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Risarcimento del danno non patrimoniale

Ai sensi dell'art. , infatti, il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge: dove per danno non patrimoniale deve intendersi ogni perdita di utilità non suscettibile di un'immediata valutazione in danaro.

Al riguardo, è opportuno sottolineare che non vi è un'immediata correlazione tra patrimonialità (o non patrimonialità) dell'interesse leso e patrimonialità della perdita, nel senso che dalla lesione di un interesse di natura patrimoniale può anche discendere un danno non patrimoniale viceversa. Premesso che la risarcibilità del danno non patrimoniale si ricollega, di solito, al particolare disvalore normativo della condotta dell'autore dell'illecito ovvero all'esigenza di rafforzare la tutela di una determinata situazione giuridica soggettiva, l'opinione largamente prevalente era, fino a tempi relativamente recenti, nel senso che, alla stregua dell'art. 2059,

Il danno non patrimoniale fosse risarcibile solo in presenza di una specifica previsione normativa. Il più importante di questi luoghi normativi era considerato certamente l'art. 185 c.p., secondo il quale "Ogni reato, che abbia cagionati un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che debbono rispondere per il fatto di lui". Da tale disposizione si desumeva, e si desume, dunque, la regola secondo la quale, quando il fatto illecito integri altresì un reato, la vittima ha diritto anche al risarcimento del danno non patrimoniale. E tuttavia sufficiente che il reato sia ritenuto sussistente in astratto, nel senso che non è necessaria una sentenza penale di condanna a carico del responsabile. Di recente, tuttavia, si è sostenuto da autorevole giurisprudenza che alla risarcibilità del danno non patrimoniale sulla base del combinato disposto dell'art. 2059 e dell'art. 185 c.p. non costituisce

ostacolo lamancanza del positivo accertamento della colpa dell'autore del danno se la stessa, come nei casi previstidallart. 2054, debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fattosarebbe qualificabile come reato. Trattamento dati personali: l'ambito più ampio di risarcibilità del danno non patrimoniale alivello di specifiche previsioni normative è da tempo quello disegnato dalle disposizioni degli artt. 11 e 15, co.2, cdp, ora sostituito dal d.lgs. n. 101/2018, dalle quali si desume che un trattamento di dati personali inviolazione della regola di correttezza, Tr. ovvero difforme o non pertinente rispetto alle finalità legittime perle quali i dati erano stati raccolti, dà luogo al risarcimento del danno non patrimoniale in favoredell'interessato. La portata di tale regola si coglie agevolmente, ove si consideri l'am-pezza della nozione di dato personale. Sisegnala che la materia del

trattamento dei dati personali e delle conseguenze risarcitorie derivanti da un illegittimo trattamento di tali dati è ora affidata, ma sul punto si tornerà anche in seguito, al Regolamento 2016/679/UE relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo, appunto, al trattamento dei dati personali, nonché alla loro libera circolazione. Molto più controversa è la risarcibilità del danno non patrimoniale. La giurisprudenza è venuta accreditando anche categorie come quella del c.d. danno esistenziale. Si tratta di una figura che è stata costituita al fine di eludere i limiti al risarcimento del danno non patrimoniale posti dall'art. 2059, affermandosi, così, che l'art. 2043, in correlazione con l'art. 2 Cost., dovrebbe essere inteso sino a ricomprendervi il risarcimento di tutti i pregiudizi che ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, a prescindere dalle loro ricadute patrimoniali.

Possibilità di ottenere un risarcimento del danno c.d. esistenziale, derivante dalla privazione - a seguito del fatto illecito - di attività reddituali, fonti di utilità personali di vita per la vittima, postulava che quest'ultima allegasse, e provasse, l'esistenza di tali perdite, che non potevano considerarsi senz'altro insite nel fatto stesso della lesione.

La categoria del danno esistenziale è stata tuttavia oggetto, nel corso degli anni, di serrate critiche che, dal punto di vista sistemati-co, ponevano accento sul tatto che la stessa finiva per determinare un aggiramento della concezione c.d. bipolare della responsabilità civile: secondo la quale, nel nostro sistema giuridico, ed appunto in presenza dell'art. 2059, solo il danno patrimoniale sarebbe risarcibile in via generale, in presenza del requisito dell'ingiustizia del danno, oltre che evidentemente di un fatto dannoso ascrivibile ad un responsabile sulla base del dolo.

della colpa o di un altro criterio di imputazione, mentre il danno non patrimoniale sarebbe risarcibile solo in presenza dell'ulteriore requisito della previsione di legge in tal senso.

Il danno biologico

La categoria del danno biologico è il frutto di un'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale di particolare interesse, che prende le mosse dall'esigenza di predisporre un rimedio risarcitorio a fronte di fatti lesivi dell'integrità psico-fisica della persona umana, che non si risolvano in una diminuzione del suo reddito o della sua capacità lavorativa: si pensi al caso del danno alla salute di soggetti che non producano ancora reddito, come i bambini, o che abbiano cessato di produrlo, come i pensionati. Si tratta, dunque, di ipotesi, di lesione della salute in sé e per sé considerata, senza alcuna ricaduta patrimoniale.

Tale esigenza, che rinviene il suo fondamento normativo nell'art. 32 Cost., trovava tuttavia un ostacolo nella

limitata risarcibilità del danno non patrimoniale. Infatti, data la natura non patrimoniale del danno biologico, quest'ultimo poteva essere risarcito solo nei casi in cui il fatto lesivo della salute costituisse altresì un reato.

Da qui sono originati, per un verso, frequenti dubbi di legittimità costituzionale dell'art. 2059, se interpretato nel senso di non consentire la risarcibilità del danno biologico: dubbi risolti in senso negativo, ma con argomentazioni (Corte cost., sent. n. 184/1986) che miravano a fare amare la risarcibilità del danno biologico, circoscrivendo l'operare dell'art. 2059 ai soli casi di c.d. danno morale soggettivo (e cioè al dolore, alla sofferenza, al patema d'animo).

Nello stesso contesto si comprende, per altro verso, il tentativo di parte della dottrina e della giurisprudenza di sottrarre il danno alla salute all'applicazione dell'art. 2059, per ricondurlo invece alla norma generale dell'art.

2043, sulla base di una nozione di patrimonialità imperniata più sul valore d'uso che non sul valore di scambio del bene. L'esigenza di assicurare una adeguata tutela risarcitoria alla salute ispira, con ogni probabilità, anche l'orientamento secondo cui la risarcibilità del danno biologico andrebbe ancorata alla lesione della salute, in sé considerata (teoria del danno biologico come c.d. danno evento). Gli sviluppi successivi della giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. n. 372/1994) e della Cass. hanno però riproposto la tesi della natura di danno non patrimoniale del danno biologico, proclamandone comunque la risarcibilità sulla base di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059. Infatti, si è ritenuto, sulla base degli artt. 24, 32 Cost., che una tutela del bene salute monca del rimedio risarcitorio non garantirebbe un adeguato livello di effettività. La stessagiurisprudenza costituzionale ora richiamata ha anche superato la teoria del danno biologico come danno evento, escludendo la sufficienza del mero fatto lesivo della salute e ribadendo la funzione della responsabilità civile come strumento destinato ad attivarsi soltanto in presenza di perdite di utilità personale di vita, relative appunto all'integrità psico-fisica dell'individuo. Si è già visto che l'ultima evoluzione giurisprudenziale della categoria del danno biologico è quella che ne fa una componente della complessiva voce di danno non patrimoniale, pur con rilevanti peculiarità, in particolare, in materia di liquidazione. Per la valutazione della consistenza di tali perdite assume un particolare rilievo l'accertamento medico legale. Ciò emerge anche da due recenti prese di posizione del legislatore in materia di danno biologico, la prima relativa al campo degli infortuni sul lavoro e delle malattie.

professionali (art. 13, d.lgs. n. 38/2000); la seconda relativa al risarcimento dei danni alla persona di entità non lieve e lieve (artt.138-139 cdass).

L'esigenza di pervenire ad una liquidazione del danno biologico il più possibile uniforme, nell'ambito del territorio nazionale e per evidenti ragioni di eguaglianza, è stata alla base di interventi della giurisprudenza della Corte di Cassazione che hanno affermato la generale utilizzabilità delle c.d. tabelle di liquidazione del danno biologico elaborate presso il Tribunale di Milano; tuttavia, anche sul punto si noia da ultimo, qualche punto di rimeditazione, avendo la giurisprudenza della Suprema Corte rilevato che - in taluni casi - le tabelle milanesi non appaiono in grado di soddisfare al meglio le esigenze di equità nella liquidazione che sidelineano in materia. Così, in particolare, per il danno da perdita del rapporto parentale - e cioè per il danno che possa lamentare chi

sia legato, alla vittima primaria di un illecito con esiti mortali o di lesioni gravissime, da un rapporto di parentela, affinità o da una relazione a questi rapporti equiparabile dal punto di vista dell'intensità, soprattutto se connotata dalla convivenza, - per il quale le tabelle milanesi non adottano il sistema del c.d. punto variabile, ma individuano semplicemente un minimo ed un massimo, peraltro fortemente variati. Il problema della uniformità e della certezza di liquidazione del danno non patrimoniale su tutto il territorio nazionale sarebbe verosimilmente risolto dall'adozione della tabella unica nazionale prefigurata dagli artt. 138 e 139 cdass. Il risarcimento del danno e la causalità giuridica Abbiamo visto che, in presenza dei requisiti individuati dalla legge sorge, a carico del responsabile, l'obbligo di risarcire il danno. Il problema successivo è rappresentato dalla delimitazione del danno risarcibile. A tal fine, è

È necessario compiere una serie di operazioni logico-giuridiche, la prima delle quali consiste nel selezionare le conseguenze (in termini, appunto, di produzione di perdite) ascrivibili a quel determinato fatto illecito. È questo il problema della causalità.

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A.A. 2023-2024
14 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AURORATROIANI.03 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di istituzioni diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Ricciuto Vincenzo.