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 FONTI ESTERNE DI FINANZIAMENTO

Costituiscono, in senso stretto e lato, dei debiti, e a questa categoria appartengono capitale di rischio, di

credito e i debiti di regolamento. Le tre fonti esterne di finanziamento presentano varie differenze.

Il capitale di rischio, conferito da titolare e soci, costituisce appunto un rischio per chi lo conferisce,

poiché in caso di perdita d’esercizio o di liquidazione dell’azienda si può tagliare parzialmente o

completamente, senza essere recuperato. Per di più, non garantisce neanche remunerazioni a meno che

non si decida di distribuire gli utili dell’azienda, ma così facendo si trascurano potenziali incrementi di

fattori produttivi.

Il capitale di credito conferisce un rischio parziale, dato che i creditori sono tutelati giuridicamente

grazie ad eventuali rimborsi nel caso l’azienda sia impossibilitata a restituire i prestiti. A differenza dei

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mezzi propri, questo tipo di capitale ha solitamente una scadenza, abbinata a tassi d’interesse che

rappresentano i “costi” del prestito, oltre che al piano di rimborso delle liquidità.

I debiti di regolamento, al contrario dei precedenti, non si concretizzano con un influsso di denaro,

bensì ritardano il deflusso di denaro per l’azienda. De facto, il fornitore sta “prestando” soldi

all’azienda grazie al pagamento dilazionato, anche se questa comporta a volte un inserimento di

interessi impliciti, che si presentano sotto forma di “prezzo maggiorato”.

La scelta della composizione delle fonti esterne di finanziamento deve essere regolata in base alla

capacità dell’azienda di soddisfare il proprio fabbisogno, ma allo stesso tempo deve sia agire sulla

durata dei tre cicli che badare all’equilibrio economico-finanziario, in modo tale che il compromesso

che si trova risulti conveniente.

Per questo motivo investimento e finanziamento devono essere sincronizzate ed interconnesse;

un’operazione di finanziamento è generalmente presa in considerazione solo quando si presenta una

conveniente occasione di investimento, ma non è detto il contrario. Un altro criterio riguarda

l’intoccabilità dell’autonomia gestionale, che non persiste se si ricorre a numerosi capitali di credito

rispetto a quelli di rischio, dei quali bisogna trovare un equilibrio.

 FONTI INTERNE DI FINANZIAMENTO

Le fonti interne di finanziamento, come affermato anche da Giovanni Ferrero, non sono altro che i

ricavi di vendita o altri ricavi complementari. Non a caso, questo tipo fonti è denominato anche

“autofinanziamento” perché rimarca il concetto che sia stata l’azienda stessa a generarli con la sua

produzione.

L’autofinanziamento è volto a coprire, in maniera parziale o totale, i costi d’esercizio causati dalla

produzione. Si parla di autofinanziamento lordo per indicare la fonte che è proprio utilizzata per coprire

questi costi, mentre i ricavi in eccedenza, in caso di utile, sono detti autofinanziamento netto.

I costi calcolati nell’autofinanziamento netto costituiscono unicamente i costi monetari, cioè quelli che

hanno avuto manifestazione numeraria nel periodo, e non sono quindi inclusi i costi non monetari quali

ammortamento o accantonamento. Il calcolo dell’autofinanziamento netto, per questa ragione si può

eseguire sia in maniera indiretta, quindi aggiungendo i costi non monetari agli utili, o direttamente,

contando solo i costi puramente monetari.

L’utilità dell’autofinanziamento netto costituisce la chiave per il funzionamento di un’azienda, e grazie

ad esso può rimborsare prestiti senza rinunciare ad altri investimenti in corso, né tantomeno ricorrere a

fonti esterne per attuare nuovi investimenti, i quali sono elementi importantissimi per conseguire

l’autonomia finanziaria. 18

Esiste poi un altro tipo di autofinanziamento, denominato “autofinanziamento in senso stretto”, il quale

è costituito dal fondo di riserva che l’azienda costituisce e custodisce nel capitale in forma di liquidità

al netto dei costi non monetari e dei dividendi spartiti tra i soci.

PARTE 2, CAPITOLO 5

L’analisi quantitativa delle condizioni di economicità

L‘economicità come sintesi delle condizioni di equilibrio aziendale

Le condizioni di economicità, già enunciate in capitoli precedenti, e delle quali tra poco si studieranno i

tratti in modo più esplicito e dettagliato, costituiscono dei pezzi di un sistema unitario, che se

perseguite guidano la gestione dell’azienda, anch’essa unitaria verso la durevolezza e l’autonomia. La

gestione, in base alla condizione di equilibrio, può essere osservata da punti di vista diversi ma

interconnessi.

La condizione di equilibrio monetario

Condizione che esprime la capacità dell’azienda di far fronte ai pagamenti accordati, che siano di

investimento, restituzioni di capitale di credito e così via. Inevitabilmente, questa condizione dipende

dai movimenti di liquidità, cioè alle entrate e uscite dalle casse aziendali.

Una caratteristica molto importante che l’azienda deve rispettare è quella di solvibilità, deve essere

quindi capace, secondo un’analisi delle proprie liquidità, di fronteggiare i pagamenti a breve termine.

In modo tale da definirsi solvibile, l’azienda deve sincronizzare i periodi di flussi e deflussi monetari;

così facendo, sarà in possesso di liquidità sufficiente per adempiere ai propri impegni di pagamento. La

mancata sincronizzazione dei due flussi può comportare squilibri potenzialmente dannosi per l’azienda,

se non fatali.

Osservando queste conseguenze, è bene che l’azienda monitori assiduamente i propri flussi e deflussi

monetari, sia in senso statico che dinamico, il tutto con strumenti specifici.

La programmazione della condizione di equilibrio monetario si concretizza con la compilazione del

budget di tesoreria, che raggruppa tutti i costi e tutti i ricavi, che sottratti forniranno il fabbisogno di

finanziamento da ricoprire (con fonti esterne, anticipi da clienti, pagamenti a dilazione, …).

Questo strumento, che in base al periodo analizzato comprenderà valori di natura differente (bollette,

affitto, buste paga se di breve, fiscali, rimborsi o pagamenti di interessi nel lungo), viaggia di pari passo

con il rendiconto finanziario, il quale si occupa di tracciare ogni movimento di liquidità avvenuto

durante un esercizio, e che va redatto per legge così come il bilancio.

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Il budget di tesoreria contiene ogni movimento di liquidità in ordine cronologico giornaliero, in modo

tale da poter tempestivamente ricorrere a crediti da terzi per poter adempiere alle spese senza

pregiudicare lo stato di salute dell’azienda.

La condizione d’equilibrio monetaria non è di per sé sufficiente, seppur necessaria, perché non implica

a priori che la disponibilità di liquidità determini la sostenibilità delle operazioni in ambito causale,

quindi finanziario e reddituale.

La condizione di equilibrio finanziario

Il primo equilibrio, aggiunto a quello di equilibrio finanziario, viaggiano di pari passo. Un

bilanciamento di fonti ed impieghi non implica a priori che si detenga la disponibilità monetaria per

pagare le spese in scadenza, magari perché negli impieghi risiede poca liquidità e tanti fattori

produttivi. Per definizione, la condizione di equilibrio finanziario certifica che l’azienda sia in grado di

soddisfare il fabbisogno finanziario dato dagli investimenti in attesa di realizzo, e dipende quindi dalla

costituzione di fonti e impieghi del capitale, che devono essere perciò monitorati.

In un’ipotesi non realistica, questo equilibrio sarebbe già rispettato in un aspetto dinamico, se solo i

ricavi coprissero tutti i costi inclusi a partire dalla fase di costituzione, ma ottenere ricavi, anticipi da

clienti o dilazioni da fornitori di portata così grande sono rari. Proprio per questo si fa affidamento a

fonti di finanziamento esterne come modalità di copertura, e per adempiere ai pagamenti.

La verifica dell’equilibrio finanziario, alla luce di quest’analisi, richiede una duplice interpretazione,

monetaria e causale, del proprio capitale, che prende forma con la contabilità generale.

La condizione di equilibrio economico

Anche questa condizione è profondamente interconnessa con le due precedenti, e si raggiunge quando

si riesce a remunerare tutti i fattori produttivi necessari al conveniente svolgimento della gestione.

Come conseguenza, l’azienda deve sviluppare una quantità dei ricavi maggiore a quella dei costi, solo

così facendo può raggiungere una prospettiva di autosufficienza e durevolezza nel tempo.

Costi e ricavi concorrono direttamente a movimenti di liquidità e fabbisogno di finanziamento, così

come i flussi/deflussi di denaro e le fonti di finanziamento costituiscono essi stessi dei costi o ricavi di

competenza economica.

Certo è che la prevalenza dei ricavi sui costi, a breve termine, non è sinonimo di durabilità autonoma,

perché lo scenario inverso non costituisce una minaccia per la salute dell’azienda, che deve comunque

farsi carico di trovare il problema e risolverlo il prima possibile. Il discorso cambia se lo scenario stesso

permane a lungo termine, perché potrebbe portare alla bancarotta dell’azienda.

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La mancanza di equilibrio reddituale, quindi costi > ricavi, nel breve termine, ma abbinato a un buon

equilibrio finanziario e monetario non rappresenta una minaccia perché l’azienda può ricorrere a

dilazioni di pagamento, crediti o smobilizzo di capitali. Se neanche quello finanziario non fosse

rispettato, l’azienda ne risentirebbe così tanto da non poter far altro che chiudere.

Le start-up, ad esempio, o comunque le aziende appena fondate hanno quasi sempre i costi maggiori ai

ricavi, non rispettando quindi le condizioni di equilibrio economico, ma essendo questa una condizione

a lungo termine si può fare il necessario per sopperire ai costi.

Le condizioni interne e d’ambiente che favoriscono il perdurare

dell’azienda

Efficienza

L’efficienza è la capacità dell’azienda di combinare con razionalità i propri fattori produttivi. In termini

tecnici, è la capacità di saper produrre, a parità di input, il massimo output a parità di input, oppure, a

parità di output, lo spreco del minimo input.

L’esigenza di agire in modo efficiente e senza sprechi nasce in Italia simultaneamente al Boom

economico degli anni ’60 assieme agli studi di contabilità analitica, progresso che incise modo tale da

abbattere i costi di produzione a livello generale, e parallelame

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Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gabr_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Sassari o del prof Ezza Alberto.
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