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Cap. 2: L’irragionevole negazione della legittimazione del figlio minore ad
accedere alle informazioni sui genitori biologici
2.1 Negazione del diritto di accesso del minore alle informazioni sui genitori biologici
(art. 28, comma 4, l.183/83): anacronistica e distonica applicazione della logica
“rimediale” tipica dell’incapacità legale
Le informazioni concernenti l’identità dei genitori adottivi biologici possono essere
fornite ai genitori adottivi; esercenti di responsabilità genitoriale, su autorizzazione del
tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi(salute).
L’informazione deve essere preceduta da un’adeguata preparazione e assistenza del
minore. L’accesso autonomo alle informazioni sui genitori biologici da parte del figlio
minore è precluso, affidandone la legittimazione ai genitori adottivi.
2.2 La tendenza di sistema al riconoscimento del potere di autodeterminazione del
minore rispetto ad interessi e situazioni non patrimoniali. Autodeterminazione del
minore in ambito familiare
Per quanto riguarda la disciplina dell’adozione è previsto l’ascolto del minore che abbia
compiuto il dodicesimo anno di età, e talora anche prima ove si riscontri capacità di
discernimento, in vista dell’eventuale determinazione dei servizi sociali circa il suo
affidamento temporaneo ad altra famiglia, il minore è chiamato ad esprimere il proprio
consenso all’adozione, ma anche in casi come in decisioni tra contrasti insorti dei
genitori, nella scelta del tutore. A 14 anni ha il potere di iniziativa per l’impugnazione
del riconoscimento per difetto di veridicità, può esprimere assenso affinchè il
riconoscimento del genitore produca effetto, ha il diritto di chiedere che venga
nominato un curatore speciale che promuova l’azione di disconoscimento della
paternità. A 16 anni può farsi autorizzare dal Tribunale per i minori a contrarre il
matrimonio, può riconoscere i propri figli e può vanificare l’impugnazione del suo
matrimonio proposta dai suoi genitori.
2.3 Autodeterminazione del minore e salute
La volontà del minore ha un ruolo cruciale nelle scelte riguardanti la sua salute, intesa
come completo benessere fisico, mentale e sociale. Le scelte in questione incidono
sulla vita e l’integrità psico-fisica della persona, i suoi valori, le sue idee, la biografia,
la biologia; l’identità. 2.3.1 Le coordinate sovranazionali
Secondo l’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, “gli
Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere
liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa”. L’art. 6 della
Convenzione sui diritti dell’uomo e della biomedicina, dopo aver previsto la necessaria
autorizzazione all’intervento sanitario da parte del rappresentante nell’ipotesi in cui il
minore non abbia la capacità di esprimere il proprio consenso, sancisce che “il parere
di un minore preso in considerazione come fattore sempre più determinante, in un
funzione della sua età e del suo grado di maturità”. Il regolamento UE, 5 aprile 2017,
n. 746, il quale disciplina il profilo del consenso alla partecipazione ad eventuali studi
sull’impiego di dispositivi medico-diagnostici in vitro, nel caso interessino minori
prescrive la necessaria “procedura di acquisizione del consenso informato in una
forma adeguata alla sua età e maturità intellettiva” (art. 61, comma 1, lettera h).
Dunque, a livello sovranazionale vi è una propensione a riconoscere alla minore
autonomia decisionale, in ambito di trattamenti sanitari, proporzionata alla sua
concreta capacità valutativa e decisionale.
2.3.2 Personale accesso della minore alla interruzione volontaria della gravidanza
L’art. 12, comma 1, della legge IVG, non prevede alcuna limitazione d’età, ma ritiene
necessaria la richiesta personale e individuale di accesso al trattamento. Nel caso di
minore d’età si prevedono forme di “integrazione” da parte “di chi esercita sulla donna
stessa la responsabilità genitoriale o tutela” (art.12, comma 2) o l’autorizzazione del
giudice tutelare laddove, nei primi 90 giorni, sussistano “seri motivi che impediscono o
sconsigliano la consultazione delle persone esercenti la responsabilità genitoriale, o
queste rifiutino il loro assenso. Non è richiesta l’autorizzazione giudiziale qualora il
medico “accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute
della minore di 18 anni” (art.12, comma 3). La normativa tende a salvaguardar la
scelta personale della gestante anche minore di età.
2.3.3 Personale richiesta di intervento del minore in caso di tossicodipendenza
Il potere autonomo di iniziativa è riconosciuto al minore d’età anche rispetto alla
richiesta di interventi diagnostici, terapeutici e socio-riabilitativi previsti per il caso di
tossicodipendenza. L’art. 120, comma 1, del d.p.r. 309/1990 sancisce che “chiunque fa
uso di sostanze stupefacenti e di sostanze psicotrope può richiedere al servizio
pubblico per le dipendenze o ad una struttura privata autorizzata, di essere sottoposto
ad accertamenti diagnostici e di eseguire un programma terapeutico e socio
riabilitativo, qualora si tratti di persona minore di età o incapace di intendere e di
volere, la richiesta di intervento può essere fatta anche da coloro che esercitano su di
lui la potestà parentale o la tutela”. L’autonoma valutazione compiuta dal minore
rispetto alla propria salute, la legge considera sufficiente la sua personale
determinazione e iniziativa. Al figlio minore tossicodipendente è consentito richiedere
autonomamente un intervento terapeutico, riconoscendogli il potere di iniziativa a
tutela della propria salute fisica e della propria identità. Non è così per il figlio minore
adottivo nella ricerca delle proprie origini (considerato maggiorenne a 25 anni).
2.3.4 Sperimentazione che coinvolga un minore
La sperimentazione pediatrica non considera il consenso del minore un requisito di per
sé solo sufficiente a procedere al trattamento. La sperimentazione clinica in ambito
pediatrico annovera fra i requisiti di liceità del trattamento, il consenso informato del
rappresentante legalmente designato del minore. Il consenso informato deve essere
scritto, firmato e documentato, quale espressione libera e volontaria di un soggetto
della propria disponibilità a partecipare a una determinata sperimentazione clinica. La
prescrizione del consenso alla sperimentazione da parte del rappresentante legale
risponde all’obbiettivo di garantire massima tutela ai diritti del minore. Il minore è il
diretto destinatario delle informazioni sul trattamento, necessarie alla formazione di
un consenso consapevole, ottenute da sperimentatori qualificati ed esperti nel trattare
con i minori, con forma, linguaggio, e modalità comunicative, adeguati all’età e al
grado di maturità psicologica ed intellettiva del minore destinatario del trattamento.
Qualora il minore rifiuti di sottoporsi al trattamento, la sua volontà prevale su quella
dei genitori.
2.4 Irragionevolezza (a fortiori) del limite dei 25 anni e del requisito dei “gravi e
comprovati motivi” (art. 28, comma 5, l. 184/83)
Accesso alle informazioni sulle proprie origini a 25 anni, salvo motivi gravi e qualificati
(18 anni), previa autorizzazione del tribunale per i minorenni, che valuta che
“l’accesso alle notizie non comporti grave pregiudizio all’equilibrio psicofisico del
richiedente”. Tale disciplina posticipa l’esercizio del suo diritto di accedere ad
informazioni essenziali per la costruzione della sua stessa identità e per il pieno e
sereno sviluppo della sua personalità. Spesso l’accesso è tardivo rispetto alle pacifiche
scienze sociali che esortano alla più tempestiva rivelazione della verità nei confronti
del figlio minore.
Cap. 3: Diritto all’anonimato e diritto alla conoscenza delle proprie origini fra
principio identitario e solidaristico
3.1 Distinzione fra il diritto della madre di non essere nominata nell’atto di nascita
(art.30, d.p.r. n. 396/2000) e la scelta di restare anonima a seguito di interpello
(art.28, comma 7, l. ad.): profilo ontologico e funzionale
L’interpretazione dominante riserva alla madre la parola definitiva alla possibilità per il
figlio di conoscere la sua identità. Tale operazione è considerata nella tutela del diritto
alla salute doppiamente mediato, garantendo alla donna che ha partorito la possibilità
di evitare atti tragici o lesivi. La scelta della madre di non essere nominata nell’atto di
nascita si colloca temporalmente al momento del parto e incide sullo status filiationis,
determinando lo stato di adottabilità del figlio. La scelta di restare anonima a seguito
di interpello, la determinazione che la donna è chiamata ad esprimere dopo l’interpello
del figlio non attiene all’accertamento dello status filiationis, bensì alla rivelazione
della sua identità o del mantenimento della sua segretezza. Dunque, il potere con il
quale la donna, acconsentendo di rivelare o cristallizzando la segretezza dei propri dati
identificativi nei confronti del figlio biologico, esercita il proprio diritto alla riservatezza
e all’oblio. Incide sulla sfera giuridicosoggettiva del figlio investendo il diritto del figlio
alla conoscenza delle proprie origini, alla salute psicofisica, allo sviluppo della
personalità e al suo diritto all’identità.
3.2 Operatività del principio volontaristico.
La scelta della madre di non essere nominata nell’atto di nascita è inquadrata nel
principio volontaristico. La dottrina prevalente sottolinea come l’attribuzione della
maternità non consegua automaticamente al parto, bensì postuli in un atto di
iniziativa, dunque, si attribuisce alla madre la prerogativa di determinare o meno, al
momento del parto, la costituzione giuridica del rapporto di filiazione e dello status
corrispondente. La donna ha quindi il potere di compiere una scelta al momento del
parto e di incidere profondamente sulla sfera soggettiva propria e in quella del figlio
non riconosciuto tale.
3.3 Limiti alla libertà di “disporre” in ambito esistenziale
L’ordinamento riconosce alla madre l’inalienabile prerogativa di determinarsi e di
decidere in base ai propri diritti inviolabili, ai propri interessi, dunque secondo al
proprio volere. Il potere dispositivo riguardante situazioni soggettive immanenti alla
persona,