PROTEZIONE GIURIDICA DELLE ACQUE
Per i fiumi pubblici, esisteva una tutela interdittale specifica, il de fluminibus interdictum,
che proteggeva l’uso generale del fiume (navigazione, pesca, utilizzo delle acque) e le opere
di derivazione, purché non ostacolassero la navigazione. La derivazione delle acque poteva
avvenire per: • Concessione pubblica,
• Uso prolungato nel tempo (longa vetustas).
Anche per le acque private esistevano tutele giuridiche, come l’actio aquae pluviae
arcendae, introdotta già in epoca decemvirale, per regolare il flusso naturale delle acque
piovane e impedire che i proprietari di terreni vicini causassero danni modificandone il
corso.
CENTRALIZZAZIONE SOTTO GIUSTINIANO
In età tardo-antica, si affermò una gestione più centralizzata delle acque, in cui queste
venivano riconosciute come risorse di interesse collettivo. Secondo Marciano, quasi tutti i
fiumi e i porti erano pubblici (flumina paene omnia et portus publica sunt), e a tutti i cittadini
era garantito il diritto alla pesca nei fiumi e nei porti.
Questa evoluzione rafforzò la regolamentazione delle acque, rendendola più rispondente
agli interessi generali della produzione e dell’economia, contribuendo a migliorare la
produttività agricola e a contrastare l’abbandono delle terre improduttive.
nei Digesti giustinianei, si evidenzia l’importanza del rispetto per il flusso naturale delle
acque, sottolineando il divieto di interventi umani che potessero alterarne il decorso
naturale.
6. INTERVENTI DI BONIFICA DELLE ACQUE NEL MONDO ROMANO
I Romani affrontarono presto il problema delle acque stagnanti negli avvallamenti,
consapevoli dei rischi igienici e della necessità di pulire i corsi d’acqua per proteggere la
salute dell’ambiente. Anche se la lingua latina non aveva un termine equivalente a “bonifica”
(il termine bonum facere appare solo in documenti medievali), il concetto e la pratica erano
ben chiari. Gli antichi impiegarono molte risorse e tecniche per risolvere queste
problematiche.
In origine, motivi religiosi spingevano al rispetto delle acque stagnanti. Servio,
commentando Virgilio, racconta che gli abitanti di Camarina decisero di prosciugare una
palude vicino alla città, nonostante un divieto dell’oracolo di Apollo. Furono puniti, poiché il
terreno bonificato permise ai nemici di accedere facilmente alla città. 33
COMPETENZE TECNICHE E GIURIDICHE
• I Romani erano particolarmente abili nella bonifica delle paludi.
• Dal punto di vista giuridico, si distingueva tra interventi pubblici e privati.
La res publica, i municipi e le colonie intervenivano sempre su corsi d’acqua
pubblici o su terreni di proprietà statale.
TECNICHE DI BONIFICA
Nella centuriazione romana, si realizzavano sistemi di drenaggio e fossati di scolo (fossae
finales), descritti dagli agrimensori. Columella suggeriva tecniche come lo scavo di canali e
l’uso di materiali naturali, come guano di piccione e foglie di cipresso.
PROTEZIONI GIURIDICHE
Il pretore creò strumenti per proteggere la bonifica privata a beneficio del pubblico. Ad
esempio: • Interdetto de rivis: proteggeva la pulizia di rivi, condotti e recinti.
• Interdetto de fonte: tutelava la pulizia di fonti e pozzi.
IDEOLOGIA E GRANDI OPERE
Dal II secolo a.C., si sviluppò una vera “ideologia della bonifica”, con grandi opere pubbliche,
tra cui: • La Grotta Oscura, diga di protezione sul Tevere.
• Le bonifiche di Emilio Scauro nella Padania e quelle in Campania, come a
Minturnae, Cales, il Lago Patria e Paestum.
• Il prosciugamento del Fucino, ideato da Giulio Cesare e completato da
Claudio, che impiegò trentamila lavoratori per undici anni.
• I lavori di canalizzazione del Po sotto Augusto per bonificare le paludi di
Ravenna.
7. DISPUTE GIURISPRUDENZIALI SULL’INQUINAMENTO RURALE
Oltre alla bonifica, i Romani affrontarono anche problemi di inquinamento dell’aria,
dell’acqua e del terreno, spesso causati da attività umane come la metallurgia, le tintorie e
le concerie.
CAUSE DI INQUINAMENTO
• Chimico: provocato da lavandai, tintori e industrie metallurgiche.
• Batterico: derivante dall’uso di feci umane e animali come fertilizzanti. Le feci
erano raccolte e trasportate nelle campagne, spesso tramite la rete fognaria o
appositi carri, con regolamenti specifici che imponevano il trasporto notturno. 34
DIBATTITI GIURIDICI
Negli ultimi anni della Repubblica, si discusse su rimedi contro pratiche dannose:
• Trebazio sosteneva l’applicabilità dell’interdetto quod vi aut clam (per azioni
compiute contro la volontà del proprietario), anche senza danni concreti al fondo.
• Labeone, invece, riteneva che l’interdetto si applicasse solo in presenza di un
danno concreto (opus) e di un risultato tangibile.
Questa disputa sottolinea come l’attenzione fosse rivolta agli interessi privati più che alla
tutela ambientale generale.
CONSAPEVOLEZZA AMBIENTALE E INTERESSI ECONOMICI
I Romani conoscevano bene le caratteristiche del terreno, del clima e delle acque, ma queste
conoscenze erano usate per scopi privati. Catone, nel De agri cultura, raccomandava terreni
in aree salubri, esposti a sud e vicini alle città. Columella e Varrone ribadivano questi
consigli, sottolineando l’importanza di evitare terreni malsani per salvaguardare il raccolto
e la salute dei lavoratori, spesso schiavi.
8. CENTRI URBANI E PROBLEMI AMBIENTALI
Gli interessi della collettività furono gravemente danneggiati soprattutto nei centri abitati.
Un elemento chiave dell’inquinamento dell’aria e del suolo fu la cattiva organizzazione delle
città, caratterizzate dalla presenza di pozzi neri e fogne a cielo aperto, oltre alla mancata
rimozione di cadaveri e carcasse di animali.
L’IMPEGNO DEI GRECI PER CITTÀ SALUBRI E GRADEVOLI
In Grecia, già nell’antichità, si capì che l’urbanizzazione poteva influire negativamente
sull’ambiente, sia in termini di salute che di qualità della vita. Per questo motivo, i Greci
cercarono di rendere le loro città pulite e piacevoli, con interventi estetici come
l’installazione di fontane e piante.
LA GESTIONE DELL’ACQUA IN GRECIA
In Attica, dove l’acqua era scarsa, il problema della protezione e distribuzione delle risorse
idriche fu affrontato con decisione. Le città greche adottarono norme specifiche per regolare
l’uso dell’acqua, come ricordato da Platone ne Le Leggi. Ad esempio:
• Era vietato deviare corsi d’acqua per usi privati.
• L’acqua pubblica era regolamentata da leggi severe. Solone stabilì che chi abitava
entro 700 metri da un pozzo pubblico poteva usarlo liberamente; altrimenti,
doveva provvedere scavando sul proprio terreno. Se non avesse trovato acqua
fino a una profondità di 15 metri, avrebbe potuto riempire due brocche al giorno
da un pozzo vicino. 35
Un’importante norma vietava di lavare panni o gettare sporcizia nei corsi d’acqua. Dal IV
secolo a.C., un funzionario speciale, l’epiméletes tòn krenòn, si occupava di ispezionare e
proteggere le fonti d’acqua.
ALTRE MISURE PER L’IGIENE E LA SICUREZZA
• Astynomoi: funzionari che garantivano l’ordine cittadino, vietando ad esempio lo
scarico di immondizia vicino alle mura o costruzioni che ostacolassero le strade.
• Stabilimenti maleodoranti (come i caseifici) dovevano essere costruiti fuori dalle
città.
• Mercati controllati da ispettori, chiamati agoranomoi, per verificare la qualità dei
cibi.
9. SPECULAZIONE EDILIZIA E DEGRADO URBANO: IL CASO DI ROMA
A Roma, il paesaggio urbano si deteriorò gravemente rispetto a quello greco, a causa della
crescita disordinata e della speculazione edilizia.
LE REGOLE URBANISTICHE DELLE XII TAVOLE
In epoca arcaica, Roma adottò norme precise per l’edilizia, simili a quelle greche. Le XII
Tavole prevedevano che:
• Tra edifici si lasciassero distanze minime per evitare litigi e facilitare il deflusso
delle acque.
• Non si costruissero muri in comune tra proprietà.
• Si rispettassero distanze per piante e pozzi, per motivi di sicurezza e culto.
Queste regole venivano applicate per limitare danni da incendi e crolli. Tuttavia, dopo
l’incendio gallico del 387 a.C., Roma si ricostruì in modo caotico. Si costruirono case
ammassate in strade strette e con materiali di scarsa qualità, spesso ignorando le antiche
regole.
LE INSULAE E LA CRESCITA DISORDINATA
Durante la Repubblica e l’Impero, si diffusero abitazioni chiamate insulae, palazzi multipiano
costruiti velocemente per ospitare una popolazione in crescita. Questi edifici erano spesso
insicuri, alti e sovraffollati, privi di acqua e di servizi igienici adeguati. Vitruvio denunciò l’uso
di materiali scadenti per risparmiare, mentre Plinio criticò la scarsa qualità delle costruzioni,
spesso causa di crolli.
PROBLEMI IGIENICI E MALATTIE
Il sovraffollamento portò gravi problemi di inquinamento urbano. 36
• Le cloache, pur avanzate per l’epoca, non erano sufficienti per l’intera città,
causando miasmi e malattie.
• I pozzi neri contaminavano il terreno e il Tevere, peggiorando la situazione
igienica.
• Ricorrenti epidemie di peste, come quella del 65 d.C., provocarono moltissimi
morti, secondo quanto riportato da Tacito.
TENTATIVI DI MIGLIORAMENTO
Alcuni interventi cercarono di migliorare la situazione:
• Durante l’Impero, furono estesi gli acquedotti e costruite nuove cloache.
• Norme come l’editto de effusis vel deiectis obbligavano a risarcire i danni causati
da oggetti caduti dalle finestre.
10. LA TUTELA GIURIDICA DEL SISTEMA FOGNARIO NELLA ROMA REPUBBLICANA
GLI INTERVENTI DEL PRETORE: SALUTE PUBBLICA E FUNZIONAMENTO DELLE
FOGNE
Il pretore, secondo quanto riportato da Ulpiano, si occupò di proteggere la salute pubblica
con interdetti volti a garantire la manutenzione e la pulizia delle cloache, fondamentali per
evitare l’inquinamento dell’aria e del suolo. Questo era necessario poiché una cattiva
gestione delle fognature rendeva l’ambiente insalubre.
• Interdetti de cloacis:
Proibitorio: vietava di ostacolare la riparazione delle cloache private, garantendo
o il corretto funzionamento dei collettori domestici.
Restitutorio: obbligava a ripristinare le condizioni originarie delle cloache
o pubbliche se danneggiate o ostruite.
In alcuni casi, il pretore negava l’interdetto uti possidetis, consentendo l’accesso a una
proprietà privata per riparare le fognature, purché non si arrecassero
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