto: alb. Pika “toh beve davvero” <
pi “beve” + ka < kam “avere”), la creazione di pronomi possessivi di prima e di seconda persona
agglutinati. (i-m, im-e “mio”, “mia”, y-t, jot-e “tuo”, “tua”
Elementi lessicali
La complessa storia linguistica dell’area albanese vuole che accanto ad un antico strato (forse
preindoeuropeo) definito come “balcanico”, comune anche in romeno, si ha un consistente strato
indoeuropeo. È notevole poi la presenza di elementi di tradizione greco-bizantina, medievale e
neogreca(killogjer “monaco”), di elementi latini e romanzi (emte “zia” < lat. Amita), veneziani (fe
“fede” < fe veneto), bulgaro macedone (zakon “abitudine” < zakon “legge”)e turchi (kazan
“caldaia” < kazan).
L’armeno
La posizione dell’armeno nel quadro storico-linguistico indoeuropeo appare caratterizzata da
alcune questioni in parte risolte e da altre che rimangono aperte. La protostoria linguistica
dell’armeno risulta difficile da ricostruire: probabilmente l’armeno continua, come lingua isolata,
un ambito linguistico cui apparteneva anche il (tracio-)frigio, lingua di cui sappiamo poco e che,
distribuita tra Balcani e Anatolia, avrebbe contribuito, come lingua di sostrato, a determinare una
serie di tratti che legano l’armeno alle lingue della penisola balcanica. È evidente il carattere satem
dell’armeno dove le consonanti palatali indoeuropee continuano generalmente come spiranti.
Arm. Tasn “dieci” (< i.e. *dek-m̥ ) corrisponde perfettamente agli esiti paralleli di skr. dasʼa, psl
dese̜ nti e si oppone a gr. Déka, lat. Decem, got. Taìhun.
Rimane aperta, ed è molto importante per definire la posizione dell’armeno tra le lingue
indoeuropee, la questione del trattamento delle tre serie di consonanti occlusive (sorde, sonore,
sonore aspirate) tradizionalmente ricostruire per il protoindoeuropeo: ciò che è certo è che
l’armeno presenta un quadro che ricorda quello delle lingue germaniche, dove le tre serie
consonantiche in questione hanno subito il processo della rotazione consonantica.
Le occlusive sorde i.e. > sorde spiranti (i.e. */p, t, k/ > germ. /f, ɸ, h/)
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Le occlusive sonore > sorde (i.e.*/b,d,g/ > germ. /p, t, k/)
Le occlusive sonore aspirate > sonore (i.e. */bʰ, dʰ, gʰ/ > germ. /b,d,g/)
Tale evoluzione rappresenterebbe una decisiva innovazione rispetto a ciò che appare
documentato in altre lingue indoeuropee.
Tuttavia, 3 studiosi autorevoli Hopper, Gramkrelidze, Ivanov, per via indipendente e basandosi
sulla “teoria glottidale”, hanno sostenuto che tanto il consonantismo armeno quanto quello
germanico non rappresenterebbero un evoluzione del consonantismo protoindoeuropeo,
tendenzialmente ricostruito, ma piuttosto ne testimonierebbero la fase più antica. Tale teoria
sarebbe confortata dal fatto che le serie tradizionali delle tre occlusive indoeuropee non sono
preservate in nessuna delle lingue storiche e sarebbe più in sintonia con la questione della patria
delle genti indoeuropee, la cui irradiazione sarebbe avvenuta a partire dalle aree anatolica
orientale-caucasica in una fase temporale anteriore all’età dei metalli – precedente all’età del
rame (6000 a.C.) e del bronzo (3000 a.C.) – e coinciderebbe con i grandi flussi migratori di genti
indoeuropee portatrici della cultura dei kurgan (Gimbutas, 1980).
Il protoindoeuropeo si sarebbe espanso quindi da aree coincidenti in buona misura con lo spazio
linguistico armeno: dalle aree anatolica orientale-caucasica e pontico-caspica/sarmatica si
sarebbero poi differenziate, indipendentemente, le componenti che avrebbero formato i quadri
linguistici delle lingue anatoliche, dei dialetti greci e delle lingue indo-iraniche.
Tratti fonologici
L’armeno presenta un quadro fonologico particolare, caratterizzato nel consonantismo da
fenomeni conservativi e con elementi che rinviano a contatti con le lingue caucasiche. Il sistema
fonologico armeno è caratterizzato da un forte accento espiatorio che ha determinato la
scomparsa della vocale o del dittongo presenti nell’originaria ultima sillaba, arm. mard "uomo" <
i.e. *mr̥toʼs (cfr, skr. mr̥taʼs, gr. brotoʼs); inoltre, rispetto al vocalismo protoindoeuropeo che
conosceva opposizioni vocaliche secondo la quantità, l’armeno ha perso tale opposizione e ha
sviluppato la chiusura di */e/ > /i/ e di */o/ > /u/ davanti a vocale nasale: così arm. Cin “nascita” <
i.e. gʼen-os (cfr, skr jaʼnah, gr. geʼnos, lat genus "genere").
Vi è un tratto che lega l’armeno e il greco relativamente alla resa delle laringali proto-indoeuropee
mediante vocali protetiche: così gr. aneʼr, arm ayr “uomo” < I.E. *h nēr (arm. Ayr attraverso *anir
> *aynir > *ayyr);
vocale protetica: vocale non etimologica che inserita all’inizio della parola funge da protesi
I dittonghi di origine indoeuropea in parte si monottongano: ad esempio */oj/ > /ē/, arm dēz
“mucchio” < i.e. * dheigʼh-/dhoigʼh- "impastare la terra, modellare > costruire (un muro)
Tratti morfosintattici
Il nome armeno non conosce distinzione di genere grammaticale, distingue singolare da plurale
ma ha perso l’antico duale. Conosce l’articolo determinativo posposto, come avviene in alcune
lingue balcaniche (albanese, romeno, bulgaro): questo tratto è un probabile esito di un comune
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sostrato attribuibile alla componente (tracio-)frigia, distribuita dall’area balcanica a quella
anatolica orientale.
Così: arm. Tun “casa” e tun-y “la casa”, tn-er “case” e tn-er-y “le case”
In armeno l’aggettivo è invariabile: lav hayr “buon padre” e lav hayr er “buoni padri”
Nel sistema flessivo, degli 8 casi del protoindoeuropeo, l’armeno ne continua di fatto solo quattro,
con un meccanismo diverso per quanto riguarda il singolare e il plurale e per parziale coalescenza
(contrazione) di genitivo e dativo, ma anche di accusativo, locativo e ablativo.
- Al singolare il sincretismo riguarda nominativo e accusativo, genitivo, dativo e locativo:
Arm. -bay- “parola”
nom- acc : bay
gen-dat-loc : bay-i
abl : bay-ē
strum : bay-iw
- Al plurale forme sincretiche sono genitivo, dativo e ablativo e poi accusativo e locativo:
Arm. -Bayk’- “parole”
Nom : bay-k’
Gen-dat-abl : bay-ic’
Acc-loc : bay-s
Strum : bay-iwk
Il verbo armeno distingue fra il tema del presente, con valore aspettuale di imperfettività, e il
tema dell'aoristo, con valore aspettuale di perfettività. Notevole è il permanere di antichi aoristi,
sia tematici che atematici.
Il perfetto indoeuropeo continua solo in forme cristallizzate con valore di presente: arm. Gitem “io
so” < i.e. (w)oid-, cfr. skr. Véda, gr. Oĩda, lat. vīdī
è scomparso l'antico ottativo, le cui forme sono confluite nel congiuntivo.
Dal punto di vista sintattico la posizione delle parole in armeno è libera, poiché le funzioni
sintattiche sono indicate dagli elementi flessivi presenti nell'enunciato. Tuttavia, l’ordine non
marcato è SVO, &eg