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CAPITOLO QUINTO

I DIRITTI REALI

67. Le cose. - Negli odierni diritti continentali «cosa» è qualsiasi porzione del mondo reali, idonea ad esser oggetto di

res

un diritto patrimoniale: nello stesso significato i romani usavano il termine . Le classificazioni delle cose, che noi

tuttora utilizziamo, risalgono in parte direttamente ai Romani ed in parte alla dottrina medievale e alla pandettistica. In

ius quod ad res pertinet res in nostro patrimonio extra

Gaio la trattazione del si apre con la distinzione fra ed

nostrum patrimonium in commercio

, mentre nelle fonti, si è riscontrata anche la contrapposizione fra cose ed

extra commercium . Su questa base, la dottrina procede ad un’articolata costruzione, coordinando le due

in commercio extra

classificazioni: una cosa è , in quanto sia idonea ad esser oggetto di rapporti giuridici privati, ed

commercium res in patrimonio

nel caso contrario; le sono, invece, quelle su cui è in atto un diritto di proprietà (il

in commercio), res extra patrimonium

che presuppone che siano mentre sono quelle per cui ciò non accade o perché

extra commercium)

non idonee ad esser oggetto di diritti soggettivi dei privati (e quindi o perché, pur essendo in

res nullius.

commercio, non hanno attualmente un proprietario, sono cioè Per Gaio, tuttavia, la più generale

summa divisio res divini humani iuris.

classificazione sulle cose (la ) è quella fra ed

res divini iuris res sacrae

Le , non idonee ad esser oggetto di rapporti giuridici privati, si distinguono in e

 religiosae, res sanctae. Res sacrae

cui il giurista avvicina poi le sono soprattutto i templi, ma anche le cose

ex auctoritate populi Romani. Res religiosa

mobili destinate al culto pubblico e consacrate era il luogo

res sanctae

destinato al sepolcro. Le sono le mura e le porte della città poste sotto la diretta protezione degli

dèi. res humani iuris res privatae publicae. res privatae

Fra le è fondamentale la distinzione fra e Le sono

 res publicae populus

quelle oggetto di rapporti giuridici privati, mentre le sono quelle di cui è titolare il

Romanus.

res publicae res in usu publico

Le possono adempiere a varie funzioni: le , in uso comune, (vie e piazze

cives res publicae

pubbliche), sono soggette all’immediata utilizzazione dei in quanto tali; vi sono che servono

a scopi tipici dello stato (armi); e si hanno infine le cose sfruttate dallo stato nella loro potenzialità economica,

l’ager publicus.

come res privatae res mancipi res

Nell’ambito delle , Gaio presenta due partizioni di grande rilievo: quella tra e

nec mancipi res corporales res incorporales. res corporales

e quella tra e Le sono quelle che esistono nel

quae tangi possunt res

mondo materiale, (“che si possono toccare”): un fondo, uno schiavo. Alle

incorporales manca una tale esistenza (non si possono toccare), in quanto si tratta di situazioni giuridiche

soggettive: l’eredità, l’usufrutto, le obbligazioni.

Nel mondo romano non ha molta importanza la distinzione fra cose mobili ed immobili. Cose mobili sono quelle che

possono esser trasportate, da un luogo all’altro, senza che ciò intacchi la loro funzione economico-sociale. Cose

immobili sono le porzioni della superficie terrestre e tutte le cose inscindibilmente inserite in essa. Dal medioevo ai

tempi nostri, la distinzione ha avuto, e in parte mantiene ancora oggi una grande rilevanza, dato che le cose immobili

costituivano quelle di maggior valore economico-sociale. Ad una tale funzione assolveva, nell’esperienza romana

res mancipi nec mancipi. res quae

arcaica, la contrapposizione fra e Già nelle fonti romane si trova la categoria delle

pondere numero mensura constant (a senso: “cose che adempiono alla loro funzione economica in quanto

vengano pesate, numerate, misurate”). Sono le nostra cose fungibili, in contrapposizione alle cose infungibili. Le

prime rilevano, sul piano socio-economico, in quanto appartengono ad un genere e di esse si determini la misura,

mentre le seconde adempiono la loro funzione nella loro concreta individualità, come cose di specie: un fondo, una

casa, uno schiavo, un dipinto. Connessa con la precedente è la distinzione fra cose consumabili, come i viveri e le

bevande, e cose inconsumabili, come una casa: le seconde ammettono un’utilizzazione ripetuta, impossibile per le

prime. Si distinguono, poi le cose divisibili ed indivisibili: queste ultime non possono esser divise in parti materiale

senza esser distrutte o perdere in modo rilevante di valore; esse sono giuridicamente divisibili, perché si può avere, su

di esse, una contitolarità per quote ideali. Si distinguono, infine, le cose fruttifere e le cose infruttifere. Le prime

producono periodicamente nuove cose, i frutti naturali, senza che ciò esaurisca la cosa madre. Le seconde sono tutte le

altre.

68. I diritti reali e la proprietà. - I diritti reali, ivi compresa la proprietà, dal lato passivo comportano, in quanto

diritti assoluti, solo un dovere negativo degli altri consociati. Nel loro ambito si contrappongono la proprietà, che ne

rappresenta la completa espressione, e le altre figure, che vengono dette diritti reali su cosa altrui, limitati, parziari o

speciali. La proprietà, infatti, come signoria di diritto su una cosa si distingue per il carattere omnicomprensivo dei

poteri attribuiti al titolare, che non sono positivamente determinati, ma soltanto circoscritti attraverso i limiti negativi

(iura in re aliena)

posti all’esercizio del diritto stesso. I diritti reali parziari su cosa altrui adempiono, invece, ad una

funzione specifica, conferendo al titolare poteri positivamente delimitati, anche se talora, come nell’usufrutto, di

portata molto ampia. Fra di essi si distinguono i diritti reali di godimento e di garanzia. I primi assicurano al

titolare un vantaggio dall’uso di una cosa altrui o dal divieto imposto al proprietario della stessa di esercitare qualcuno

dei suoi poteri; i secondi vincolano la cosa altrui al soddisfacimento di un credito. duplex

Alla metà del II sec. d.C., Gaio constata l’esistenza nell’ordinamento romano di due forme di proprietà, un

dominium in bonis habere

: la proprietà quiritaria e l’ . In effetti la non unitarietà delle forme di appartenenza

dovette esser presente sin dall’età arcaica, se noi accettiamo l’esistenza, accanto alla proprietà individuale, di

forme di signoria gentilizia sulla terra. Mentre certamente si delineò ben presto un altro dualismo costituito dalla

possessio vel usufructus dell’ager publicus.

proprietà privata e Più tardi ancora s’avrà un’altra distinzione tra la

proprietà quiritaria e la disponibilità dei fondi provinciali. Lasciando da parte la c.d. proprietà gentilizia, la proprietà

pater familias

individuale dei singoli risale alla monarchia latina, ed ha già per oggetto anche gli immobili. Si è

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sostenuto, in vario modo, che la disponibilità assoluta sulle cose in epoca arcaica fosse diversamente strutturata

dominium ex iure Quiritium

dal più recente , in quanto esse avrebbe avuto carattere “potestativo”, onde sarebbe

pater familias in

stata ricompresa nel più vasto ambito di un potere unitario del sulle cose e sulle persone libere

potestate, mancipium

cui viene prevalentemente dato il nome di , ma per il quale non si riesce, in realtà, a trovare

nelle nostra fonti alcuna specifica denominazione. Al di là dell’assenza di un nome, di tale potere unitario non v’è una

sicura traccia: nelle fonti antiche manca, del resto, la prova che i romani avvertissero qualche differenza fra la proprietà

dominium ex iure Quiritium

della tarda repubblica e del principato e quella delle XII Tavole. La disciplina del è stata

interpretatio

solo marginalmente interessata dalla legislazione romana, essendosi evoluta essenzialmente attraverso l’

prudentium. in bonis habere

Agli interventi del pretore si deve inoltre la creazione dell’ , la proprietà pretoria o dominio

dominium ex iure Quiritium ius honorarium.

bonitario, l’equivalente del sul piano del

69. L’«ager publicus» e la proprietà provinciale. Gli sviluppi postclassici. - Già all’inizio della repubblica

esistevano fondi su cui l’ordinamento romano non esercitava soltanto la sovranità, ma di cui disponeva anche dal

ager publicus populus.

punto di vista economico: l’ , nella signoria del Esso poteva venire “privatizzato” mediante la

divisio et adsignatio centuriatio

procedura della , preceduta dalla sistemazione fondiaria del territorio, la : una

parcellizzazione che avveniva tracciando un reticolo di rette parallele a due assi cartesiani. Questa operazione dava

agri limitati limites agri limitati

origine ai c.d. , separati dai , che servivano normalmente per la pubblica viabilità. Agli

agri arcifinii

si contrapponevano gli , in cui i fondi venivano direttamente a confinare l’uno con l’altro. Ma buona parte

ager occupatorius

di queste terre pubbliche, lungi dall’essere redistribuite in piena proprietà, era in genere, come ,

lasciata al libero impossessamento da parte dei privati (originariamente solo patrizi). Non sono molto chiare le

dell’ager occupatorius

modalità della fruizione , anche se alle origini essa non doveva comportare il pagamento di

vectigal possessiones

un (e cioè di un’imposta). Tali erano revocabili, ma, di fatto, lo stato raramente esercitava tale

potere, tanto che, quando venne riaffermato con la riforma agraria di Tiberio Gracco, ne seguì una violenta

reazione. Dopo queste e altre vicende, la proprietà fondiaria in Italia trovò un assetto definitivo all’inizio del

principato e l’esito del lungo processo storico fu una forte estensione della proprietà privata ed un incisivo

dell’ager publicus.

ridimensionamento solum Italicum,

Il territorio delle province non si trova nella stessa condizione del in quanto, ove non sia lasciato

civitas peregrina

nella piena disponibilità di una libera od autonoma di fatto, esso è oggetto non soltanto della

sovranità, ma anche di un diritto all’utilizzazione economica da parte dello stato romano. Gaio dice che la proprietà era

provinciae

del popolo romano o del principe a seconda che si trattasse di amministrate dal senato o dall’imperatore.

aerarium fiscus

Anche in provincia v’erano fondi che l’ od il utilizzavano mediante affitti a breve termine e fondi che

venivano lasciati nella disponibilità dei privati contro il pagamento dell’imposta: questi ultimi erano l’oggetto della c.d.

praedia tributaria stipendiaria

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Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

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