ROMANA
Fascicolo di preparazione
all’esame
Anno Accademico 2024-2025, II
semestre
1
CAPITOLO 1
LEGE AGERE
IL
LEGE AGERE
1. CARATTERI DEL
Nel diritto privato romano delle origini, improntato a un inflessibile formalismo sviluppatosi nell’ambito di una
cultura a oralità primaria che non conosceva ancora l’uso della scrittura, la produzione di effetti giuridici dipendeva
certa verba
dalla pronuncia di parole determinate (i ) talora accompagnata dal compimento di gesti solenni
rigorosamente prestabiliti.
Nell’ambito di un’esperienza giuridica che non conosceva ancora la distinzione fra diritto privato e diritto pubblico né
lex (lego,
quella fra diritto sostanziale e diritto processuale, il sostantivo λέγω > dire) indicava una pronuncia
solenne produttiva di effetti giuridici e non, come in seguito, un atto normativo dotato dei caratteri della
lex publica populi Romani
generalità e dell’astrattezza, come era la votata dalle assemblee popolari su proposta di un
ago (aio
magistrato. Nell’età più antica anche il verbo > dire, affermare) esprimeva l’idea della pronuncia di una
formula orale e solenne produttiva di effetti giuridici nell’ambito di un terreno ancora indifferenziato. Su tale
terreno, infatti, non si distingueva ancora il campo processuale dal campo negoziale. Lo stesso può ripetersi per il
actio ago. legis actio
sostantivo , derivante dal verbo In origine, dunque, l’espressione non indicava uno strumento
lege
di natura esclusivamente processuale, ma una pronuncia orale e solenne produttiva di effetti giuridici. Il
agere che aveva luogo sul terreno oggi considerato processuale costituisce la forma di tutela apprestata agli albori
della storia giuridica di Roma ai soli cittadini romani per far valere situazioni giuridiche soggettive. A tal proposito la
fonte guida è rappresentata dal quarto commentario delle Istituzioni di Gaio, che ne parla in prospettiva storica.
lege agere
È bene precisare subito che il non costituiva una procedura unitaria. Si trattava piuttosto di diversi riti
in usu habere
dei quali ci si poteva servire, tanto che Gaio ne discorre in termini di (avere in uso). Egli si riferisce
legis actiones modi agendi
alle antiche contenziose discorrendo di modi di agire ( ), con ciò lasciando intendere che
lege agere
con essi potevano farsi valere varie azioni, riconducibili a uno dei cinque modelli enumerati: il
sacramento lege agere per iudicis arbitrive postulationem lege agere per condictionem lege agere
, il , il , il
per manus iniectionem lege agere per pignoris capionem legis actiones,
e il . Tutte le antiche con l’eccezione di
per pignoris capionem, rex
quella dovevano svolgersi sotto il controllo di un’autorità che in origini doveva essere il
iurisdictio:
e, in età repubblicana, un magistrato fornito di a cominciare dal 367 a.C., il pretore. Il mancato rispetto del
rito comportava la perdita definitiva della lite per colui che avesse commesso il minimo errore. Per tale ragione nel
legis actiones
rito delle le parti in causa si facevano assistere dai giuristi - in età più antica dalla giurisprudenza
pontificale - che conoscevano i formulari e suggerivano loro come procedere. A causa di questo esasperato formalismo,
lege agere agere per sponsionem
a partire da età preclassica al si affiancò dapprima un che rappresentò il ponte di
passaggio verso un altro tipo di procedura basato sull’impiego della scrittura e fruibile anche dai non cittadini,
agere per formulas
denominato .
modi agendi lege agere sacramento lege agere per manus iniectionem
I più antichi erano il , il e le applicazioni
lege agere per pignoris capionem
più antiche del , di cui sono del tutto incerte le origini, risalenti a un periodo
lege agere per iudicis arbitrive
precedente all’emanazione delle Dodici Tavole. In seguito furono introdotti anche il
postulationem lege agere per condictionem
, già noto in età decemvirale, e infine il , che risale verosimilmente al III
agere, legis actiones
sec. a.C. Benché non si trattasse di una forma unitaria di bensì di cinque diversi riti, le contenziose
(lege agere
presentavano alcuni tratti comuni. Può dirsi che alcune di esse avevano carattere dialogico
sacramento, lege agere per iudicis arbitrive postulationem, lege agere per condictionem ). Le altre, che assolvevano a
(lege agere per manus iniectionem lege agere per pignoris capionem
una funzione esecutiva e ), prevedevano la
pronuncia di parole determinate da parte dell’attore soltanto.
modi agendi lege agere sacramento
I due esecutivi avevano una struttura monofasica. Anche se per il può
modi agendi
ipotizzarsi una primitiva struttura unitaria della procedura, in età storica i tre dichiarativi avevano una
struttura bipartita. Essi si articolavano infatti in due distinte fasi, il cui spartiacque era rappresentato da un
iurisdictio.
importante rito, che richiedeva la necessaria presenza di entrambe le parti innanzi al titolare di Questo
litis contestatio
momento, detto , consisteva in un’invocazione solenne di testimoni, i quali, in caso di contestazione,
litis contestatio
avrebbero potuto dare atto del compimento del rito. Dal compimento della derivavano importanti
effetti, quali l’instaurazione della controversia e l’irripetibilità della lite fra le stesse parti (anche a ruoli invertiti)
e per lo stesso oggetto, a prescindere dall’esito del precedente giudizio. Questo antico principio era compendiato nelle
bis de eadem re ne sit actio
parole (non vi sia azione due volte con riferimento alla medesima controversia).
litis contestatio, in iure
La prima delle due fasi della controversia, culminante nella si svolgeva , ossia innanzi a un
iurisdictio: rex
titolare di in origine il e, con l’avvento dell’età repubblicana, un magistrato o un promagistrato. La
apud iudicem
seconda fase si svolgeva , ossia innanzi a un giudice privato, che aveva il compito di emanare la
lege agere per pignoris capionem lege agere
sentenza. Con l’unica eccezione del , il poteva avere luogo soltanto in
die fasti die nefasti,
alcuni giorni del calendario romano, detti . Negli altri giorni, non era consentito l’esercizio della
iurisdictio rex tria verba (do, dico, addico)
e il o il magistrato non potevano pronunciare i che ne costituivano
espressione.
Legittimati a stare in giudizio erano soltanto i cittadini romani che avessero piena capacità giuridica e di agire.
lege agere per pignoris capionem (actor),
Tranne che nel , oltre alla presenza in giudizio dell’attore ossia della parte
(reus).
che aveva assunto l’iniziativa processuale, era necessaria anche quella del convenuto Per questo scopo l’attore
in ius
doveva intimare al convenuto di seguirlo immediatamente in giudizio mediante un apposito atto privato, la
vocatio (chiamata in giudizio), le cui modalità erano regolate in modo puntuale dalle XII Tavole. Se interveniva un terzo
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vindex
in qualità di , purché della condizione economica e sociale richiesta, il convenuto non era tenuto a seguire in
giudizio l’attore. iurisdictio,
Assicurata la presenza del convenuto innanzi al titolare della costui prendeva parte attiva al rito, in
presenza di tre fiaccole, nel comizio o nel foro. Nell’ipotesi in cui fosse stato necessario predisporre un rinvio, il
(vadem dare) vadimonium
convenuto doveva fornire un garante che con un’apposita promessa solenne, detta ,
avrebbe assicurato la sua ricomparsa in giudizio in un luogo e in un giorno determinati. Altrimenti, l’organo con
iurisdictio avrebbe verificato la sussistenza dei presupposti richiesti per agire: per esempio che le parti fossero di
condizione libera, cittadini romani e non sottoposti ad altrui potestà; oppure che la pretesa dell’attore potesse farsi
modi agendi.
valere con uno dei cinque In seguito a tale verifica egli stabiliva se autorizzare la prosecuzione della lite,
actionem dare legis actiones
provvedendo a concedere l’azione ( ) e, nel caso di dichiarative, a nominare un giudice
iudicem dare
privato ( ) innanzi al quale avrebbe avuto luogo la seconda fase della controversia. In assenza di tali
rex
presupposti o quando l’azione appariva illegittima il o il magistrato giusdicente potevano arrestare la prosecuzione
actionem denegare
della controversia, rifiutando di concedere l’azione ( ).
modi agendi (lege agere sacramento, lege agere per iudicis arbitrive
Nei tre con funzione di accertamento
postulationem lege agere per condictionem) litis
e la seconda fase della controversia era successiva alla
contestatio (ante meridiem)
e si svolgeva sempre prima di mezzogiorno nel luogo concordato dalle parti innanzi al
iurisdictio.
giudice privato designato dall’organo fornito di In mancanza di un accordo in tal senso essa aveva luogo nel
comizio o nel foro. Se uno dei due contendenti non si fosse presentato prima di mezzogiorno, la controversia doveva
essere decisa in favore della parte presente. Ove entrambe le parti in causa fossero state presenti, invece, la causa
andava decisa prima del tramonto del sole. (iudex unus),
È ragionevole credere che nella maggioranza dei casi la decisione fosse rimessa a un giudice unico il
quale doveva essere un cittadino romano: in età più antica, forse un senatore, a partire da età graccana anche un
appartenente all’ordine dei cavalieri. In taluni casi, invece, si aveva un giudice collegiale. Una volta riassunti
sinteticamente e in modo informale i termini della controversia innanzi all’organo giudicante dal punto di vista di
causam conicere; causam coniectio peroratio
entrambi i contendenti ( ), si passava alla , nella quale ciascuna delle
parti in causa o un oratore, che avrebbe parlato per loro conto gratuitamente, avrebbe esposto le proprie ragioni
lege agere sacramento in rem
adducendo le prove che le sostenevano. Tranne che nel , nel quale non vi era una
distribuzione dei ruoli processuali fra un attore e un convenuto, l’onere della prova gravava sull’attore. La prova
(testes),
doveva essere quella fornita da testimoni in quanto il contesto culturale delle origini era ancora condizionato
dall’oralità.
Le XII Tavole, del resto, stabilivano una serie di regole relative all’obbligo di prestare testimonianza e alle
relative sanzioni. A differenza di quanto avviene oggi, l’assunzione e la valutazione delle testimonianze non era
disciplinata da criteri prestabiliti dalla legge. Nel contesto di una prova che poteva considerarsi globale, peraltro, le
dichiarazioni rese in giudizio dai testimoni non si limitavano a fornire elementi utili alla decisione sul piano
tecnico, ma servivano a corroborare, approvandola, la posizio
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