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UNA BREVE STAGIONE DI POTERE

Druso e il sangue di Tiberio

1.

Dopo la morte di Augusto, non soltanto il senato, ma anche il popolo ebbe chiaro come, rispetto al volere dell’ultimo

Augusto, tutto concentrato su Germanico, Tiberio non avrebbe trascurato le aspettative di suo figlio Druso. Certo,

imperium

Germanico non poteva essere pretermesso, e infatti il senato gli aveva prontamente conferito un nella stessa

seduta in cui Tiberio era divenuto principe.

Anche Druso, però, avrebbe finalmente avuto occasioni di maggiore visibilità che in passato. La designazione al

consolato per l’anno 15 d.C., innanzitutto. Poi, nondimeno, l’immediato invio a sedare la rivolta delle legioni schierate

in Pannonia. Tutto nasceva da una serie di rivendicazioni dei soldati, che sopraggiunsero però in un momento

storico in cui la tenuta stessa del principato poteva essere messa a repentaglio. In Pannonia Druso era arrivato avendo

al proprio fianco un uomo in seguito destinato a diventare un suo grande avversario e causa della sua morte: Lucio

Elio Seiano. Sedata la rivolta, Druso aveva fatto rientro a Roma già prima della fine dell’anno, dove lo attendevano i

fasci consolari. Ne ricavò un pubblico elogio da parte del padre, che si andò a intrecciare con le lodi intessute per

Germanico. Quello per Druso fu “un discorso più breve, ma più commosso e sincero”, annota Tacito.

ludi

Di Druso Tacito ricorda anche un altro particolare: in occasione dei offerti in onore di Germanico, per i successi da

questi conseguiti contro le tribù germaniche, Druso mostrò di “godere pazzamente alla vista del sangue, anche se era

sangue di poco valore; una cosa che faceva paura al popolo”. Il che avrebbe suscitato anche fermi rimproveri di Tiberio.

Ma in generale i giudizi sul giovane Druso non sono tanto lusinghieri. Anche Cassio Dione lo descrive come

“violentissimo e crudelissimo, al punto che le spade più affilate sarebbero state ribattezzate “drusie”. È possibile che

tale tradizione, ostile a Druso, servisse a tratteggiare a tinte fosche anche Tiberio, attraverso critiche alla sua progenie.

Attenendosi però strettamente ai fatti, certo è che l’anno del consolato fu segnato per Druso dalla morte del primo

figlio maschio. Un episodio caratterizzato anche dalla reazione di Tiberio, che non interruppe alcuna delle sue

regolari attività perché non avrebbe ritenuto giusto astenersi dalla cura degli affari pubblici per propri interessi privati.

È possibile che con questa vicenda si intrecci quella di un primo, grave attrito fra Druso e Seiano, che proprio in

quell’anno era rimasto l’unico prefetto al pretorio. Cassio Dione registra infatti nel 15 l’insorgere del conflitto fra i due,

che sarebbero venuti alle mani, colpendosi reciprocamente. L’episodio è reiterato dalla tradizione anche nel 20 e poi

nel 23, il che denuncia una palese disparità di posizioni fra i due, probabilmente motivata dall’ambizione di Seiano

all’ascesa politica e sociale cui Druso opponeva una reazione dettata dalla consapevolezza del proprio rango.

Oltre Germanico

2.

Terminato il consolato, quello che a Druso mancava era una solida esperienza militare. Fu per questa ragione che,

imperium

nel 17 d.C., Tiberio decise di inviarlo in Illirico, assicurandosi che gli venisse conferito un modellato su quello

da ultimo conferito a Germanico nel 14 d.C. La competizione fra i due vedeva però Germanico sempre innanzi a Druso.

In ogni caso, Druso fu sempre concorde con il fratellastro, nonostante questi costituisse il suo principale rivale nella

contesa per la successione a Tiberio. Ma se per Augusto la linea di successione era stata chiara (prima Tiberio, per

necessità, poi Germanico, per le “ragioni del sangue”, in futuro, la prole di questi), Tiberio si poneva in una posizione di

imparzialità. Non ostacolava (almeno formalmente) Germanico, faceva crescere Druso e dichiarava di “non volere

domus

decidere fra i due”. Druso e Germanico erano insomma le forze giovani di una che dominava Roma e,

attraverso gli eserciti, un territorio vastissimo, articolato e per molti versi fiorente.

Il 19 d.C. fu l’anno della morte di Germanico: Druso, come atto di pietà fraterna, era tornato brevemente in Italia ed

era andato incontro al corte funebre per abbracciare la vedova Vipsania Agrippina. Ritornato prontamente in Illirico

iustitium,

dopo la fine del Druso incontrò poi Gneo Pisone. Druso si sottrasse così ai tentativi di Pisone di guadagnarlo

alla propria strategia difensiva. Poche settimane dopo fece rientro a Roma, con l’intenzione di essere presente al

dibattimento in senato del processo contro Pisone, che si protrasse lungo tutto il corso dell’anno. Tiberio,

adoperatosi per ottenere la condanna di Gneo Pisone, e dopo aver rotto l’amicizia con lui, era riuscito a defilarsi

rispetto alle voci che lo volevano come mandante, quantomeno morale, della morte di Germanico.

Era trascorso il tempo del lutto. Arrivava dunque il momento di costruire, intorno a Druso, la tanto attesa successione.

Nel 21 d.C. Druso rivestì un secondo consolato, avendo come collega proprio suo padre Tiberio. Quest’ultimo scelse di

defilarsi, trasferendosi per alcuni mesi in Campania in modo che Druso affrontasse da solo la responsabilità della

magistratura. Druso, in quel momento unica vera opzione dinastica, si mostrò in questo secondo consolato più

competente e moderato che in passato: tutte qualità presto apprezzate dai senatori.

Druso cessò però dal consolato in corso d’anno, forse in aprile, in ragione di una malattia: le sue condizioni di salute

non dovevano essere incoraggianti. Il poeta Clutorio Prisco, che già aveva scritto un carme funebre per Germanico,

iniziò addirittura a comporne uno per Druso. Ma il giovane guarì e Clutorio fu prontamente processato in senato e

condannato alla pena capitale per lesa maestà. L’episodio determinò peraltro uno strappo del senato con Tiberio, che

patres

contestò ai di non averlo consultato prima di mandare a morte un uomo in fin dei conti fedele al principe. Da

allora si stabilì che eventuali condanne a morte deliberate dal senato dovessero essere sottoposte a una ratifica del

principe entro dieci giorni. Questo provvedimento sopravvisse sino a età tardoantica; la sua emanazione determinava,

però, nei fatti, la piena subordinazione del senato al principe in materia di repressione criminale.

15

16

Il “collega” del principe

3.

Sul principiare dell’anno 22 d.C., i tempi erano maturi affinché Tiberio rompesse gli indugi e tentasse di costruire anche

cursus honorum

sul piano formale l’opzione di successione dinastica per Druso, eccedendo il tipicamente repubblicano.

imperium

Sicché, se il conferimento dell’ a Germanico e a Druso era stato funzionale al riordino delle diverse province,

adesso - per la prima volta - Tiberio pensava a ricalcare gli schemi già applicati da Augusto, avviando una procedura

tribunicia potestas

che sfociasse nel conferimento a Druso della . La richiesta di Tiberio precisava che sino a quando

Germanico era stato in vita il principe non si era risolto a scegliere fra il proprio figlio adottivo e il figlio naturale; adesso

raccomandava al senato Druso perché sulla scorta dell’esempio di Augusto non vi fossero dubbi sulla successione.

D’altra parte, affermava Tiberio, Druso era sposato, aveva tre figli e una esperienza di otto anni nella gestione della

cosa pubblica. Queste dichiarazioni di Tiberio non colsero di sorpresa il senato; infatti, i senatori avevano previsto il

contenuto del discorso.

senatus consultum tribunicia

Di certo vi è che un non era sufficiente a completare la procedura di conferimento della

potestas. Da studi relativamente recenti si sa infatti che era necessario che il procedimento si perfezionasse a seguito

comitia tribuniciae potestatis

dei , ossia una assemblea popolare convocato per votare una legge che attribuiva

formalmente la potestà tribunizia. Uno schema del resto destinato a replicarsi anche per il conferimento dei poteri ai

cuncta principibus solita

successivi principi, ossia di quelli che Tacito avrebbe poi definito i , ossia tutti i poteri tipici

senatus consultum

dei principi, con un al quale avrebbe fatto seguito l’approvazione di quella che poi nell’immaginario

lex regia quae de imperio lata est

di un giurista come Ulpiano sarebbe stata definita .

tribunicia potestas

In conclusione, occorre distinguere fra designazione senatoria alla e definitivo conferimento

dies comitialis.

comiziale, nel Campo Marzio, in occasione dei

Seiano, amori e veleni

4. tribunicia potestas

Dell’esercizio della da parte di Druso si sa ben poco. Di certo egli gestì questo potere in modo

quasi effimero, per poco più di un anno. Come già si è accennato, contro di lui, Lucio Elio Seiano mosse una

polemica. Seiano, pur di rango equestre, era in posizione di indiscusso rilievo: era l’unico prefetto al pretorio, e

praetoriani

dunque a capo, senza contrappesi, del corpo d’élite posto a difesa del principe, i . Questi avrebbero

costituito un gravame ineludibile negli avvicendamenti da un principe all’altro. Seiano non voleva però soltanto

condizionare i conferimenti del potere imperiale, ma ambiva a conseguirlo in prima persona.

Come s’è detto, Seiano era stato al fianco di Druso sin dai tempi della rivolta sedata in Pannonia. Al ritorno era stato

associato alla prefettura al pretorio, di cui divenne presto l’unico capo. Questa condizione di assoluto potere,

sorretta da una sfrenata ambizione, lo aveva portato a puntare al principato. La sua politica non era però

senatorii.

completamente ostile agli ambienti Egli tentava anzi di avvicinarsi a questi attraverso una accorta strategia

matrimoniale. Dall’altra parte, Seiano cercava di rendersi indispensabile agli occhi di Tiberio.

Nel 23 d.C., il prefetto al pretorio diede dunque l’avvio alla propria scalata al potere. A seguito di questa sua condotta

“arrembante” avrebbe suscitato le ire di Druso e nel corso di un diverbio i due sarebbero persino venuti alle mani.

Poiché Druso costituiva evidentemente un ostacolo alle sua ambizioni di potere, Seiano incominciò a minarne la rete di

relazioni più stretta: quella degli affetti. Secondo le nostre fonti, avrebbe sedotto Livilla, la moglie di Druso, che era

considerata al tempo “una delle donne più belle di Roma”. Dopo averla conquistata, dapprima mosse la sventurata

contro il marito, poi la indusse ad avvelenarlo. E intanto, nel frattempo che il piano prendeva forma, Seiano continuò a

insinuarsi presso Tiberio, fino a divenirne il più stretto e ascoltato consigliere.

Ma il primo, necessario obiettivo restava

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Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

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