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UNA PROFESSIONE ETICA
Nella società degli individui esistono emergenze che richiedono la
professionalizzazione degli insegnanti in particolare in due livelli:
- Per l'affermazione del soggetto
- Con il richiamo alla comunità locale impegnata a ricostruire il capitale
sociale
Gli insegnanti devono affrontare nuove sfide in termini di crisi della scuola (con
la caduta del programma istituzionale) e come istanza per un nuovo modo di
lavorare rispetto all'impossibilità di contenere le funzioni tradizionalmente
assegnate dalla Società degli Individui.
Gli insegnanti stanno prendendo coscienza della propria soggettività e di
possibilità di un lavoro più integrale di realizzazione personale. La figura
dell'insegnante viene rivestita di requisiti morali più che tecnici. L’ethos, ovvero
la morale che impregna di fatto le routine scolastiche, è una dimensione
costitutiva fondamentale e originaria e si attua nel relativa inconsapevolezza
degli insegnanti. Oggi bisogna rispondere ai bisogni di sviluppo della Società
degli Individui tramite la professionalizzazione degli insegnanti tramite una
ricomprensione dell'insegnamento come azione morale.
L'etica dell'insegnamento 13
Nelle filosofie della storia le questioni etiche venivano comprese se non
dissolte. Troviamo tracce della insorgenza della questione morale lungo tutto il
corso del ‘900 con Weber che sosteneva che non poteva essere quel tipo di
sapere a indicare quale fosse il comportamento giusto.
L'uso dei termini più elementari viene convenuto per evitare equivoci: morale
ed etica possono essere considerati sinonimi solo se accettiamo che di morale
si possa parlare in termini relativisti nel senso che ogni epoca e ogni cultura
hanno una loro etica.
La morale ha il compito di prescrivere le norme e regolamentare i diversi ambiti
della vita umana, si intende le regole, principi e valori che si traducono in
pratiche di vita.
Per etica si intende invece la teoria che si occupa della morale.
La deontologia è una nozione a cavallo tra le due.
Proprietà di un'etica dell'insegnamento
Requisiti per rappresentare l'azione di insegnare:
- Insegnamento come azione: l'azione è l'oggetto di indagine privilegiato
delle scienze umane e questa opzione va vista come possibilità di
integrare gli elementi costitutivi dell'insegnamento. Senza il riferimento
al sapere, il rapporto educativo non avrebbe senso e la relazione stessa
tra insegnante e alunno non avrebbe modo di scandirsi come processo di
autonomizzazione.
- Insegnamento come mediazione: non è possibile giustificare una
plausibile teoria degli effetti ovvero di stabilire una concatenazione di
interventi capaci di valere come determinazioni efficaci del passaggio da
una situazione di partenza a una di arrivo. I tempi di accertamento
possono essere lunghi e fuori portata di ogni controllo diretto.
L'insegnamento è un’attività ben più complessa di un lineare processo
causativo ed è un'azione che si propone di contribuire a un processo, ma
l’esito è perseguibile solo a condizione che il soggetto in apprendimento
riesca a produrlo su se stesso. La mediazione è quindi un processo di
solidale interazione.
- Insegnamento come negoziato continuo e latente che vede l'alunno co-
protagonista capace di esprimere strategie efficaci. L'idea di autorità
educativa va rivista e ripensata in termini di potere.
- L'insegnamento è azione di scuola e anche l'espressione della collettività
degli insegnanti. L’insegnante non opera mai individualmente: spesso i
conflitti di valore che dividono gli insegnanti e i dilemmi si concludono
non a vantaggio dei diritti degli alunni.
Etiche dell'insegnamento
Conviene guardare all'insegnamento come azione in un sistema unificato di tre
elementi. Tale azione è una relazione di tipo causativo per la quale il buon
insegnamento potrebbe essere ricostruito a partire dai suoi effetti. Non basta
l'insegnamento perché si ottenga l'apprendimento: si può apprendere anche
senza insegnamento e viceversa. In ogni caso è l'apprendimento che giustifica
l'esistenza dell'insegnamento e la fatica che comporta.
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Il conflitto epistemologico è studiato in termini naturalistici (=indagine delle
cose del mondo fisico) opposta a coloro che affermavano le esigenze di
esaminarla secondo categorie distintive. Si aggiunge anche la concezione
motivazionale che riconduce l'azione ai motivi per la quale si compie. Gli
approcci si occupano di quello che precede e di quello che segue e la
dissonanza tra i modelli teleologici e motivazionali e quelli naturalistici
dall’altra, risiede nel ricorso che i primi fanno al soggetto agente. Questa
situazione ha generato due tipi di etiche:
- I modelli naturalistici, ovvero corrispondenti alla didattica per obiettivi e
programmazione creano l’etica consequenzialista che consiste nel
valutare il “buon insegnante” come colui che ottiene i risultati migliori.
L'etica deontologica mira invece a codificare le attività didattiche in tutti i
loro aspetti. Questa visione porta a osservare gli effetti perversi della
valutazione quali la riduzione dell'insegnamento degli aspetti valutabili,
ovvero quelli visibili e superficiali.
- L'etica normativa idealizza una retorica del sublime facendo ricorso agli
ideali societari e alle figure parentali con programmi di insegnamento
indicativi. Nell'ambito pratico vige il criterio “così, e non anche altrimenti”
e non le leggi universali per le quali vale il criterio opposto “così, e non
altrimenti”. Non esiste un modo unico e necessario per realizzare un
intervento ma ce ne sono molti. Il rapporto tra finalità e obiettivi non è di
tipo deduttivo, ma inferenziale: ci possono essere azioni simili con finalità
diverse e ad ogni operatore bisogna consentire spazi di libero
movimento. Oggi si auspica l’emancipazione degli insegnanti e non
uniformarli a profili assoluti.
Etica della “responsabilità”
L'etica dell'insegnamento la possiamo identificare come etica della
responsabilità. La responsabilità come principio morale è quello che Hans Jonas
individua per fondare un'etica per la civiltà tecnologica. Questo offre tutte le
risorse teoriche per definire le proprietà di un'etica adeguata ai problemi di
sviluppo dell'educazione post-moderna. Il principio di responsabilità di Weber e
Hegel è inteso nell'etica educativa come un'etica dell'esemplarità in cui
l'insegnante era tenuto a essere esigente con se stesso e non dare adito alle
critiche. Questo non valeva solo nell'ambiente professionale, ma investiva
globalmente la vita.
Il concetto è definito tramite tre attributi:
- Lo status: i genitori sono responsabili dei loro figli minorenni
- La capacità: essere in grado di intendere e volere
- L'obbligo: render conto dei propri atti nella misura in cui il soggetto ne è
l'autore.
Il termine responsabilità ha una connotazione di tipo giuridico di natura sia
contrattuale che delittuale. La responsabilità giuridica postula una relazione fra
uguali in cui il soggetto si trova fra pari e l'uno può essere tanto aggressore
quanto vittima. Quando al contrario la responsabilità fa la sua comparsa nella
riflessione etica, l'altro si configura in termini di fragilità e siamo dinanzi a
un’antropologia asimmetrica che versa in una condizione di vulnerabilità. Alla
base della conoscenza c'è l'incontro con l'altro ovvero al principio c'è l'etica.
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L'idea di Jonas è fare della responsabilità il fondamento stesso di una nuova
concezione dell'etica.
Ha sottolineato il radicamento dell'etica nell'attività perché l'uomo è un essere
morale e possiede la capacità di provare motivi profondi che lo spingono ad
agire. Per Jonas il principio di responsabilità è prioritario e prende le distanze
dagli orientamenti dell'etica moderna. La responsabilità morale mostra un
soggetto che si sente responsabile della cosa che esige e reclama la sua
azione. Il principio della responsabilità si radica sull’asimmetria della relazione
con l'altro rappresentato dalla sua precarietà.
L'uomo è naturalmente inculturabile e gli adulti sono tenuti a sentirsi obbligati
da questo divenire restituendo quello di cui sono debitori.
C'è un'implicazione del principio di responsabilità che Derbolav individua come
l'autorevolezza: l'autorità deve essere determinata oggettivamente e
l'educatore non rappresenta se stesso ma qualcosa di oggettivo. L'insegnante
si fa tutore degli oggetti culturali. L'educatore deve prendere partito per il
bambino e non può essere risparmiata la rigorosa esigenza o pretesa
dell'oggetto. Entrando in rapporto con questo mondo egli può elaborare la sua
soggettività.
La responsabilità morale degli insegnanti è il compito specifico perché non
deve essere solo agente morale ma anche impartire insegnamenti relativi allo
stesso sapere morale.
Etica e diritto
La morale prescinde dalla proclamazione dei diritti dell'infanzia. La paura non è
debolezza e non comporta la perdita di lucidità, ma è il sentimento che induce
attenzione e vigilanza: è un timore disinteressato, è rifiuto delle utopie e
priorità segnata a ciò che è più debole. Etica della responsabilità e un'etica
della prudenza.
L'obbligazione morale deriva dalla libera decisione di sentirsi garante. La
responsabilità morale si dà perché è possibile ignorare l'appello che proviene
dall'altro: la presa in carico di un bambino è circoscritta al tempo e al luogo.
Etica e libertà
L'opzione per il principio di responsabilità corrisponde ai requisiti richiesti
dall'insegnamento come azione morale. L'insegnamento non è di tipo causale
mentre l'etica della responsabilità mira ad autenticare l’intrinseca moralità
dell'azione di insegnare. L'etica della responsabilità offre la considerazione
dell'incertezza dei riferimenti così come la centratura sul soggetto richiesta
dall'educazione moderna riflessiva.
Quella che conta è la corrispondenza rispetto ai requisiti che denotano
l'oggetto di riferimento: l'azione di insegnare. C'è