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Il nome marca la categoria del numero (singolare/plurale) e del genere (maschile/femminile). Il

maschile è il genere non marcato, in cui normalmente si inseriscono le nuove parole che entrano

nel lessico e che non sono formate con suffissi. La terminazione in -a favorisce la scelta per il

femminile. Il numero diventa da singolare a plurale con la sostituzione della desinenza del

singolare con un’altra, che marca appunto il plurale. In italiano si possono individuare 6 classi

diverse di nomi:

Classe Forma (Sing./Pl.) Esempio Genere Eccezioni

1 -o/-i campo/campi m mano/mani f

2 -a/-e casa/case f

fiore/fiori,

3 -e/-i notte/notti, m/f carcere m/carceri f

cantante/cantanti

4 -a/-i papa/papi m arma/armi f, ala/ali f

5 -o/-a dito/dita sing. m, pl. f

re, città, virtù,

specie, crisi, caffè,

6 varie; invariabile m/f

piuma, biro, film,

autobus

Di queste 6 classi:

- la 1 è produttiva e ci vengono generalmente inseriti i nomi maschili uscenti in -o (gazebo/-i);

- la 2 è produttiva e comprende tutti i nuovi femminili in -a (lambada/-e);

- la 3 è tenuta in vita soprattutto dall’inserimento di parole nuove terminanti con i suffissi -tore, -

trice, -zione e dai participi presenti verbali sostantivati (come cantante);

- la 4 è tenuta in vita dalle nuove parole di genere maschile uscenti in -ista e dai grecismi in -ma

(teorema, linfoma, enzima, comma);

- la 5 non è più produttiva;

- la 6 è produttiva, in particolare grazie al mancato adattamento all’italiano dei nomi stranieri che

entrano nel nostro lessico.

Negli esseri animati si ha per lo più la corrispondenza tra genere grammaticale e sesso (il padre, la

madre). Non mancano le eccezioni, come la sentinella, la guardia, la guida (prevalentemente

uomini). Il mutamento del genere grammaticale in rapporto al sesso è detto mozione. 9

Gli aggettivi sono flessi secondo le categorie del genere e del numero, che vengono espresse

contemporaneamente da un unico morfema vocalico nella prima classe (buono/buona/buoni/

buone), mentre la seconda classe ha due sole forme flesse, singolare e plurale (grande/grandi). La

classe degli aggettivi invariabili si è progressivamente arricchita nel tempo (rosa, viola, cantanti

rock, film western).

L’articolo determinativo e indeterminativo individua i nomi che procedono come determinati/

indeterminati (c’à differenza tra la penna che sto indicando e una penna qualsiasi). L’articolo

determinativo ha spesso una funziona analogica di ripresa (un’automobile ha tamponato un

pullman e mentre il pullman non ha subito danni, l’auto si è distrutta) o cataforica di anticipazione

(la signora che parla è la madre di Giuseppe). Dell’articolo indeterminativo l’italiano ha solo il

singolare, mentre al plurale si usano gli indefiniti alcuni/-e, certi/-e, dei-degli/delle.

L’italiano è una lingua PRO-drop, cioè che consente la caduta del pronome, infatti basta dire vado

a casa invece che io vado a casa. I pronomi personali singolari mantengono l’opposizione latina tra

una forma per il soggetto (io, tu, egli/ella) e una per l’oggetto (me, te, lui/lei). Al plurale,

l’opposizione è neutralizzata dalle prime due persone (noi, voi), mentre per la terza abbiamo per il

soggetto essi/esse e per l’oggetto loro. Esso ed essa sono due forme ormai in disuso. I pronomi

personali tu, lei, ella, voi e loro svolgono anche la funzione di allocutivi. Nei rapporti paritari o

confidenziali, si usa tu al singolare e voi al plurale, nei rapporti gerarchici o con persone di cui non

si è in confidenza, si usa lei, ella o il tradizionale voi al singolare e loro al plurale. Oltre alle forme

toniche, esiste una serie di pronomi atoni, detti clitici. Il paradigma dei pronomi atoni è poi

completato da ne, ci e vi. Altre funzioni

Persona, numero Soggetto

e genere Forme toniche Forme atone Altre forme atone

1ª sing. io me mi

2ª sing. tu te ti

egli, lui, esso,

3ª sing. m. lui, esso, sé (rifl.) lo, gli, si (rifl.) ne, ci, vi

si (impers.)

3ª sing. f. ella, lei, essa lei, essa, sé (rifl.) la, le, si (rifl.)

1ª pl. noi noi ci

2ª pl. voi voi vi

3ª pl. m. essi, loro loro, essi, sé (rifl.) li, loro, si (rifl.)

3ª pl. f. esse, loro loro, esse, sé (rifl.) le, loro, si (rifl.)

I clitici nel parlato sono molto più frequenti che nello scritto (mi bevo una birra, ci guardiamo una

partita). Nel palato si tende ad estendere la forma gli anche al femminile (invece di le) e al plurale

(invece di loro). Il pronome ci ha allargato la sua sfera d’uso: sostituisce quasi sempre il vi e svolge

la funzione di “attualizzante” con vari verbi, in particolare con essere e avere (c’è tanto disordine,

ce l’hai l’ombrello?). Come il ci, anche il ne tende ad attribuire valori particolari ai verbi con cui si

accompagna, come convenire, fregarsene (me ne frego)….

Nell’ambito dei numerali, nell’italiano contemporaneo esiste la tendenza ad usare i cardinali al

posto degli ordinali, con la conseguente perdita dell’accordo di genere e numero (Lo Squalo 2,

Tg1, Canale 5). I pronomi dimostrativi (questo, codesto, quello), sia nel parlato che nello scritto,

tendono a perdere il proprio valore. Così, nel parlato il valore dei dimostrativi è spesso ribadito

dalla presenza di un avverbio (questo qui/qua, quello lì, quello là). Tra i relativi, il che per il

soggetto e il complemento oggetto e il cui per gli altri complementi possono essere sostituiti da il/la

quale, i/le quali.

Il verbo è la parte del discorso che fornisce il maggior numero di informazioni del punto di vista

morfologico. Nei tempi principali della forma attiva le informazioni vengono date con suffissi legati

10

al tema verbale, mentre nei tempi composti della forma attiva e passiva informazioni vengono date

con i verbi ausiliari (essere e avere) premessi al participio passato. Il participio passato fornisce

l’indicazione del genere (Maria è stata davvero gentile). Nella scelta dell’ausiliare, nei verbi

transitivi si ha normalmente avere all’attivo ed essere al passivo, mentre nei verbi intransitivi si può

avere ora uno, ora l’altro ausiliare. Nelle forme flesse dei paradigmi verbali, i morfemi o desinenze

si aggiungono a volte alla radice, a volte al tema, costituito dalla radice e da una vocale, detta

vocale tematica, che varia a seconda della coniugazione a cui il verbo appartiene:

per la I coniugazione, la vocale tematica è -a;

• per la II coniugazione, la vocale tematica è -e;

• per la III coniugazione, la vocale tematica è -i.

Delle tre coniugazioni, la I, comprendente i verbi che terminano all’infinito in -are, è quella dal

paradigma più regolare. Inoltre è la prima per numerosità ed è molto produttiva. La II coniugazione,

caratterizzata dall’infinito in -ere, comprende solo un certo numero di verbi di derivazione latina, dai

paradigmi quasi sempre irregolari, e non è più produttiva. La III coniugazione, a cui appartengono i

verbi che hanno l’infinito in -ire, comprende una sottoclasse di verbi che presenta la radice

terminante in -isc- nelle tre persone singolari e nella 3ª persona plurale del presente indicativo e

congiuntivo e alla seconda dell’imperativo (come finire: finisco, che finiscano, finisci!). Questa

sottoclasse ha avuto una certa produttività che non si è del tutto esaurita.

La categoria del tempo si riferisce al momento dell’enunciazione, visto come contemporaneo,

anteriore o posteriore all’azione descritta dal verbo, e distingue il presente, il passato e,

dall’indicativo, il futuro, che sono detti tempi deittici. Il presente indica che l’evento è

contemporaneo al momento dell’annunciazione, ma può riferirsi ad un’azione abituale o

atemporale. Inoltre si usa anche con riferimento al passato, come presente storico. Il futuro si

riferisce invece ad un’azione posteriore al momento dell’enunciazione. Nel tempo passato, riferito

ad eventi anteriori al momento dell’enunciazione, si distinguono l’imperfetto (che indica eventi

passati durativi o abituali), il passato prossimo (che indica un evento trascorso definitivamente

concluso) e il passato remoto (composto con un ausiliare, indica un evento che può ancora avere

effetti sul presente). Gli altri tempi, tutti composti con gli ausiliari (il futuro anteriore, il trapassato

prossimo e il trapassato remoto), sono detti tempi anaforici perché esprimono anteriorità o

posteriorità non rispetto al momento dell’enunciazione, ma rispetto ad un altro tempo espresso nel

testo o ricavabile dal contesto.

La categoria del modo esprime certezza o incertezza sulla realizzazione dell’evento. L’indicativo

è il modo della realtà e delle frasi principali. Il congiuntivo esprime dubbio e incertezza ed è il

modo tipico delle frasi dipendenti, completive, interrogative indirette, relative limitate o introdotte da

congiunzioni. Il condizionale esprime una modalità controfattuale o di dubbio. L’imperativo

esprime ordini, esortazioni o preghiere. Tra i modi non finiti, l’infinito e il gerundio si usano nelle

dipendenti implicite e molto spesso in perifrasi verbali. Il participio presente ha ormai valore

pienamente aggettivale o nominale, mentre il participio passato, che è l’unica forma verbale che

marca il genere, si usa in frasi dipendenti implicite e nei tempi composti della forma attiva e

nell’intera diatesi passiva.

Nell’italiano contemporaneo, il presente indicativo compare anche al posto del futuro. Il futuro

acquista spesso valori modali, esprimendo ipotesi, previsioni, dubbi, incertezze, doveri e opinioni.

Anche l’imperfetto è un tempo in notevole espansione, sempre con valori modali per esprimere

un’irrealtà del passato, cortesia o un valore “di citazione”. Il passato remoto è alquanto in

regresso e ad esso è preferito il passato prossimo con riferimento ad azioni concluse e lontane

nel tempo. Il congiuntivo non è morto, ma presenta segni di debolezza perché cede sempre più

campo all’indicativo. Il condizionale spesso viene sostituito dall’imperfetto indicativo. L’imperativo

è spesso espresso dal presente indicativo. Per quanto riguarda i modi non finiti, l’infinito è usato

come imperativo generico in avvisi o istruzioni (inserire la carta). Per quanto riguarda la forma

passiva, spesso essere è sostituito con venire. Infine, le perifrasi verbali si stanno sviluppando e

diffondendo: la più frequente è stare+gerundio per esprimere la duratività dell’azione, poi abbiamo

anche stare per+infinito per indi

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
19 pagine
31 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher likelikelike di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Setti Raffaella.