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CAPITOLO 5 NATURALE SAGGEZZA, UMANA STOLTEZZA
Nella seconda metà del XX secolo, un insieme di tecnologie ha causato, il ritorno dell’idea di natura, con il nome di
‘’biotecnologie’’. Fra queste si annoverano la fecondazione assistita, la produzione di organismi geneticamente
modificati, l’ingegneria genetica applicata agli esseri umani, la clonazione riproduttiva, le procedure di produzione di
cellule staminali. Il termine è spesso usato per riferirsi a tecnologie non ancora disponibili, ma solo in fase
sperimentale. Tutte le tecniche raccolte sotto l’etichetta di biotecnologie sono accumunate da una caratteristica. Si
tratta di procedure con le quali gli esseri umani intervengono nei meccanismi di trasmissione e replicazione della vita.
Queste pratiche hanno innescato un vastissimo dibattito pubblico e teorico, nel quale si affaccia in vari modi l’idea che
indica con questo termine un ordine caratterizzato da una sua intrinseca saggezza, da rispettare con prudenza per
evitare il rischio di danni e catastrofi per gli esseri umani.
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, è un dato di fatto che, per molti aspetti, la realtà presenti regolarità che,
ad esempio possono essere formalizzate per mezzo di legge. Le leggi con le quali si descrive la realtà non sarebbe
semplicemente l’astrazione e la formalizzazione di regolarità riscontrate empiricamente, ma le tracce di un piano più
generale. A questo disegno, spesso, si attribuisce il carattere della benevolenza o della saggezza, nella misura in cui le
leggi che lo caratterizzano tenderebbero a produrre effetti benefici per gli esseri umani o, per tutti gli esseri viventi.
Questo argomento, che potremmo chiamare argomento della naturale saggezza e dell’umana stoltezza, può essere
articolato in modo più formale, esplicitando le due tesi che lo compongono:
a) Nel mondo alcune cose sono organizzate secondo un ordine naturale, caratterizzato da fini specifici e da
un’intrinseca saggezza;
b) L’intromissione nei meccanismi più intimi di quest’ordine è un atto imprudente, qualora interferisce con i fini
immanenti, nella misura in cui rischia di produrre conseguenze dannose e catastrofiche.
La prima parte afferma l’esistenza di un ordine caratterizzato da una forma di saggezza. Questa tesi è sostanzialmente
una premessa descrittiva. In effetti, le ragioni prescrittive sono nella seconda parte dell’argomento, che esprime l’idea
che il cuore dei nostri doveri morali, almeno relativamente a certe innovazioni tecnologiche, sia minimezzare il rischio e
adottare un comportamento prudente.
Visto che questo argomento si concentra sugli effetti negativi che la violazione dell’ordine di natura può produrre,
possiamo dire che si tratta di una posizione genericamente consequenzialista. Essa non ritiene che il rispetto alla
natura sia per via delle leggi, ma è dovuto in vista delle conseguenze che ne derivano: benefiche se l’ordine è
rispettato, negative se è infranto.
Merita di essere sottolineato che, nella trasformazione della prudenza in una norma deontologica, gioca spesso un
ruolo di primo piano la predizione che le conseguenze dell’alterazione della natura sarebbero così catastrofiche da, ad
esempio, pregiudicare la stessa permanenza della specie umana. In tale senso il miglio esempio è rappresentato dagli
argomenti di Hans Jonas, che ha teorizzato una vera e propria ‘euristica della paura’ che condurrebbe all’elaborazione
di quell’etica della responsabilità la quale individua nell’esistenza dell’umanità il principale dovere da assolvere.
Noi cerchiamo di focalizzare su un aspetto specifico degli argomenti che attribuiscono ordine e saggezza alla natura, e
ci concentreremo sull’idea che la natura vivente sia caratterizzata da ordine e saggezza. I più importanti argomenti
morali che si concentrano all’idea di natura ordinata e saggia si riferiscono al mondo vivente.
Natura e finalismo
Guardiamo come sono fatti gli esseri viventi. Per esempio, un felino predatore come la tigre. Il suo corpo sembra di
essere progettato per svolgere funzioni necessarie alla sua sopravvivenza: dotato di organi di senso per localizzare le
prede, e veloce per catturarle, ha artigli e denti folti per ucciderlo. Sembra facile pensare che la costituzione del suo
corpo è fatta per predare. Ma cosa si intende con ‘’per’’. ‘per’ significa che qualcuno o qualcosa ha progettato la tigre
dotandola di validi strumenti per cacciare, come zanne e artigli. Questa idea è al centro del cosiddetto argomento del
disegno con il quale, a iniziare dal XVIII secolo, la teologia naturale ha cercato di dimostrare l’esistenza di un creatore a
partire dalle caratteristiche degli esseri viventi. Possiamo ritenere che gli organismi viventi siano il risultato di un
progetto, all’ora l’idea che in essi siano incorporati dei ‘fini’ è ovvia. Le zanne e gli artigli servono il fine di garantire la
sopravvivenza della tigre.
Com’è noto da poco più di un secolo e mezzo una spiegazione alternativa c’è ed è migliore di quella fonrita
dall’argomento del disegno della teologia naturale. Si tratta della teoria dell’evoluzione elaborata da Charles Darwin. La
teoria elaborata da Darwin e la mole di dati empirici che la supportano rendono del tutto insostenibile l’argomento del
disegno.
Come noto, la risposta di Darwin è tanto semplice quanto efficace ed elegante: gli esseri viventi sono il frutto di un
processo di evoluzione guidato da alcuni meccanismi basilari. Non tutti gli esseri viventi che nascono possono
sopravvivere: le condizioni ambientali, la scarsità delle risorse e minacce come i predatori fanno si che solo gli individui
adatti sopravvivono e si riproducano. La selezione naturale ‘premia’ gli individui con le caratteristiche migliori per
assicurarsi la sopravvivenza nelle condizioni di vita che l’ambiente presenta loro.
Ma cosa fa si che un individuo sia più adatto di un altro e abbia maggiori risorse di sopravvivenza? Le differenze degli
individui sono il frutto del caso, di mutazioni casuali del genotipo che ad alcuni individui gli permettono la
sopravvivenza. Esempio, un collo più lungo per la giraffa, gli permette di arrivare alle foglie più alte dell’albero.
L’essere vivente che ne è portatori ha maggiori possibilità di sopravvivenza, e quindi di generare una prole con le
stesse caratteristiche. Le mutazioni e variazioni genetiche che alimentano il processo di selezione ed evoluzione sono
casuali cioè sono senza scopo. Per evitare fraintendimenti, è bene chiarire che ‘casuale’ non significa ‘non causato’. Le
mutazioni del genotipo hanno cause individuabili e studiabili. I meccanismi che governano il mondo vivente non sono
orientati a conseguire fini in qualche modo benefici per gli organismi.
5.3 Ottimalità senza finalismo
L’argomento della saggezza naturale può essere presentato in una versione più debole e che, in qualche modo, può
assumere anche le vesti della plausibilità scientifica. L’idea centrale di questa versione emendata dell’argomento è
che, pur in assenza di cause finali, il processo della selezione naturale produce ottimalità. Dal momento che la
selezione naturale premia ciò che è adatto alla sopravvivenza, quello che ne risulta sarebbe quanto di meglio ci possa
essere.
Questa idea è ben espressa da Barry Commoner, uno dei padri del pensiero ambientalista, nel suo saggio ‘’il cerchio da
chiudere’’. Enuncia la sua terza legge dell’ecologia, affermando che la natura è l’unica a sapere il suo fatto. Commoner
scrive: gli esseri viventi hanno offerto l’opportunità di sperimentare alcuni cambiamenti genetici casuali. Se la
mutazione danneggia o altera la possibilità di sopravvivenza fisica dell’organismo, è probabile che lo uccida ancora
prima che il cambiamento possa essere trasmesso alle generazioni future. Così gli esseri viventi accumulano parti
compatibili, e quelle che non lo sono con l’organismo, vengono eliminate nel percorso dell’evoluzione.
Quindi, dice di essere prudenti nell’interferire con i meccanismi della natura.
Infatti lui parla di orologi e orologiai: mettiamo caso di aprire la cassa del nostro orologio e di infilare la punta di una
matita in mezzo agli ingranaggi, l’orologio si scassa. Ma non è detto che sia così. Può essere che il colpo dato con la
matita fosse quello che occorreva per metterlo a posto. Se ci chiediamo il perché? Perché dopo tanti studi di operazioni
tecnologiche per poter aggiustare e sviluppare gli orologi, sono stati messi accorgimenti e perfezionamenti, scartando
quelli non compatibili con il funzionamento, adottando quelli per migliorarlo. Quindi possiamo dire che l’orologiaio sa il
fatto suo. L’esempio presenta l’analogia significativa con i sistemi biologici.
L’idea è che l’essere umano non può essere più saggio di un processo che, stratidicandosi per migliaia di anni ha
prodotto orologi tanto efficienti.
Di fatto, l’evoluzione darwiana è un processo che tende a premiare gli organismi che presentano vantaggi per la
sopravvivenza, ma questo non significa che essi siano ottimi in senso assoluto, e men che meno, che il processo
dell’evoluzione abbia un’inevitabile tendenza verso il meglio.
Possiamo fare due osservazioni.
Le mutazioni che portano alla nascita di individui con caratteristiche vantaggiose rispetto ad altre sono opera del caso.
Esse non si producono in vista di uno scopo. Osserviamo che le mutazioni che si sono prodotte fin da ora nel corso
dell’evoluzione sono una parte di tutte le mutazioni che si possono verificare nei genotipi degli organismi viventi. Nello
spazio genetico, esistono tante forme di vita, questi organismi esistono grazie alla selezione naturale, i geni.
Dall’altra parte, nella seconda osservazione, il fatto che gli organismi esistenti siano il frutto di un processo di selezione
naturale passata non li rende necessariamente adatti alle condizioni di vita attuali.
Le caratteristiche selezionate, danno un vantaggio all’individuo, e che poi vengono passate alla prole e così via alle
generazioni future. Ma un certo punto non potrebbe essere più vantaggioso.
Facciamo l’esempio con un animale che ha la pelliccia folta che la tramanderà alla sua generazione, che beneficia di
questa caratteristica, fino a quando le condizioni climatiche non saranno immutate. Perché questo vantaggio si
trasforma in svantaggio.
Da queste due osservazioni, possiamo trarre la conclusione che, fra le altre forme di vita possibili ma non realizzate, ve
ne sono alcune più adatte a quelle che sono esistite, che e