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(IX).
Per quanto riguarda le lingue germaniche l’affermazione dell’articolo può
essere fissata intorno al X secolo; per l’inglese può essere collocato nella
fase di passaggio tra antico e medio inglese: i deittici sono utilizzati come
articoli definiti, in seguito si regolarizza l’uso dell’indeclinabile the.
Lo studioso Greenberg evidenzia come la grammaticalizzazione della
categoria “articolo definito” si svolga secondo la medesima serie di fasi che
lui ha battezzato <<the cycle of definite article>> e che si esemplifica in 3
stadi.
1) Trasformazione dimostrativo > articolo definito
In questa fase il dimostrativo perde il valore deittico sviluppando dapprima il
valore anaforico e poi diventando l’unica marca obbligatoria per esprimere la
definitezza.
Lo sviluppo dell’articolo ha spesso lo stesso punto di partenza e di arrivo,
ma può essere innescato, nelle varie lingue, da impulsi differenti. Per
esempio, la relazione presente nelle lingue romanze e germaniche tra
l’indebolimento del sistema di casi e la comparsa dell’articolo, non sussiste
in greco antico in cui l’articolo conviveva con un ricco sistema di casi.
2) Articolo non generico
In questa fase l’articolo è già affermato e alterna il valore definito al valore
non definito specifico. In sostanza la valenza anaforica va indebolendosi.
3) Marche nominali
L’articolo ormai accompagna il nome in tutte le sue occorrenze e quindi non
è più in grado di esprimere la definitezza o la specificità.
Dall’evoluzione storica delle principali lingue europee emerge un altro
fenomeno: la scomparsa o semplificazione drastica della declinazione
nominale.
Infatti quasi tutte le lingue hanno un numero ridotto di casi (rispetto agli 8/9
indoeuropei) o addirittura hanno eliminato completamente il sistema casuale.
Le lingue slave presentano invece un sistema flessivo piuttosto vitale a sei
terminazioni.
In area romanza la riduzione e la successiva perdita delle declinazioni è
dovuta a diversi fattori:
- la quarta e la quinta declinazione erano improduttive già dall’età classica e
le parole appartenenti a queste passarono alla seconda e alla prima
declinazione.
- Il neutro risulta scomodo rispetto all’opposizione maschile/femminile e
viene eliminato.
- Le consonanti finali tendevano a cadere nel passaggio dal latino alle lingue
romanze e questo provocò una opacizzazione delle terminazioni di caso.
- In latino la quantità vocalica era un tratto pertinente a livello fonologico,
mentre nelle lingue romanze la distinzione di quantità venne sostituita da
quella di qualità, basata sul grado di apertura.
La scomparsa delle desinenze rese necessaria una nuova strategia
linguistica che ne ereditasse la funzione di veicolare le relazioni sintattiche: la
scelta cadde sull’ordine dei costituenti.
Problemi di tipologia linguistica
Le lingue possono essere classificate oltre che facendo riferimento ai legami
di parentela con altre lingue, anche in base alle affinità sistematiche sul piano
strutturale. Questa classificazione si basa dunque su dei “tipi linguistici”
ovvero una serie di proprietà correlate gerarchicamente che caratterizzano le
lingue sul piano sincronico.
Greenberg ha assunto come parametro d’indagine la collocazione, nella
frase dichiarativa assertiva, di tre costituenti: il soggetto (S), l’oggetto diretto
(O) e il verbo (V).
Le combinazioni possibili sono sei: SOV, SVO, VSO, OSV, OVS, VOS.
Nelle lingue europee sono riscontrabili solo i primi 3 tipi, cioè quelli in cui il
soggetto precede l’oggetto; invece il tipo OSV non è attestato in alcuna
lingua.
Considerando che il soggetto - nei tipi presenti in Europa - precede sempre
l’oggetto si potrebbe effettuare un’analisi omettendolo ed esaminando i due
costituenti restanti OV - VO.
Il tipo VO -considerato come sintagma verbale- costruisce secondo lo
schema “testa -complemento”; mentre il tipo OV, al contrario, costruisce
2
secondo “complemento-testa”.
Considerando invece il sintagma adposizionale vediamo che i tipi VO
presentano le preposizioni, mentre i tipi OV hanno le posposizioni.
Infine, considerando il sintagma nominale ( Nome-Genitivo e Nome-
Aggettivo) i tipi VO, costruendo secondo lo schema “testa-complemento”,
avranno NG e NA in quanto il nome è la testa del sintagma nominale; mentre
i tipi OV avranno GN e AN.
Tuttavia non esistono dei tipi puri che seguano senza eccezione alcuna tutte
queste regole, ma le lingue vengono assegnate ad un tipo linguistico in base
alle loro tendenze principali.
Sintagma verbale Sintagma adposizionale Sintagma nominale
1) VO Prep NG,NA
2) OV Posp GN,AN(/NA)
I tipi morfologici
Un’approccio alternativo alla tipologia sintattica -cioè riguardante l’ordine dei
costituenti- è la tipologia morfologica che riguarda la struttura interna delle
parole. Essa individua 4 tipi diversi ma non tutti sono attestati in Europa.
Lingue isolanti.
1) Si è soliti dire che questo tipo linguistico non ha
morfologia perché le parole tendono ad essere tutte monomorfemiche e
invariabili e ciascuna di loro veicola un solo significato, sia esso lessicale
o grammaticale. Un aspetto fondamentale risiede dunque in questa
corrispondenza biunivoca tra morfema/parole e funzione semantica. Un
esempio di lingua isolante è il vietnamita.
Lingue agglutinanti.
2) In questo tipo linguistico le parole constano un
numero più elevato di morfemi ma viene accuratamente mantenuto un
la testa è l’elemento fondamentale senza il quale il sintagma non esisterebbe.
2 rapporto biunivoco tra morfema e funzione. In Europa sono per la
maggior parte di tipo agglutinante le lingue non indoeuropee: le lingue
turche, il basco, il calmucco, l’ungherese.
Lingue flessive-fusive.
3) La situazione inizia a complicarsi poiché il
rapporto 1:1 tra morfema e funzione viene meno a seguito della “fusione”
di più categorie semantico-funzionali in un unico morfema. In Europa
appartengono a questo tipo le lingue indoeuropee e il finnico, l’estone e il
maltese. Può essere ascritto a questo tipo anche l’arabo che non
prevede una morfologia concatenativa ma una collocazione “a pettine”
dei costituenti. L’arabo infatti costruisce intrecciando ad una radice
triconsonantica particolari sequenze vocaliche che ne determinano la
funzione; questo tipo è detto introflessivo.
Lingue polisintetiche.
4) Esse concentrano all’interno della stessa unità un
numero elevatissimo di morfemi lessicali o grammaticali, giungendo a
condensare in una sola parola informazioni che in italiano
richiederebbero un’intera frase. Un esempio è l’eschimese.
Affermare che una lingua appartiene ad un tipo morfologico non esclude che
essa possa presentare delle caratteristiche, strutture o strategie che
rimandino ad un altro tipo.
L’esempio dell’inglese è illuminante.
Da una prima analisi potremmo dire che l’inglese si avvicina al tipo isolante
visto che molte parole sono monomorfemiche e invariabili. Tuttavia i
comparativi - taller - presentano una conformazione agglutinante poiché
formati da due morfemi di cui uno lessicale - tall - e uno grammaticale - er -.
Appartengono invece al tipo flessivo-fusivo i pronomi di terza persona
singolare che esprimono in un solo morfema 3 tratti - terza persona +
singolare + maschile/femminile/neutro -. Le forme che presentano alternanza
vocalica (sing/sang/sung) possono essere accostate al tipo introflessivo.
Dunque possiamo intuire che non è compito facile catalogare l’inglese
all’interno di un solo tipo morfologico.
L’armonia vocalica -> è un fenomeno soprasegmentale che consiste in un
processo di assimilazione a seguito del quale i tratti della vocale di una
sillaba iniziale si estendono alle vocali delle sillabe successive. È assente
nella famiglia indoeuropea ma caratterizza le lingue turche, uraliche e
mongole.
Linguistica areale
Consiste nell’analisi delle somiglianze tra le lingue parlate in una stessa area
geografica, che si suppone siano dovute alla loro vicinanza e al reciproco
contatto.
Le premesse necessarie per identificare un’area linguistica sono almeno tre:
presenza di più lingue non immediatamente imparentate, la loro collocazione
in zone contigue, la condivisione di alcuni tratti linguistici significativi. È
tuttavia indispensabile, oltre a queste premesse, aggiungere una condizione
di plausibilità storico-sociale dell’ipotetico carattere areale dei fenomeni
linguistici in esame. Infatti non si può prevedere la formazione di un’area
linguistica contro l’evidenza della storia.
L’Europa costituisce un candidato plausibile alla posizione di area linguistica.
Area balcanica: è il territorio europeo in cui si concentra il maggior numero di
lingue che appartengono a gruppi linguistici diversi; appare suddivisa in due
sub-aree influenzate l’una dall’influsso greco-bizantino, l’altra da quello
latino-romano e romano-germanico.
I tratti principali che sottolineano il contatto interlinguistico sono:
- la presenza, sul piano fonologico, di un sistema vocalico comune basato
su 5 fonemi con sola eccezione di bulgaro, macedone, albanese e
romeno.
- Nella morfologia: la coincidenza tra genitivo e dativo; la formazione di un
futuro analitico; la formazione di comparativo e superlativo analitici; un
particolare tipo di numerazione.
- Sul piano sintattico: perdita dell’infinito sostituito da strutture con valore
finale o dichiarativo; posposizione dell’articolo.
Area di Carlo Magno: a livello lessicale sono riscontrabili due tendenze
differenti, una consiste nella presenza di un comune lessico colto di matrice
greco-latina; l’altra nella presenza di comuni strategie di formazione di parole
complesse. Sul piano sintattico si osserva che l’ordine dei costituenti della
frase dichiarativa assertiva è piuttosto rigido e impostato sulla sequenza
SVO. Il russo concede ai costituenti massima libertà; mentre l’italiano
presenta spesso strutture marcate.
Carattere non pro-drop -> le lingue pro-drop dette anche “a soggetto nullo”
concedono l’omissione del soggetto senza pregiudicare la comprensibilità
della frase. L’italiano è una lingua pro-drop, mentre l’inglese e il francese non
lo sono.
Nella maggior parte delle lingue europee, il verbo nelle sue forme finite
concorda con il soggetto (eccezione per l’inglese).
Per quanto concerne la natura dei sistemi di caso prevalen