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TEORIA DELLA AUTOLIMITAZIONE DELLO STATO
CRITICA: ci sono delle contraddizioni insostenibili, ideologiche ed antideologiche, dice che questo dualismo riveste una funzione ideologica di straordinaria importanza in quanto i sostenitori mirano a una legittimazione metafisica dello Stato. Ciò significa che si giustifica lo Stato, rendere giusto attraverso i valori ➔ La legittimazione dello Stato che è insita nel dualismo in questione, non può essere accettata da Kelsen perché la dottrina pura del diritto rifiuta ogni riferimento all'universo dei valori, quindi alla giustificazione e alla legittimazione dello Stato (di diritto), In quanto scienza del diritto e non politica del diritto.
La teoria della dottrina tradizionale cade in contraddizione perché mentre da un lato considera lo stato come persona giuridica dall'altro accentua nello stesso tempo il fatto che lo stato come potere è qualcosa di essenzialmente diverso dal
Il concetto di stato è complesso e non può essere inteso giuridicamente. Per le teorie ideologiche, però, questo non è un problema in quanto non mirano all'approfondimento della conoscenza ma alla determinazione della volontà, quindi non interessa comprendere l'essenza dello stato ma rafforzare la sua autorità.
Una conoscenza dello stato ideologicamente libera, liberata cioè da ogni ideologia, non può coglierne l'essenza se non concependo questa formazione sociale come un ordinamento della condotta umana. Si parla di un ordinamento sociale coattivo e questo ordinamento coattivo deve essere identico all'ordinamento giuridico, dato che sono gli stessi atti coattivi quelli che caratterizzano entrambi gli ordinamenti, ma lo stato non può comprendere due ordinamenti: Kelsen definisce lo stato come un ordinamento sociale coattivo, quindi una forma di ordinamento giuridico.
Tanto il diritto tanto lo Stato agiscono allo stesso modo, quindi sono organi sociali e giuridici coattivi ma questo non è biunivoco. Se ogni Stato coincide con il suo ordinamento giuridico non tutti gli ordinamenti giuridici costituiscono uno Stato ➔ Un ordinamento giuridico può chiamarsi Stato quando si sviluppa con gli organi che agiscono secondo il principio della divisione dei poteri e delle funzioni, passando da una fase primitiva a una fase complessa strutturale con un certo grado di accentramento. Per Kelsen ci sono tre problemi: lo stato come problema di imputazione giuridica ➔ lo stato e ogni suo atto 1) si presentano per forza come ordinamento giuridico, come atto di produzione e di esecuzione di norme. La norma trasforma l'azione in atto giuridico. Il problema dello stato è un problema di imputazione poiché si pone la questione del perché l'azione umana sia qualificata dalla norma come atto giuridico. Questo fatto può essereRiferito all'ordinamento giuridico contenente la norma qualificatrice. Lo stato non è altro che la personificazione dell'ordinamento giuridico, più precisamente di quell'ordinamento coattivo. La imputazione alla persona dello stato trasforma il fatto imputato in atto dello stato e qualifica l'individuo che compie il fatto come organo dello stato.
Lo stato come meccanismo di organi burocratici -> lo stato fa acquisire a degli organi qualificati giuridicamente il funzionamento del meccanismo coattivo e meccanismo amministrativo. Dallo stato rappresentato da questi organi burocratici, c'è il perseguimento diretto del fine dello stato, soprattutto nell'ambito amministrativo. Anche lo stato amministrativo è un ordinamento coattivo ed è giuridicamente messa in esecuzione come obbligo giuridico degli organi burocratici dello stato, nel senso che l'ordinamento giuridico ordina agli altri organi dello stato di reagire con un
atto coattivo contro quei funzionari che si comportano contrariamente al proprio dovere. La teoria dello stato come teoria del diritto ➔ i problemi che tradizionalmente, nella teoria tradizionale, dello stato sono molto simili a quelli della teoria generale del diritto. come problemi della validità e della produzione dell'ordinamento giuridico. Quelli che si chiamano elementi dello stato (sovranità, territorio, popolo) non sono altro che questa validità dell'ordinamento statale in sé, così come la sfera di validità spaziale e personale di questo ordinamento. La dottrina dei tre poteri o funzioni dello stato mostra come suo proprio oggetto i diversi gradi di produzione dell'ordinamento giuridico. Gli organi dello stato possono essere compresi solo come fatti di produzione e di esecuzione giuridica e le forme di stato sono dei metodi di produzione dell'ordinamento giuridico che si chiama "volontà dellostato”. DUALISMO TRA DIRITTO SOGGETTIVO E OGGETTIVO
Questo dualismo è l’erede della teoria del diritto naturale, al cui posto è subentrata la dottrina generale del diritto. Consiste nel fatto che al di sopra dell’ordinamento statale del diritto positivo, si suppone l’esistenza d’un ordinamento giuridico più elevato, divino, razionale o naturale, la cui funzione è stata conservatrice e legittimista (giusnaturalismo). Il positivismo non rinuncia completamente a una legittimazione del diritto, però lo fa indirettamente, con lo stesso concetto di diritto.
TESI: Secondo la dottrina tradizionale vi sarebbe un dualismo tra diritto oggettivo e diritto ordine mentre il soggettivo è interesse, soggettivo in quanto il diritto oggettivo è norma, volontà del soggetto. Secondo tale teoria il diritto soggettivo precede il diritto oggettivo; il legislatore dunque riconosce un diritto (già esistente nella stato”.
volontà del soggetto) e si limita a produrre un diritto già esistente soggettivamente. ➔Tale teoria afferma che il diritto soggettivo preceda il diritto oggettivo tanto cronologicamente quanto logicamente. L'idea è chiara: dapprima si forma il diritto soggettivo, soltanto più tardi appare il diritto oggettivo come ordinamento statale che protegge, riconosce e garantisce i diritti soggettivi formatisi indipendentemente.
L'opposizione fra diritto oggettivo e soggettivo hanno una contraddizione logica della teoria in quanto questa considera entrambi contemporaneamente esistenti e si manifesta nel modo più evidente nel fatto che si dichiara che il senso del diritto oggettivo come norma eteronoma (Condizione in cui l'azione del soggetto non è guidata da un criterio autonomo ma è determinata dall'esterno) è il vincolo, mentre l'essenza della personalità giuridica è invece proprio la negazione di ogni vincolo.
Cioè la libertà nel senso di indipendenza o di autonomia.
CRITICA: L'autonomia esiste solo in un senso limitato e improprio, nessuno infatti può attribuire dei diritti a se stesso poiché il diritto dell'uno esiste solo sotto il presupposto del dovere dell'altro e tale rapporto giuridico può realizzarsi con una concorde manifestazione di volontà tra due individui. L'ideologia di tale teoria si unisce al valore etico della libertà individuale, della personalità autonoma, e questa libertà si pensa che sia sempre inclusa. Un ordinamento che non riconosce l'uomo come libera personalità, in questo senso, l'ordinamento che non garantisce il diritto soggettivo non può essere considerato un ordinamento giuridico. È sempre necessario che ci sia una norma che attribuisca ad un soggetto un certo diritto e agli altri il dovere di rispettarlo. A questa concezione si nasconde una tendenza
ideologica: dietro l'idea che i soggetti abbiano dei diritti innati, il legislatore si deve limitare a riconoscerli, garantirli e quindi non può esserci un diritto contrario a quello innato. Si rimane in quest'ottica se si considera il rapporto fra diritto e società e quando si interpreta il rapporto giuridico come una relazione che si trova nella materia sociale, come una "relazione di vita" che attinge dal diritto solo la sua determinazione esteriore. Si tratta di un indirizzo della giurisprudenza tradizionale che si atteggia a "sociologica", il quale in verità, con questa concezione segue soltanto tendenze giusnaturalistiche.
L'obbligo giuridico è trattato dalla dottrina tradizionale, nel diritto soggettivo, in modo sfavorevole. Si sostiene che l'obbligo non sia affatto un concetto giuridico e che esistano solo degli obblighi morali in quanto nel diritto ci sono unicamente i diritti soggettivi e non obblighi giuridici.
La funzione dell'ordinamento giuridico e coattivo, non può essere altro che il vincolo normativo degli individui ad esso sottoposti, tale vincolo non può non chiamarsi obbligo dato che anche l'obbligo morale si esprime nella validità di un ordinamento morale. A questo punto si inserisce la dottrina pura del diritto che con la sua critica pone in primo piano il concetto dell'obbligo giuridico. Essa riconosce nell'obbligo giuridico solo la norma giuridica individualizzata, cioè nel suo rapporto con il comportamento concreto di un determinato individuo da essa stabilito, staccandosi completamente dall'obbligo morale. ➔ Un uomo è obbligato giuridicamente a un determinato comportamento in quanto l'opposto di questo comportamento è posto dalla norma giuridica come condizione di un atto coattivo qualificato come conseguenza dell'illecito. Con ciò si riconosce che l'obbligo giuridico.è la sola essenziale funzione del diritto oggettivo. Kelsen opera la riduzione del diritto soggettivo al diritto oggettivo, dunque esiste essenzialmente solo il diritto oggettivo che ha due facce:
- l’obbligo giuridico che determina un vincolo giuridico (come detto in precedenza)
- l’autorizzazione è manifestazione di volontà del soggetto il quale se viene riconosciuto nel diritto può ricorrere al giudice per essere tutelato. Essa è produttiva del diritto.
Una autorizzazione si ha quando fra le condizioni della conseguenza dell’illecito si include una manifestazione di volontà da parte di chi è leso nei suoi interessi; tale manifestazione deve presentarsi nella forma dell'azione privata o pubblica. Solo in rapporto dell’illecito la norma giuridica si individualizza come autorizzazione e diventa, diverso dall’obbligo, diritto soggettivo cioè diritto di un soggetto per cui essa si pone a disposizione di.
questo per far valere i suoi interessi. In quanto autorizzazione, il diritto soggettivo non sta di fronte al diritto oggettivo.