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La giurisprudenza costituzionale e la teoria del danno biologico
La stessa giurisprudenza costituzionale ora richiamata ha anche superato la teoria del danno biologico come danno evento, escludendo la sufficienza del mero fatto lesivo della salute e ribadendo la funzione della responsabilità civile come strumento destinato ad attivarsi soltanto in presenza di perdite di utilità personale di vita, relative appunto all'integrità psico-fisica dell'individuo.
Si è già visto che l'ultima evoluzione giurisprudenziale della categoria del danno biologico è quella che ne fa una componente della complessiva voce di danno non patrimoniale, pur con rilevanti peculiarità, in particolare, in materia di liquidazione.
Per la valutazione della consistenza di tali perdite assume un particolare rilievo l'accertamento medico legale. Ciò emerge anche da due recenti prese di posizione del legislatore in materia di danno biologico, la prima relativa al campo degli infortuni sul lavoro e delle malattie.
professionali (art. 13, d.lgs. n. 38/2000); la seconda relativa al risarcimento dei danni alla persona di entità non lieve e lieve (artt.138-139 cdass).
L'esigenza di pervenire ad una liquidazione del danno biologico il più possibile uniforme, nell'ambito del territorio nazionale e per evidenti ragioni di eguaglianza, è stata alla base di interventi della giurisprudenza della Corte di Cassazione che hanno affermato la generale utilizzabilità delle c.d. tabelle di liquidazione del danno biologico elaborate presso il Tribunale di Milano; tuttavia, anche sul punto si noia da ultimo, qualche punto di rimeditazione, avendo la giurisprudenza della Suprema Corte rilevato che - in taluni casi - le tabelle milanesi non appaiono in grado di soddisfare al meglio le esigenze di equità nella liquidazione che sidelineano in materia. Così, in particolare, per il danno da perdita del rapporto parentale - e cioè per il danno che possa lamentare chi
sia legato, alla vittima primaria di un illecito con esiti mortali o di lesioni gravissime, da un rapporto di parentela, affinità o da una relazione a questi rapporti equiparabile dal punto di vista dell'intensità, soprattutto se connotata dalla convivenza, - per il quale le tabelle milanesi non adottano il sistema del c.d. punto variabile, ma individuano semplicemente un minimo ed un massimo, peraltro fortemente variati. Il problema della uniformità e della certezza di liquidazione del danno non patrimoniale su tutto il territorio nazionale sarebbe verosimilmente risolto dall'adozione della tabella unica nazionale prefigurata dagli artt. 138 e 139 cdass. Il risarcimento del danno e la causalità giuridica Abbiamo visto che, in presenza dei requisiti individuati dalla legge sorge, a carico del responsabile, l'obbligo di risarcire il danno. Il problema successivo è rappresentato dalla delimitazione del danno risarcibile. A tal fine, ènecessario compiere una serie di operazioni logico-giuridiche, la prima delle quali consiste nel selezionare le conseguenze (in termini, appunto, di produzione di perdite) ascrivibili a quel determinato fatto illecito. È questo il problema della causalità giuridica, da non confondersi con quello della c.d. causalità in fatto, la quale investe, piuttosto, il piano dell'imputazione del fatto illecito ed è più prossima alla tematica del rapporto di causalità, così come disciplinato dal codice penale (artt. 40-41 c.p.). Ad es., se ferisco una persona, è un problema di causalità in fatto stabilire se il ferimento sia imputabile effettivamente a me e se lo sia sulla base del dolo o della colpa; rappresenta, invece, un problema di causalità giuridica stabilire se la mia condanna al risarcimento del danno debba limitarsi alle spese mediche sopportate dal ferito e ai redditi che questi non ha potuto produrre durante laconvalescenza, ovvero estendersi anche al mancato guadagno del coniuge del ferito, che ha abbandonato il lavoro per assisterlo. Volgendoci, dunque, alla considerazione del problema della causali-la giuridica, dobbiamo prendere le mosse dal rilievo che ogni fatto umano - e dunque anche il fatto illecito - si pone come antecedente can. mano - nasce una serie pressoché infinita di conseguenze a carico della vittima: si tratta, appunto, di stabilire quali di queste conseguenze debbano essere accollate, in termini di risarcimento del danno, al responsabile. È già il buon senso a suggerire che una regola siffatta, la quale addebiti al responsabile anche le conseguenze ultime e più remote del suo agire, sarebbe del tutto irrazionale: ognuno di noi verrebbe esposto al rischio di costi risarcitori altissimi per avere commesso un fatto, sia pure illecito, ma in sé di modesta rilevanza, il quale abbia innescato, in maniera mediata ed indiretta, una sequenza causale.rovinosa. Non è un caso, quindi, che l'ordinamento giuridico accolga una regola profondamente diversa da quella in precedenza ipotizzata: esso, infatti, accolla al responsabile, le sole conseguenze immediate e dirette del suo illecito, secondo quanto previsto dall'art. 1223, dettato in materia di responsabilità contrattuale, ma richiamato anche in sede di risarcimento del danno extracontrattuale (art. 2056, co. 1).
Si tratta, ora, di chiarire l'effettivo significato di tale regola.
In primo luogo, l'obbligazione risarcitoria non può estendersi al di là del confine segnato dallo scopo di protezione della norma violata dall'illecito.
In secondo luogo, l'obbligazione risarcitoria non può ricomprendere ai danni ai quali la vittima era comunque esposta: è il caso del tamponamento subito da chi si stava recando all'aeroporto per prendere un aereo e che, a causa del ritardo derivante dal modesto incidente stradale, salga sul
volo successivo per la stessa destinazione, finendo coinvolti in un disastro aereo. È abbastanza agevole rendersi conto che entrambe tali direttive: secondano un uso razionale della responsabilità civile: sarebbe del tutto incongruo accollare al danneggiante il costo di danni che egli non avrebbe mai potuto ragionevolmente prevedere e, nemmeno evitare.
Va segnalato che la sussistenza del nesso di causalità tra il fatto ed il danno in materia civile deve essere verificata con criteri di minor rigore rispetto a quelli accreditati, per l'analoga problematica, in sede penale, in relazione alla minore gravità delle conseguenze che discendono dall'accertamento della responsabilità civile (il risarcimento del danno) rispetto a quelle che si delineano in materia di responsabilità penale (la condanna del reo). Su tali premesse, la regola giurisprudenziale è che sia sufficiente che il fatto dannoso ascrivibile alla condotta del danneggiante come
conseguenza della medesima sia «più probabile che non»,non richiedendosi invece un giudizio di certezza tendenzialmente assoluta.Il risarcimento del danno ascrivibile a più responsabiliInerisce al piano della causazione del fatto dannoso il problema relativo alla sua imputabilità a più persone.Ad es., l'incendio che distrugge una casa dipende dalla negligenza di Tizio, che lascia acceso un fornello nellapropria abitazione, contigua a quella del danneggiato, ma anche dalla negligenza di Caio, custodedell'immobile, che - pur essendo tenuto a farlo - omette di attivare l'impianto automatico di spegnimentoincendi di cui l'immobile è dotato.La regola posta dall'art. 2055 prevede, in tal caso, che tutti i responsabili siano obbligati in solido alrisarcimento del danno. Tale regola e dettata al fine evidente di offrire la massima tutela al danneggiato, che -secondo le regole della responsabilità solidale -Potrà agire contro uno qualsiasi dei responsabili, ottenendo l'integrale risarcimento del danno. La ripartizione del peso economico del debito tra i danneggianti è invece affidata ai criteri della gravità della colpa di ciascuno e delle conseguenze che ne sono derivate, presumendosi, nel dubbio, eguali le singole colpe.
Differenze funzionali tra risarcimento del danno patrimoniale e risarcimento del danno non patrimoniale:
Le differenze funzionali in precedenza segnalate tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale si riflettono anche in sede di risarcimento del danno. Infatti, il risarcimento di un danno che consista nella perdita di utilità patrimoniali sarà tipicamente finalizzato a riattribuire alla vittima secondo la previsione dell'art. 1223 - tutta la perdita subita (c.d. danno emergente) e tutto il mancato guadagno (c.d. lucro cessante): è il principio della riparazione integrale del danno, che possiamo desumere ancora una volta dall'art.
1223 e secondo il quale il danneggiato, dopo il risarcimento, deve essere posto, almeno tendenzialmente, nella stessa condizione nella quale si trovava prima del fatto dannoso. Ad es., se colui che ha visto la propria automobile distrutta in un incidente automobilistico fa il tassista e, a causa di ciò, si è dovuto fermare per quindici giorni, e poi ha dovuto noleggiare una vettura sostitutiva per altri quindici giorni, egli avrà diritto ad ottenere un importo comprensivo del mancato guadagno per i primi quindici giorni (da stimarsi alla luce del guadagno che la vittima aveva realizzato nel corrispondente periodo dell'anno o del mese precedente), del costo dell'automobile sostitutiva per i secondi quindici nonché, naturalmente, dell'importo pari al costo delle riparazioni alla propria automobile (ovvero pari al costo sul mercato di un'automobile dello stesso tipo di quella andata distrutta). Invece, le perdite di utilità (non patrimoniali) che la vittima ha subito a causa del fatto dannoso, come ad esempio il dolore fisico, il trauma psicologico o la perdita di autonomia, non possono essere valutate in termini monetari in modo diretto. Tuttavia, è possibile ottenere un risarcimento per queste perdite attraverso l'assegnazione di una somma di denaro che tenga conto della gravità del danno subito e delle conseguenze che esso ha avuto sulla vita della vittima.La vittima subisce in caso di danno non patrimoniale non sono suscettibili di dare luogo ad un giudizio di equivalenza con valori di mercato, proprio perché non si prestano ad un'immediata valutazione in danaro. Ne consegue che il risarcimento del danno non patrimoniale non avrà qui la funzione di ricostituire valori patrimoniali alterati o di strutturati: ed è proprio per questo che il risarcimento del danno non patrimoniale finisce, addirittura, per arricchire (in termini di saldo monetario) la vittima.
Si consideri l'esempio dell'avvocato Caio che, tacciato pubblicamente di essere un incapace ed avendo sofferto per tal ragione un decremento di reddito pari ad € 10.000,00, ottenga un risarcimento del danno patrimoniale, pari a tale importo e del danno non patrimoniale, pari ad € 1.000,00: in termini di saldo monetario, egli - a seguito del fatto dannoso - si sarà arricchito di € 1.000,00.
Il risarcimento del danno non patrimoniale
potrà allora assumere, come nel caso appena citato, la funzione di soddisfare il senso di giustizia della vittima, ovvero consentire alla vittima stessa di acquisire utilità in grado di ristabilire il suo personale equilibrio di vita (si pensi al caso).