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Capitolo V: Del diritto di vita e di morte

“Ci si chiede come i singoli, non avendo alcun diritto di disporre della loro vita, possano trasmettere al Sovrano questo diritto di cui non sono padroni. Tale problema sembra difficile da risolvere solo perché è male impostato. Ogni uomo ha diritto di rischiare la sua vita per conservarla.”

Non hanno diritto di disporre della propria libertà, perché sappiamo che chi l'aliena perde la qualifica di essere umano. Rousseau si chiede come fanno a trasmettere al sovrano questo diritto, che non hanno?

“Il trattato sociale, ha come fine la conservazione dei contraenti, chi vuole il fine, vuole anche i mezzi, questi mezzi sono inscindibili da qualche rischio e da qualche perdita, chi vuole conservare la propria vita a spese degli altri, deve anche darla per loro quando occorra. Ora, il Cittadino non è più giudice del pericolo a cui la legge vuole che si esponga, e quando il principe gli ha detto”

<>, deve morire". Qui Rousseau sta cercando di fondare il diritto di vita e di morte dallo stato. Ma c'è un serio problema: il fine del patto è l'autoconservazione, quindi come conciliare queste due cose? il diritto di vita e di morte da parte dello stato, che può estendersi al mandare i cittadini in guerra, con il fatto che il patto sia nato per l'autoconservazione. L'argomentazione di Rousseau è che: per conservare la propria vita, il cittadino deve essere disposto a mettere a rischio la sua vita, a combattere per lo stato. "Ciò perché è solo a tale condizione che ha vissuto in sicurezza fino a quel momento e perché la sua vita non è più unicamente un beneficio della natura, ma un dono sottoposto a limitazione da parte dello Stato." Quindi il cittadino non può resistere allo stato se esso decide di mandarlo in guerra. Ma abbiamo

detto che le leggi le fa il popolo, quindi il popolo deve fare delle leggi che stabiliscono se il cittadino deve andare in guerra, quando e se può resistere. Rousseau si sta prendendo una libertà sui suoi stessi sudditi. Non è permesso quindi sottrarsi a questo obbligo, perché Rousseau ci dice che possiamo conservare la nostra vita solo se siamo disposti a difendere lo stato con essa (qui Rousseau diventa "più hobbesiano di Hobbes"). Hobbes, in realtà non dice solamente che gli spazi di libertà dei sudditi del leviatano, sono quelli in cui la legge omette di regolare, gli dà anche ulteriori garanzie di libertà. Questo perché il fine del patto, fin dall'inizio, era quello di garantire l'autoconservazione. Quindi nel momento in cui all'interno della società civile, la vita del singolo è minacciata nei modi che andremo a vedere, c'è una possibilità del singolo di salvarsi.

di difendere la propria vita.

Leviatano, hobbes: cap 21, paragrafo 12 ( più o meno pag 304/305)

"Se il sovrano ordina a un uomo, anche giustamente condannato, di uccidersi, di ferirsi, di mutilarsi, di non resistere a quelli che lo assalgono, di fare a meno del cibo, dell'aria, dei medicinali, o di qualunque cosa senza la quale, non può vivere, quest'uomo ha il diritto di disobbedirgli, si può disobbedire al leviatano, al sovrano, nel momento in cui questi, vada a negare la nostra autoconservazione".

par.13

"Se un uomo viene interrogato da un sovrano o da un'autorità, a proposito di un crimine da lui stesso commesso, egli non è vincolato, senza la sicurezza del perdono, a confessarlo, perché nessuno può essere obbligato ad accusare se stesso".

Quindi non possiamo nemmeno autoaccusarci sapendo che poi avremo una punizione. Quelle che sono intese come garanzie liberali, sono molto più forti in un autore.

assolutista come Hobbes, piuttosto che in Rousseau. "Nessuno è vincolato dalle parole ad uccidersi o ad uccidere un altro". Se il sovrano ci dice di suicidarci non siamo costretti, non siamo neanche obbligati di andare in guerra. "Un uomo a cui venga comandato di combattere come soldato contro il nemico, anche se il sovrano ha diritto sufficiente per punire il suo rifiuto, con la morte, può non di meno, in molti casi, rifiutarsi senza ingiustizia, come quando fa prendere il proprio posto ad un soldato capace, perché in questo caso dà servizio allo stato, oppure ci possono essere casi di fuga, tuttavia, quando ciò non accade per tradimento, ma per paura di morire, non si stima che sia fatto ingiustamente, ma disonorevolmente, evitare la battaglia non è ingiustizia, ma codardia, quindi possiamo sottrarci alla battaglia, saremo codardi ma non staremo ledendo il diritto dello stato, ma affermando un nostro diritto, quello.dell'autoconservazione""Diritto di lottare per la vita, nessuno ha la libertà di resistere alla spada dello stato, per difendere un altro uomo, colpevole o innocente che sia, perché tale libertà sottrae al sovrano i mezzi per proteggerci, risulta distruttiva per l'intima essenza del governo" (non possiamo fare la guerra civile)” Hobbes ci aveva detto che possiamo resistere per difendere se stessi, quindi se siamo accusati di un crimine dal sovrano e ci si riunisce con altre persone accusate dello stesso crimine dal sovrano, ci si può difendere insieme. pag 361 In quali casi i sudditi sono esentati dalla loro obbedienza al sovrano: l'obbligazione dei sudditi nei confronti del sovrano dura tanto quanto il potere con cui egli è in grado di proteggerli, perché gli uomini giusti non possono rinunciare con un patto, al diritto che hanno, di proteggere se stessi, quando nessun altro può farlo, se gli individui vedonoche il Sovrano non è in grado di difenderli, possono scindere il patto. Abbiamo visto che in Hobbes, l'individuo ha delle garanzie che in Rousseau mancano, ma non per decisione della volontà generale. In Rousseau non c'è una costituzione che dica che il corpo sovrano ripudia la guerra. Non ci sono neanche diritti liberali stabiliti che dicano che l'integrità del singolo è preservata, o che può essere messa a rischio da determinate condizioni. Manca la garanzia effettiva della libertà negativa. Non è sufficiente quello che c'è in Rousseau. C'è un prevalere della libertà positiva, dei diritti democratici, sulla sfera di intangibilità del singolo, addirittura, molto di più che in Hobbes. Ci sono alcuni punti in cui sembra che si parli di una guerra difensiva, però non è specificato, può succedere anche che sia una guerra offensiva. In questo capitolo, si parla.

"Della guerra, ma anche della pena di morte. 'Pressappoco sotto lo stesso angolo visuale, può essere considerata la pena di morte inflitta ai criminali, per non essere vittima di un assassino, si accetta di morire, se assassini diventiamo noi.' Rousseau ci dice che bisogna istituire la pena di morte, perché in questo modo ci difendiamo, è come un deterrente da chi voglia commettere assassinii. 'D'altra parte ogni malfattore, attaccando il diritto sociale, diviene, con i suoi misfatti, ribelle e traditore della patria; cessa di esserne membro violandone le leggi e, anzi, le muove guerra.' Rousseau, nel capitolo rispetto alla guerra tra stati e la guerra tra individui, ci aveva detto che non si può parlare di guerra tra individui, ma la guerra può essere solo tra stato e stato, gli individui sono in guerra solo nel momento in cui stanno imbracciando le armi per difendere lo stato, e l'ostilità, si devemantenere solamente."

finché imbracciano le armi. Nel momento in cui depongono le armi, tornano ad essere individui singoli qualunque, quindi non può essere accampato nessun diritto di vita o di morte su di essi, diritto su cui Grozio fondava l'idea di sovranità assoluta (ti salvo la vita non uccidendoti ed'ora in poi sarò sovrano su di te, Rousseau non è d'accordo, perché in guerra, una volta terminate le ostilità, non si ha diritto sulla vita dell'altro). Qui invece abbiamo un malfattore che fa guerra allo stato, quindi va giustiziato come criminale proprio perché ha fatto la guerra alla patria. Qui è Rousseau che ci dice che chi uccide, va messo a morte, non lo fa decidere ai suoi cittadini, quindi manca sia libertà positiva che negativa. Di solito non manca quella positiva, qui si. Per quanto riguarda la libertà negativa, è un problema che riguarda tutto il contratto sociale. Il cittadino non ègarantito rispetto allo stato e rispetto a possibili decisioni sbagliate da parte della volontà generale. "Il criminale fa guerra allo stato, a questo punto la conservazione dello Stato diventa incompatibile con la sua; bisogna che uno dei due perisca e quando si condanna a morte il colpevole lo si condanna meno come Cittadino che come nemico. Il procedimento, il giudizio, sono le prove e la dichiarazione che egli ha rotto il trattato sociale, e che, di conseguenza, non è più membro dello Stato. Ora, poiché egli si è riconosciuto tale, almeno per il fatto di risiedervi, ne deve essere escluso o con l'esilio, in quanto contravventore del patto, o con la morte, in quanto nemico pubblico; un tale nemico non è infatti una persona morale, ma un uomo, ed è allora diritto di guerra uccidere il vinto." Rousseau nella pagina successiva: "[...] Non si ha diritto di far morire, neppure a titolo di esempio, chi non si può

"conservare in vita senza pericolo."

Solo se abbiamo un criminale pericoloso che pensiamo che possa reiterare il reato.

Poi c'è il diritto di fare la grazia, che spetta al sovrano (quindi tutti i cittadini uniti, il corpo sovrano), in uno stato ben governato (ci dice Rousseau) ci sono poche punizioni, non perché si fanno molte grazie, ma perché ci sono pochi criminali, uno stato con istituzioni giuste, non spinge per necessità, gli uomini al crimine, ci saranno poche grazie, perché ci saranno pochi condannati.

Lezione 29-03

LIBRO 2°: CAPITOLO VI; DELLA LEGGE

"Mediante il patto sociale abbiamo dato l'esistenza e la vita al corpo politico: bisogna ora dargli il movimento e la volontà mediante la legislazione [1*]. Infatti l'atto originario attraverso cui questo corpo si forma e si unisce non determina ancora nulla di ciò che deve fare per conservarsi. Ciò che è bene e conforme all'ordine è"

tale per la natura delle cose eindipendentemente dalle convenzioni umane [2*]. Ogni giustizia viene da Dio ed egli solo ne è l'origine; ma, se noi fossimo in grado di riceverla da tale altezza, non
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
181 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giuli4.1848 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Piromalli Eleonora.