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- FISIOLOGICA: IN CHE MODO GLI OCCHI PERMETTONO LA VISTA?
- - ADATTIVA: PERCHE’ SI SONO EVOLUTI GLI OCCHI?
La teoria dell’evoluzione deve quindi spiegare due insiemi di fenomeni ben definiti: la diversità delle forme di
vita e l’insieme dei tratti adattivi presenti negli organismi. Possiamo distinguere 4 categorie generali di
evidenze empiriche:
1 le prove storiche, cioè i fossili e gli altri indizi paleontologici.
2 le comparazioni anatomiche e morfologiche fra specie viventi imparentate o fra specie viventi e specie
estinte
3 le prove molecolari che attestano i differenti gradi di somiglianza genetica fra tutti gli esseri viventi.
4 le risultanze di laboratorio, dove possiamo osservare in tempo reale l’evoluzione per esempio nelle
dinamiche parassita/ospite o predatore/preda.
IL MONDO NON E’ SEMPRE STATO LO STESSO
L’evoluzione degli esseri viventi affonda le proprie radici nella storia fisica del nostro pianeta, stabilizzatosi e
raffreddatosi circa 4,5 miliardi di anni fa. Da allora il tempo di rotazione sull’asse terrestre è diminuito
progressivamente a causa del rallentamento indotto dalle maree. La struttura attuale della superficie della
terra è il prodotto di processi fisici che hanno pazientemente lavorato per lunghissimi periodi di tempo e che
continuano ancora oggi la loro azione. Nuove rocce si formano attraverso le eruzioni vulcaniche, la superficie
del pianeta è in continuo movimento. I ritmi di questi processi fisici di incessante trasformazione ed evoluzione
del pianeta fecero capire ai geologi già prima di Darwin che la terra, per giungere alla conformazione attuale,
avrebbe dovuto avere almeno alcune centinaia di milioni di anni. Il principio metodologico dell’uniformitarismo
di Lyell, ovvero che le cause e i ritmi dei processi geologici, fossero stati sempre gli stessi dall’inizio dei tempi
fino a oggi, imponeva di pensare all’età della terra in termini di una serie di eoni durati circa 300 milioni di
anni. Nel 1882 il più grande fisico inglese dell’epoca, kelvin aveva dedotto che la terra, stando al ritmo di
raffreddamento della massa del pianeta, non potesse avere più di una manciata di milioni di anni. La sfida fra
la scienza esatta dei fisici e la scienza storica di Darwin sembrava ormai vinta dalla prima, quando
quest’ultimo scorcio del secolo venne scoperta la radioattività e si capì che il calcolo di Kelvin era sbAGLIATO:
la produzione di calore generata dal decadimento radioattivo di elementi instabili come l’uranio all’interno
della terra aveva rallentato il raffreddamento del pianeta, la cui età venne ricalibrata intorno ad alcuni miliardi
di anni. Oggi il geologo con vari metodi può leggere in una stratigrafia l’età delle rocce. Le rocce sedimentarie
hanno inoltre la capacità di conservare al loro interno tracce delle forme viventi con le quali sono entrate in
contatto, le quali a loro volta informano sul tipo di ambiente in cui erano presenti le rocce stesse. Queste
tracce si chiamano fossili e costituiscono la prima evidenza diretta, in ordine cronologico e di importanza, dello
svolgersi della storia naturale della terra. Quando un essere vivente muore si decompone e rapidamente
svanisce nell’ambiente senza lasciare tracce. In alcuni casi però le parti dure dell’organismo soprattutto ossa,
denti decomponendosi molto lentamente vengono ricoperte da minerali che solidificano attorno creando
un’impronta della loro forma nelle rocce sedimentarie. Dopo la fossilizzazione la roccia può subire ulteriori
modificazioni, anche violente, e il reperto fossile viene alterato. E’ quindi piuttosto difficile ricostruire sequenze
fossili complete di una famiglia di organismi nel corso di lunghi periodi di tempo. L’imperfezione della
documentazione geologica era già ben nota a Darwin, che così intitola il decimo capitolo de L’origine della
Specie. Il naturalista attribuiva alla frammentarietà dei reperti fossili la mancanza di forme di transizione
chiare fra tutti gli esseri viventi ed era convinto che il ritmo del cambiamento evolutivo fosse sempre stato
uniforme, cioè un lento e graduale accumulo di piccole modificazioni di specie in specie nel corso degli eoni
(età della terra).
UNO SCENARIO MAESTOSO
Le più antiche evidenze di essere viventi negli oceani come batteri, alghe azzurre e altri unicellulari senza
nucleo risalgono a più 3,5 miliardi di anni fa e provengono da Groenlandia e Australia. Intorno a 570 milioni di
anni fa, poco prima che inizi l’era PALEOZOICA con il periodo CAMBRIANO, appaiono tutti i piani corporei
animali fondamentali. Nel periodo successivo L’ORDOVICIANO, la vita si evolve nei mari e compaiono i pesci,
mentre con l’inizio del SILURIANO 443 MILIONI DI ANNI FA, le piante pioniere. Nel DEVONIANO la vita si
diversifica anche nelle acque dolci e sulla terraferma appaiono i primi insetti primitivi, i ragni, millepiedi. Con il
PERMIANO, da 290 a 251 milioni di anni fa, che l’evoluzione arricchisce il suo palcoscenico con gli esseri
viventi primitivi che associamo pesci, insetti, rettili alcuni con caratteristiche che li porteranno a diventare
mammiferi. Nel TRIASSICO compaiono le tartarughe, i coccodrilli, ma i soprattutto i dinosauri. Il GIURASSICO
durato da 206 a 144 milioni di anni fa periodo dei dinosauri. I dinosauri sembravano già un po' in difficoltà
verso la fine del Cretaceo, ma il colpo di grazia venne inferto da un asteroide, o da un frammento di cometa,
che colpisce il pianeta 65 milioni di anni fa producendo un cataclisma che cambierà per sempre la
configurazione della vita sulla terra. IL cambiamento improvviso delle regole ecologiche conduce rapidamente
all’estinzione di tutti i dinosauri. Il PLIOCENE è la prima epoca nella quale è possibile rintracciare i nostri
antenati diretti. Fra 6 e 7 milioni di anni fa nei primati africani si separano le discendenze degli scimpanzè.
Circa 2,5 milioni di anni fa comincia il PLEISTOCENE l’età delle glaciazioni: nasce il genere HOMO. Homo
Sapiens colonizza tutte le terre emerse, porta all’estinzione un numero altissimo Di mammiferi di grossa
taglia. 10 MILA ANNI FA si chiude l’ultima fase glaciale e il PLEISTOCENE con l’invenzione
Dell’agricoltura. La linearità del racconto può indurre nell’errore di sintetizzare questa grandiosa storia
naturale condensandola nel suo inizio e nella sua fine: dai batteri a HOMO SAPIENS. Sarebbe un’illusione
prospettica fatale, sono le forme di vita arcaiche ad aver retto gli equilibri più delicati degli ecosistemi
terrestri. Finché la quantità di ossigeno nell’atmosfera fu bassa, la vita in assenza di ossigeno poté solo essere
marina, per garantirsi una protezione dai raggi ultravioletti in assenza di ozono. Il rilascio di ossigeno con la
fotosintesi cambiò drammaticamente le regole del gioco e si creò una forte selezione naturale a favore della
vita aerobica. La crisi dell’ossigeno mostra in modo evidente che la struttura fisica della terra ha si
condizionato fin dall’inizio la vita, ma che l’evoluzione degli organismi a sua volta ha trasformato i parametri
fisici fondamentali del pianeta, modificando la composizione chimica dell’atmosfera e innescando una trama
di autoregolazione biochimica.
ANTENATI COMUNI: LA VIA MAESTRA DELL’OMOLOGIA
Le specie si sono evolute nel tempo, anche se si può ancora ipotizzare che le linee di discendenza individuate si siano
sviluppate indipendentemente l’una dall’altra. La trama di comunanze fortissime che uniscono gli esseri viventi e che si
distribuiscono almeno in 3 livelli:
-somiglianze morfologiche
-corrispondenze nei processi di sviluppo ( studiate dagli embriologi)
-condivisione del materiale genetico e biochimico Gli
scienziati organizzano ancora oggi le somiglianze esterne degli organismi procedendo per insiemi gerarchici inclusivi,
risalenti all’opera fondativa del naturalista svedese LINNE’. La gerarchia di Linneo prese dunque la forma di un albero
genealogico, ma non cessarono i problemi di classificazione e le ambiguità di attribuzione che una semplice
valutazione morfologica non poteva eliminare. La difficoltà stava infatti nel separare, da una parte, i tratti simili che
derivano dall’essere immersi nello stesso ambiente e, dall’altra, i tratti simili derivanti invece da un origine storica
comune. Secondo Darwin l’occhio dell’evoluzionista deve saper distinguere le analogie superficiali, cioè quei tratti che
appaiono simili a causa di un contesto ecologico comune (es. vivere nell’acqua), dalle omologie profonde, cioè i tratti
che si assomigliano in quanto derivanti da strutture corporee ancestrali comuni. Le prime dipendono dalla nicchia
ecologica, cioè dalla porzione di ambiente delimitata dalle risorse e dalle relazioni ecologiche di una specie, le seconde
dipendono dalla storia di parentele. Le analogie sono ingannevoli perché non testimoniano una storia comune (la pinna
di un pesce e la pinna di un lamantino non implicano una parentela perché hanno avuto evoluzioni indipendenti),
mentre le omologie sono figlie della storia e segno certo di parentela, anche se più difficili da scoprire.
ERNST HAECKEL alla fine dell’800 elabora una teoria nota come TEORIA DELLA RICAPITOLAZIONE: l’ontogenesi di ogni
individuo riassumerebbe l’intera storia filogenetica della specie a cui appartiene. Questa regola gode oggi di una
validità limitata, poiché sappiamo che l’evoluzione non ha solo aggiunto nuovi stadi di sviluppo a quello finale, ma ha
anche inserito stadi più precoci o li ha alterati. In molti vasi l’evoluzione dei processi di sviluppo ha seguito strade
alternative: alcune specie hanno imparato a riprodursi a uno stadio morfologico precoce, troncando gli stadi successivi
di sviluppo; altre hanno invece trattenuto i caratteri giovanili più a lungo, rallentando l’intero processo di sviluppo
somatico. Non meno istruttivi in chiave evolutiva sono i cosiddetti CARATTERI VESTIGIALI cioè tratti ereditari da
un’antica storia evolutiva e poi dismessi senza essere del tutto eliminati. La ricostruzione dell’ordine di ramificazione
delle forme viventi a partire dei caratteri morfologici è diventata negli anni 60 del 900 una disciplina autonoma
chiamata SISTEMATICA FILOGENETICA O CLADISTICA: Si tratta di un’analisi sistematica dei tratti di organismi
appartenenti a specie viventi o estinte per dedurre una logica attendibili. I caratteri morfologici vengono distinti in stati
discreti confrontabili: per esempio, superficie esterna con penne, squame, numero di arti, locomozione eretta. Poi
vengono messi a confronto e si cerca di capire, in un gruppo di specie, chi è discendente di chi. Bisogna allora
distinguere i caratteri attendibili, cioè le omologie, da quelli ingannevoli,