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POLITICA E SOCIETÀ

La distinzione tra potere politico, potere economico e potere ideologico corrisponde a quella tra la sfera dei rapporti e dei gruppi politici con quelli economici e ideologici. Si tratta di una delimitazione nel campo delle attività umane che avviene attraverso una lenta trasformazione storica.

Il primo processo, la delimitazione della sfera politica rispetto alla sfera ideologica, passa dalla distinzione tra sfera sociale e sfera individuale dei greci, a quella tra sfera religiosa e politica nata con il cristianesimo, in cui le “societates perfectae” sono due: lo Stato e la Chiesa, a differenza dell’Antica Grecia dove vi era solo la polis. Tale processo ci fa giungere poi alla formazione storica del ceto degli intellettuali, che sostituiscono a poco a poco i sacerdoti delle religioni tradizionali nell'esercizio del potere ideologico, cioè del potere di persuadere o dissuadere.

Il secondo processo, l’emancipazione del potere economico, avviene con la nascita del capitalismo e la separazione tra proprietà e lavoro. Questo processo porta alla formazione delle classi sociali e alla concentrazione del potere economico nelle mani di pochi.

manifestazione e uno strumento di dominio della classe dominante, che a sua volta è determinata dalle relazioni economiche della società. In altre parole, il potere politico è subordinato al potere economico. Questa tesi è stata ampiamente dibattuta e criticata nel corso della storia, ma ha comunque influenzato profondamente il pensiero politico e sociale. La separazione tra potere politico ed economico è diventata un principio fondamentale delle moderne democrazie liberali, che cercano di garantire l'indipendenza e l'equilibrio tra i due poteri. Tuttavia, è importante sottolineare che la relazione tra potere politico ed economico è complessa e sfaccettata. Mentre il potere economico può influenzare il potere politico attraverso il controllo delle risorse e delle lobby, il potere politico può anche limitare e regolare il potere economico attraverso leggi e regolamenti. In conclusione, la subordinazione del potere politico a quello economico è un fenomeno storico e sociale complesso, che ha avuto un impatto significativo sullo sviluppo delle società moderne.sovrastruttura rispetto alla base dei rapporti economici. Ma la sua origine deve essere ricercata in tutto il pensiero liberale secondo cui il sistema politico ha la funzione esclusiva di permettere lo sviluppo naturale del sistema economico, e ne è quindi rigidamente condizionato.

POLITICA E MORALE

Con la formazione dello stato moderno, si pone il problema del rapporto tra politica e morale. Tale problema si pone a livello deontologico, ovvero sul come deve comportarsi colui che agisce politicamente, se vi siano delle regole di comportamento che deve seguire. In questo contesto, si chiama autonomia della politica il riconoscere che il criterio in base al quale si considera buona o cattiva un'azione rientrante nella categoria della politica, è diverso dal criterio in base al quale si giudica buona o cattiva un'azione morale.

Un'azione che è considerata obbligatoria in morale è anche obbligatoria in politica? E viceversa?

Questo problema fu posto per la

prima volta e con la massima chiarezza da Machiavelli. Nel capitolo 18 del Principe, Machiavelli si pone il problema se l'uomo di stato sia obbligato a stare ai patti (principio fondamentale della morale), osservando inoltre che i principi che hanno fatto "gran cose", di quel principio hanno tenuto poco conto. Qual è l'ufficio a cui sono chiamati i principi? Mantenere i patti o "fare gran cose?" E se per mantenere i patti non riescono a fare grandi cose possono essere considerati buoni principi? Nello stesso capitolo Machiavelli espone chiaramente il suo pensiero là dove afferma che per giudicare della bontà o cattiveria di un'azione politica occorre guardare al fine (interesse dello Stato). Per conseguire questo fine egli deve adoperare tutti i mezzi adeguati, il non stare ai patti diventa per lui una condotta non solo lecita ma doverosa. La massima "il fine giustifica i mezzi" rappresenta il nucleo principale della

La cosiddetta dottrina della Ragion di Stato è un insieme di principi e massime secondo cui le azioni che non sarebbero giustificate se compiute da un individuo singolo, sono non solo giustificate ma addirittura in alcuni casi esaltate e glorificate se compiute dal principe nel totale interesse dello Stato. La morale del politico non è la morale del singolo. Nasce così uno dei temi più dibattuti della filosofia politica, la spiegazione e la giustificazione di questo contrasto.

Bobbio presenta due soluzioni tecniche a questo dilemma:

  • Teoria della deroga: Spiega e giustifica il contrasto sulla base della differenza tra regole ed eccezione. Le regole morali sono universali ma non sono assolute, nel senso che non valgono in tutti i casi ma ammettono eccezioni e pertanto in certi casi possono ammettere una deroga. Le azioni dei politici, contrariamente alla morale comune, sarebbero da giustificarsi come deroghe dovute a situazioni eccezionali o stato di necessità.
Quest’ultimo vale come giustificazione di un'azione altrimenti colpevole e punibile tanto per l'individuo privato quanto per l'uomo pubblico.

La stessa massima "il fine giustifica i mezzi" può essere fatta rientrare nel principio dell'aderoga per ragioni di necessità.

La teoria delle due etiche:

Il divario tra morale e politica non dipende dal rapporto regola-eccezione ma dall’esistenza di due vere e proprie morali, con diversi criteri di valutazione: etica della convinzione ed etica della responsabilità. Colui che agisce in base alla prima ritiene che il suo dovere consista nel rispettare alcuni principi di condotta posti come assolutamente validi indipendentemente dalle conseguenze che ne possono derivare. Colui che agisce in base alla seconda ritiene di aver fatto il proprio dovere se riesce a ottenere il risultato che si propone. Siccome i due criteri sono diversi, un'azione buona secondo il primo criterio può essere

cattiva in base al secondo e viceversa.

Capitolo 2: ETICA E POLITICA.

Il problema del rapporto con la morale si pone nell'attività politica come in tutte le altre attività dell'uomo. Il problema dei rapporti tra etica e politica è radicalmente diverso: in questo caso non ci si domanda quali siano le azioni moralmente lecite o illecite ma se le azioni politiche siano sottoponibili al giudizio della morale. In altri termini, la politica mantiene un rapporto con la morale, oppure obbedisce a un codice di regole diverso da quello della morale?

IL TEMA DELLA GIUSTIFICAZIONE

La maggior parte degli autori che si sono occupati della questione hanno preso atto del divario fra morale comune e condotta politica, e hanno rivolto la loro attenzione a cercare di capire e di giustificare questa divergenza. La condotta che ha bisogno di essere giustificata è quella non conforme alle regole. Non si giustifica l'osservanza della norma, cioè la condotta morale.

L'esigenza della giustificazione nasce quando l'atto viola o sembra violare le regole sociali.

MAPPA DELLE TEORIE DEL RAPPORTO TRA ETICA E POLITICA

Data la vastità del tema, Bobbio presenta una mappa dei rapporti tra etica e politica.

Bobbio distingue le teorie prescrittive, che non pretendono di dare una spiegazione del contrasto ma tendono a dare ad esso una soluzione pratica, e descrittive, le quali tendono ad indicare qual è la ragione per cui il contrasto esiste. A loro volta le diverse teorie che hanno affrontato il problema dei rapporti tra la morale e la politica possono essere suddivise in teorie monistiche o dualistiche.

● Teorie monistiche.

Indicano l'esistenza di un solo sistema normativo e si suddividono a loro volta in:

• Monismo rigido

Tale sistema normativo racchiude tutti gli autori per cui non esiste contrasto tra morale e politica perché vi è un solo sistema normativo: o quello morale o quello politico. Esempi di monismo rigido

Sono il primato della morale sulla politica, sostenuto da Erasmo e Kant, e il primato della politica sulla morale, sostenuto da Hobbes.

• Monismo flessibile

Esiste un solo codice normativo, quello morale, il quale in alcune circostanze consente delle eccezioni rispetto alla regola. Bobbio torna sulla teoria della deroga e presenta una nuova teoria: la teoria dell'etica speciale. In questo caso l'eccezione rispetto alla regola non è giustificata con l'insorgere di situazioni eccezionali, ma in base al particolare status del soggetto e al carattere speciale dell'attività da lui svolta.

• Teorie dualistiche

Sostengono l'esistenza di due sistemi normativi, e si dividono in:

• Dualismo apparente

La politica e la morale, pur essendo due sistemi normativi distinti, non possono considerarsi completamente indipendenti l'uno dall'altro. Una versione della teoria della superiorità della morale sulla politica si può trovare in Croce,

al contrario Hegel rappresenta la teoria della superiorità della politica sulla morale.
  • Dualismo reale

Due codici normativi sono antitetici l'uno all'altro. Si fondono sulla distinzione tra azioni finali e azioni strumentali, giudicate in base alla loro minore o maggiore idoneità al raggiungimento dello scopo. Di questa teoria Bobbio ci dà due esempi: la soluzione machiavellica dell'amoralità della politica, che si riassume nella famosa massima: "il fine giustifica i mezzi", e la teoria delle due etiche, l'etica della convinzione e l'etica della responsabilità di Max Weber.

Dopo l'esame delle varie teorie, Bobbio pone in evidenza le diverse relazioni esistenti tra loro e ne esamina i loro diversi motivi di giustificazione. Dal confronto tra le teorie emerge una considerazione della politica come la sfera degli imperativi ipotetici e una considerazione della morale come la sfera degli imperativi categorici.

Bobbio

Ha un'idea precisa sul tema del rapporto etica-politica: per lui le varie giustificazioni non valgono a giustificare l'eliminazione del giudizio morale sull'azione politica, quanto piuttosto a delimitare i confini della politica rispetto alla morale. Secondo Bobbio, la politica può e deve essere giudicata non solo dal punto di vista dell'efficienza, ma anche dal punto di vista della bontà del fine.

Capitolo 3: LA DEMOCRAZIA.

Si può definire la democrazia in base a diversi criteri. Un primo criterio è quello della titolarità del potere. In questo senso, il significato letterale del termine "democrazia" è rimasto invariato dall'antichità, ovvero è il potere del popolo, distinto dalla monarchia (uno) e dall'aristocrazia (pochi). Un secondo criterio è su come viene esercitato il potere. Da questo punto di vista, la "democrazia dei moderni" si differenzia dalla "democrazia degli

antichi" per il modo in cui il popolo esercita il potere

Dettagli
A.A. 2022-2023
20 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AccogliGiovanna7 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Vergari Ughetta.