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COSTITUZIONE E ISTITUZIONE DEL SOGGETTO
Questa relazione fiduciale generativa, lega tra soggetti: padre-madre e figlio.
Padre e madre generano il figlio e, proprio perchè il figlio viene posto come “altro” rispetto a loro l'atto generativo del
figlio si afferma come atto istitutivo della relazione che in principio ha solo in loro i soggetti attivi, e nel figlio il soggetto
passivo che patisce/riceve se stesso e la relazione che lo costituisce come dono totalmente gratuito.
Il TU è dunque più antico dell'IO per il quale la relazione precede la comunicazione (posso parlare perchè sono stato
generato.
Proprio perchè il figlio è “altro”, non è in loro potere esclusivo mantenerlo in vita. L'eccedenza ontologica dell'essere si
comunica alla precarietà dell'esistere, benché sia loro fermo proposito che egli non muoia.
Da un lato quindi vi è la trascendenza ontologica dell'essere e dell'esserci del figlio rispetto alle sue cause naturali,
padre e madre dall'altro lato però è innegabile che quel figlio non sarebbe quel figlio
se non fosse stato concepito e portato all'esistenza da quel padre-madre.
Come riconosco che è un altro rispetto a me? → grazie alla generazione che è un atto istintivo della relazione.
ATTIVAZIONE DELLA SOGGETTIVITA'
Il potere dei genitori si rivela anche come istitutivo dell'esercizio storico della soggettività del figlio.
Difatti il sorgere dell'AUTOCOSCIENZA non è ella disponibilità del soggetto che diverrà autocosciente: perchè la
coscienza divenga autocoscienza, deve essere messa al mondo.
Sta quindi all libertà del tu irrompere nella coscienza dell'io e formarla all'esperienza, rendendo possibile la sua
autonomia.
Il soggetto inizialmente non può opporre resistenza alcuna all'azione del tu (principio di non contraddizione).
Solo in seguito quando in lui sapere e volere saranno in atto, il soggetto potrà chiudersi o aprirsi ulteriormente alla
realtà.
Così l'asimmetria e la diacronia delle coscienze è il dato oggettivo che impedisce di pensare il riconoscimento/
interlocuzione come un dato sincronico (nello stesso tempo/spazio e alla pari) tra coscienze già costituite nella sintesi di
spirito sussistente o di comunicazione fattuale.
Nel concreto “chiamare per nome” è l'atto identico al dare la vita.
Dall'impenetrabile mistero, il figlio è portato alla luce, con il sigillo del nome impostogli come segno della sua unicità
irripetibile e con il chiamare che lo desta e lo rende capace di accoglienza del reale.
La nuova identità umana non si costituisce quindi come una sostanza autofondata o come una facoltà di sintesi, ma è
dissepolta dal desiderio di padre/madre che si struttura come riconoscimento e come appello-vocazione.
Il figlio è riconosciuto non come semplice frutto naturale della generazione, ma come partecipe della stessa dignità di
padre/madre.
Con questo appello-vocazione padre-madre devono assegnare al figlio il compito personale di lasciare lo stato naturale
per entrare in quello umano, ovvero al loro nato devono conferire il potere di divenire figlio cioè devono attivare in lui la
capacità di decidere da sé, perchè sia finalmente capace di appropriarsi del loro nome/potere divenendo così loro erede,
a loro simile e insieme autonomo ( → autopossesso posseduto).
–
Rossi Federica feder.rossi@hotmail.it
RELAZIONE GENERATIVA E LOGOS
Conoscere significa “concepire” in virtù di una forza oggettiva e il frutto del concepimento intenzionale sta nel soggetto e
lo trasforma.
Ma ciò che per primo è conosciuto dal bimbo non è oggetto neutro ma è il soggetto che lo istituisce, cioè lo attiva e lo
avvia a compimento → il figlio viene quindi inserito nel dramma della vita.
Tuttavia se il figlio fosse completamente immerso nel fiume della storia, non si darebbe né la possibilità del giudizio
critico della storia vissuta né la possibilità di porre in atto in modo autentico il nuovo.
Consta invece che il figlio stupisca madre-padre producendo fatti nuovi e apprendendo a costruire la sua narrazione.
Perciò il principio del conoscere non è in balia di un soggettivo potere d'essere o non essere nella verità, poiché la
coscienza è aperta alla luce dal primo logico, che annienta il contraddittorio processo all'infinito che vanifica ogni
scienza.
Per questo la relazione generativa è posta nel logos (ordine logico delle cose) ma non è in equazione con il logos
che in essa si manifesta nella sua trascendibile trascendentalità.
Come padre-madre sono causa istitutiva ma non causa prima costitutiva dell'identità del figlio, così essi
attivano ma non costituiscono la coscienza e l'autocoscienza.
DAL SORRISO AL GIUDIZIO → Il primo riconoscimento del figlio all'appello di padre-madre è il sorriso, che avviene con la
nascita della conoscenza. In seguito il figlio esercita il “giudizio”, ossia il luogo dello spirito nel quale si fa la verità nel
senso dell'appropriazione consapevole della realtà. Ma il giudizio non si fa solo con la ragione, ma anche con la volontà.
La ragione può essere definita ragione-ascolto (ragione dialogica che mediante l'obbedienza al tu può comprenderne la
parole e farla propria) o ragione-volontà (che conosce per dimostrazione e mira al dominio della cosa).
–
Rossi Federica feder.rossi@hotmail.it
L'APPRENSIONE INTELLETTIVA DELL'ENTE
L'ente è principalmente colui che partecipa all'essere (ente=è qualcosa, è questo).
Per capire meglio la questione ci serviamo di alcune parole di Tommaso d'Aquino:
“Ciò che per primo in modo quasi notissimo l'intelletto concepisce e nel quale ogni altro concetto si risolve, è l'ente.
Da ciò consegue che tutti gli altri concetti dell'intelletto si formino mediante addizione all'ente.”
Per quale motivo solo „in modo quasi notissimo“?
→ i primi principi esercitano la loro funzione propria, anche quando noi non siamo coscienti della loro presenz
spirito
→ si può acquistare coscienza dei principi e si può anche perdere questa coscienza
Il primo dei principi è proprio l'ente, ma si deve tenere conto che:
Non è in potere della nostra volontà libera conoscere o non conoscere l'ente
Noi conosciamo l'ente spontaneamente, in modo del tutto naturale.
L'intuizione intellettiva dell'ente si forma “prima di ogni volere e sapere”.
“L'ente è il primo oggetto concepito dall'intelletto” → è impossibile conoscere l'esistere di una cosa senza
contemporaneamente conoscere la sua essenza e viceversa.
Ma l'ente non è un oggetto conosciuto in modo molto confuso, bensì è
intensità viva, è un essere colpito da un”essenza” che ha messo
in atto la sua conoscenza.
Perciò dire che l'ente è il primo conosciuto non significa in senso cronologico, ma significa affermare che l'ente è il primo
senso ontologico e logico, cioè è primo nell'ordine del reale e del conoscere: è ciò che vi è di più fondamentale nella
realtà e nella nostra mente.
L'uomo è di per se un “oggetto materiale” (oggetto che si offre alla nostra conoscenza) ma nel frattempo è anche un
“oggetto formale” (è il modo in cui si realizza la sua conoscenza, ossia le forme che può assumere mentre io lo conosco).
Ciò che contraddistingue l'uomo, è la sua capacità di conoscere e concepire l'ente in quanto tale.
Affermare che l'ente è l'oggetto primo e formale dell'intelletto umano, significa affermare che l'oggetto che specifica,
che plasma, che dà forma all'intelletto non sono né i generi, né le categorie, ma è ciò che di più universale esiste, ossia
l'ente.
“L'uomo è potenzialmente capace di infinito” → Ciò significa che l'uomo sarebbe in grado di conoscere tutto. Infatti
l'ente è oggetto formale che fa passare dalla potenza all'atto la nostra conoscenza.
Grazie alla conoscenza intellettiva dell'ente:
A contrario dell'animale, l'uomo è caratterizzato dalla “apertura universale” alla totalità dell'essere grazie
all'apprensione intellettiva dell'ente.
L'uomo inoltre può porre domande, e ciò in quanto conosce non solo con i sensi, ma conosce simultaneamente
con l'intelletto: afferra il concetto di strada.
Proprio perchè l'uomo conosce l'ente e l'ente è il suo oggetto formale primo, egli trascene la prowspettiva, ossia
è liberato dallo spazio e dal tempo e dalle proprie sensazione. Può quindi “mettersi nei panni degli altri” e
conoscere il punto di vista di altri uomini.
Dire che l'ente è l'oggetto formale primo del nostro conoscere spiega il progresso della conoscenza (conoscere un ente
significa essere abilitati alla potenziale conoscenza di tutti gli enti, ma ciò non è certo) e l'errore (l'uomo non è finito né
perfetto ed è la volontà che obbliga l'intelletto a vedere come vero ciò che non lo è).
Di conseguenza, l'ente è l'oggetto adeguato all'intelletto umano (= è l'oggetto formale del nostro conoscere)
–
Rossi Federica feder.rossi@hotmail.it
→ San Tommaso sostiene che poiché l'ente è il primo concepito, tutti gli altri concetti dell'intelletto si addizionano ad
esso.
Ma in realtà essi sono già inseriti nell'ente (es: ente=casa; concetti=solida; se io dico “questa è una casa”, l'intelletto
riconosce questo ente già con questi concetti).
“L'ente è trascendentale” → Esso contiene in atto tutte le differenze (specificitä), che non si aggiungono
dall' esterno, ma sono esplicitazioni di ciò che è l'ente (in modo estensivo,
ossia si predica di tutti secondo il modo dell'universalità, e in modo
comprensivo, si predica di tutto il soggetto).
“L'ente è trascendentale analogico“ → Vi sono diversi modi di precazione (es: univoca= un termine con
un solo significato; equivoca= un termine con più significati); l'ente predica in modo
analogico, ossia quando un termine è detto in parte in modo uguale e in parte in
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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