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COS’È IL RESTAURO? – NOVE STUDIOSI A CONFORNTO
G. Carbonara, A. Bellini, S. Casiello, R. Cecchi, M. Dezzi Bardeschi, P. Fancelli, P. Marconi,
G. Spagnesi Cimbolli, B. P. Torsello
COS’È IL RESTAURO? – B. Paolo Torsello
La storia del restauro nasce in tempi abbastanza recenti (anni ’60 del ‘900) in Italia, come erede
effettivo delle teorie di restauro e conservazione formulate alla fine dell’800. Nel corso della storia
dell’architettura gli unici studiosi ad aver dato una di “restauro”, intendendo la parola sia
definizione
come azione del restaura sia come disciplina del restauro, sono stati Viollet-le-Duc e Brandi con
accezione positiva e Ruskin in maniera negativa (teoria del restauro romantico). La riflessione
teorica si circoscrive all’Italia, mentre nel resto del mondo si predilige un approccio maggiormente
operativo (la domanda più frequente ovunque è il si restaura piuttosto che il
come perché).
È a partire dagli anni ’60 che in Italia vengono promulgate le prime leggi riguardo la tutela dei beni
storici, ed è in questo periodo che il dibattito si affolla di voci provenienti da campi diversi e in
continuo conflitto fra loro (pluralità di posizioni e fini), che talvolta provengono da campi molto lontani
da quello dell’architettura. Il dibattito non si evolve a causa di una trama d’interessi professionali,
politici, sociali ed economici. Vengono poste domande pressanti sul ruolo della storia, che nella
seconda metà del ‘900 è diventata un puro oggetto di consumo.
I MILITANTI (DEFINIZIONI DI “RESATURO”)
Amedeo Bellini: Il “restauro” è l’esecuzione d’un progetto di architettura che si applica a una
preesistenza, compie su di essa tutte le operazioni tecniche idonee a conservarne la consistenza
materiale, a ridurre i fattori intrinseci ed estrinseci di degrado, per consegnarla alla fruizione come
strumento di soddisfazione dei bisogni, con le alterazioni strettamente indispensabili, utilizzando
studio preventivo e progetto come strumenti d’incremento della conoscenza.
Importanza del concetto di “storia”, che deve guidare l’azione del restauro in modo rispettoso.
Giovanni Carbonara: S’intende per “restauro” qualsiasi intervento vòlto a conservare e a
trasmettere al futuro, facilitandone la lettura senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le
opere d’interesse storico, artistico e ambientale; esso si fonda sul rispetto della sostanza antica e
delle documentazioni autentiche costituite da tali opere, proponendosi, inoltre, come atto
d’interpretazione critica non verbale ma espressa nel concreto operare. Più precisamente, come
ipotesi critica e proposizione sempre modificabile, senza che per essa si alteri irreversibilmente
l’originale.
Differenza tra “restauro” (intervento diretto sull’opera anche come sua eventuale modifica) e
“conservazione” (prevenzione e salvaguardia al fine di evitare che si debba poi intervenire col
restauro).
Stella Casiello: Con il termine definiamo il complesso degli interventi tecnico-scientifici volti a
conservare le testimonianze materiali del passato e a garantire la continuità temporale, avendo
riconosciuto tali testimonianze come portatrici di valori da trasmettere al futuro.
Conoscenza dell’opera architettonica; stratificazione come tracce e cause del restauro nella storia
dell’edificio; la conservazione è causa e obiettivo della restaurazione.
Roberto Cecchi: Restauro è un’azione complessa che ha come esito l’eventualità di incidere su un
bene. Tale azione dev’essere compatibile con la natura di quel bene e garantirne quanto è più
possibile l’integrità materica, al fine di consentire la valorizzazione dei suoi contenuti culturali.
Restauro come azione necessaria e inevitabile, si tratta sempre di una modificazione più o meno
pesante del bene; modifica intenzionale; il soggetto del restauro deve essere sempre la materia
(guidato dal contesto).
Marco Dezzi Bardeschi: Diremo di restauro ogni intervento che si proponga l’obiettivo della
permanenza nel tempo, per quanto relativa, della consistenza fisica del Bene materiale ricevuto in
eredità dalla storia, del quale si possa garantire la conservazione di ogni sua dotazione e
componente in uso attivo (meglio quest’ultimo se ancora originario o almeno comunque d’alta
compatibilità e minimo consumo), da perseguire attraverso opportuni e calcolati nuovi apporti di
progetto (funzionali, impiantistico-tecnologici, di arredo), in vista della sua integrale trasmissione in
efficienza al futuro.
Restauro = progetto di conservazione dell’esistente (come valore complessivo) + progetto del nuovo
(come valore aggiunto).
Bene culturale come oggetto della storia, il restauro è necessario per poter continuare a tramandare
il Bene che noi abbiamo ereditato da una cultura precedente (accompagnare il Bene verso il futuro);
“conservare, non sottrarre” e “valorizzare, non aggiungere”.
Paolo Fancelli: Restauro vuol dire tramandare al futuro ciò che, in positivo o in negativo – nei suoi
valori e disvalori –, si ritiene comunque significante del passato. Nel contempo, un tale intervento
rappresenta un momento metodologico del potenziale, vivido riconoscimento, in medias rem,
dell’oggetto-contesto storico ed eventualmente estetico.
È compito del restauratore decidere cosa mantenere del passato e quali aggiunte sono significative;
contesto è molto importante; restauro come manifestazione del nostro tempo; restauro preventivo
come manutenzione costante, ai fini di prevenire opere di restauro più massicce.
Paolo Marconi: Restaurare vuol dire operare su un’architettura o un contesto urbano al fine di
conservarli a lungo, quando fossero degni di essere apprezzati e goduti dai nostri discendenti.
L’operatore deve far sì che l’oggetto del suo operare sia tramandato nelle migliori condizioni, anche
ai fini della trasmissione dei significati che l’oggetto possiede.
Il restauro deve essere mirato a ristabilire il progetto e il significato inziale che il suo originario
architetto voleva attribuirgli, portandolo ad una condizione ideale (definizione fortemente legata a
quella di Viollet-le-Duc); non si devono introdurre innovazioni linguistiche di evidente modernità, ma
mimetizzarle con l’antico.
Gianfranco Spagnesi Cimbolli: Il restauro dello spazio fisico costruito consiste nella definizione di
una nuova fase del suo processo di trasformazione, conosciuto attraverso la “storia”: un insieme di
operazioni che sono condizionate dalla conservazione dell’autenticità documentaria di ogni singola
fase riconosciuta del processo, sino a quella propria dell’attuale contemporaneità, in ragione della
loro trasmissione al futuro.
Concetto di “storia” come successione di fasi e stratificazione di diversi stili caratteristici di ciascuna
epoca, nel restauro di un edificio devono sempre essere visibili e riconoscibili tutte le fasi storiche,
non si deve rispettare solo la fase originale ma tutte le stratificazioni.
B. Paolo Torsello: Il restauro è il sistema dei saperi e delle tecniche che ha per fine la tutela delle
possibilità d’interpretare l’opera in quanto fonte di cultura, in modo che sia conservata e attualizzata
come origine permanente d’interrogazione e di trasformazione dei linguaggi che da essa
apprendiamo.
Corollario metodologico:
1. Prolungare la vita dell’opera mantenendola sempre sana e in sicurezza, in modo da non
essere in conflitto col secondo criterio
2. Assicurare la permanenza dei segni indipendentemente da ogni giudizio o preferenza storica
e culturale, così che non sia in conflitto con il primo e terzo criterio
3. Assicurare l’utilizzabilità della fabbrica con proprietà connesse all’abitare, in maniera da non
entrare in conflitto con il primo e il secondo criterio
I MAESTRI (TEORIE DEL RESTAURO DELLA PRIMA METÀ DEL ‘900)
Paul Philippot (1925): Secondo lo storico dell’arte Paul Philippot il restauro differisce dalla semplice
manutenzione poiché viene applicato ad un’opera d’arte, è dunque necessaria un’interpretazione
critica volta a ristabilire la continuità formale dell’opera presa in esame, senza però utilizzare n
approccio vòlto al ripristino ma piuttosto un intervento rispettoso in cui siano ben distinte le
operazioni dell’attualità. Non si può scindere la pure decisione intellettuale dall’esecuzione tecnica
ed è per questo che storici dell’arte, restauratori e ricercatori di laboratorio devono collaborare in
maniera interdisciplinare. Una concezione del restauro associata al ripristino causerebbe la
distruzione dell’intero tessuto urbano come lo vediamo noi oggi poiché esso stesso è frutto della
storia; si avrebbero situazioni stilistiche e cromatiche che mai hanno coesistito nella storia.
Renato Bonelli (1911-2004): Rientra nel gruppo dei “teorici del restauro critico” che opera
principalmente per sottrarre il restauro alle permanenti idee del vecchio positivismo. Il primo compito
del restauratore deve essere quello di individuare il valore monumentale di un’opera e la sua qualità
artistica per poi operare in maniera da reintegrare e conservare il suo valore espressivo. Suddivide
il restauro in atto critico, ovvero analisi della storia dell’opera e della sua fase storica, e atto creativo,
che ha come premesse il primo punto e deve esser vòlto all’integrazione delle parti mancanti. Su
scala urbana, il centro storico è testimonianza della vita tradotta in forma; in questo caso l’approccio
non deve essere così diretto ma più conservativo.
Guglielmo De Angelis d’Ossat (1907-1992): Aderisce alla “Scuola Romana” che adotta il metodo
del restauro scientifico, ovvero crede che si debbano evidenziare e valorizzare tutte le fasi storiche
che si sovrappongono in un edificio, anche se inevitabilmente spesso le più antiche prevalgono sulle
altre. È bene che il restauro lasciasse all’osservatore la possibilità di interpretare l’opera restaurata
a proprio piacimento. Le intenzioni di imitazioni stilistiche vòlte a scimmiottare il passato sono
considerate più “offensive” che un omaggio all’opera architettonica, quindi è giusto distinguere il
passato (in tutte le sue fasi) dal presente e dalla modernità.
Cesare Brandi (1906-1988): L’opera d’arte è tale perché è in grado di generare delle emozioni e la
nostra coscienza riesce a come Quando ci si trova davanti ad un manufatto
riconoscerla forma.
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