IL REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA
594. Princìpi generali.
La riforma del 1975 ha trasformato profondamente i rapporti patrimoniali tra coniugi, superando la
primazia del marito e introducendo l’obbligo reciproco di contribuire alle esigenze familiari, con la
comunione dei beni come regime legale per condividere gli incrementi patrimoniali accumulati
durante il matrimonio, pur lasciando la possibilità di adottare la separazione dei beni. La disciplina
patrimoniale si applica anche alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, con obblighi modellati
sulle norme dei coniugi, e il Regolamento UE 2016/1103, entrato in vigore nel 2019, armonizza le
norme sui regimi patrimoniali dei coniugi nell’Unione Europea, facilitando il riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni tra Stati membri.
595. L’obbligo di contribuzione per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Il matrimonio impone a entrambi i coniugi l’obbligo di contribuire ai bisogni familiari in relazione
alle proprie sostanze e alla capacità di lavoro, sia professionale sia casalingo, obbligo che si riflette
anche sui genitori nei confronti dei figli. Le norme evidenziano che il contributo non riguarda solo i
redditi, ma anche i patrimoni personali e che l’attività domestica costituisce anch’essa un contributo
alla famiglia. Tuttavia, gli articoli non chiariscono quale sia l’ammontare complessivo dei mezzi da
destinare alla famiglia, lasciando irrisolto il parametro generale del « tutto » cui ciascun coniuge
deve concorrere.
Esistono due concezioni sull’entità dei bisogni familiari cui i coniugi devono contribuire: una li
considera un dato oggettivo, al cui soddisfacimento ciascun coniuge provvede in proporzione alle
proprie risorse lasciando eventuali eccedenze a disposizione personale; l’altra li interpreta come
tutti i bisogni attuali e futuri che i redditi e i beni della coppia possono coprire, imponendo la messa
a disposizione integrale delle risorse e un coordinamento tra coniugi. La dottrina e la giurisprudenza
adottano prevalentemente la prima impostazione, riconoscendo ai coniugi libertà sull’eccedenza
dopo aver adempiuto adeguatamente ai doveri familiari. In caso di insufficienza di mezzi per il
mantenimento dei figli, la legge coinvolge anche gli ascendenti per garantire il soddisfacimento
degli obblighi verso la prole. Se un genitore non provvede adeguatamente ai bisogni familiari, il
tribunale può disporre che una parte dei suoi redditi sia versata direttamente all’altro genitore o a
chi si occupa del mantenimento dei figli.
596. Regime patrimoniale legale. Le convenzioni matrimoniali.
Il regime patrimoniale legale della famiglia è costituito dalla comunione dei beni, applicabile
automaticamente alle coppie sposatesi dopo il 20 settembre 1975, mentre per quelle già unite a
quella data era previsto un periodo transitorio entro il quale si poteva optare per la separazione dei
beni; in mancanza di scelta, la comunione legale si applicava anche agli acquisti effettuati dal 1975,
con possibilità di includere beni precedentemente acquisiti. I coniugi possono altresì stipulare
accordi per il fondo patrimoniale o la comunione convenzionale, ma ogni convenzione che deroghi
ai diritti e doveri di contribuzione ai bisogni familiari o costituisca beni in dote è nulla.
Le convenzioni matrimoniali possono essere stipulate anche dopo il matrimonio e sono opponibili
ai terzi solo se annotate a margine dell’atto matrimoniale; la simulazione può essere provata
liberamente dai terzi, mentre tra le parti richiede controdichiarazioni scritte di tutti i soggetti
coinvolti. Minori ammessi a matrimonio e inabilitati possono partecipare validamente alle
convenzioni se assistiti dai genitori o da un curatore speciale.
597. La comunione legale.
Il regime patrimoniale legale dei coniugi è costituito dalla comunione dei beni, che non comprende
tutto il patrimonio di ciascuno ma riguarda principalmente gli acquisti compiuti durante il
matrimonio. La comunione si articola in beni immediatamente comuni, beni che entrano in
comunione solo al momento dello scioglimento e beni personali di ciascun coniuge. In comunione
cadono automaticamente gli acquisti effettuati durante il matrimonio, le aziende gestite
congiuntamente e gli utili derivanti da aziende precedentemente di un coniuge ma gestite da
entrambi. I redditi personali dei coniugi non rientrano automaticamente nella comunione, ma se non
consumati al momento dello scioglimento, concorrono alla divisione dei beni comuni.
I redditi personali dei coniugi, se non consumati, se investiti in beni durevoli o accantonati,
rientrano nella comunione al momento dello scioglimento del matrimonio, così come gli incrementi
di imprese costituite o gestite da uno dei coniugi dopo il matrimonio. Restano invece beni personali
quelli già posseduti prima del matrimonio, acquisiti per donazione o successione, di uso
strettamente personale, destinati all’esercizio della professione, ottenuti a titolo di risarcimento o
sostituiti da altri beni personali. L’esclusione dalla comunione di alcuni beni può essere
formalizzata anche con l’accordo tra i coniugi al momento dell’acquisto.
La giurisprudenza chiarisce che la qualifica di bene «personale» ai sensi dell’art. 179 c.c. deve
esistere oggettivamente, e le attestazioni o dichiarazioni dei coniugi non possono modificarne la
natura, essendo le regole della comunione legale indisponibili privatamente. Per quanto riguarda i
crediti acquisiti durante la comunione, la normativa non è chiara: sebbene il termine «beni» possa
comprendere anche le utilità economiche come i crediti, riconoscere automaticamente la comunione
su tutti i crediti potrebbe compromettere l’applicazione della comunione residuale prevista per i
proventi dell’attività separata di un coniuge. La giurisprudenza prevalente tende a escludere i crediti
dalla comunione legale, salvo specifici casi in cui siano facilmente assimilabili a beni concreti.
La giurisprudenza ha chiarito che i crediti incorporati in titoli o strumenti negoziabili cadono in
comunione legale, mentre quelli derivanti da contratti ordinari restano personali, individuando come
criterio discriminante la suscettibilità del credito ad acquisire valore di scambio. Anche i beni
acquistati a titolo originario rientrano in comunione, salvo casi particolari come la costruzione su
terreno di proprietà esclusiva di uno dei coniugi, in cui al coniuge non proprietario spetta un diritto
di credito pari alla metà del valore della costruzione. L’amministrazione dei beni comuni spetta ad
entrambi i coniugi, mentre gli atti straordinari richiedono il consenso congiunto o, in caso di rifiuto
o impedimento, l’autorizzazione giudiziale. La giurisprudenza ha incluso tra gli atti straordinari
anche i contratti preliminari di vendita, e ha previsto la possibilità di escludere un coniuge
dall’amministrazione in caso di incapacità o cattiva gestione.
Gli atti compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro sono annullabili se riguardano beni
immobili o iscritti in pubblici registri, mentre per i beni mobili il coniuge è tenuto a ricostituire la
comunione o a corrisponderne l’equivalente, pur restando validi nei confronti di terzi. I beni comuni
rispondono dei pesi e oneri esistenti al momento dell’acquisto, delle obbligazioni contratte dai
coniugi anche separatamente nell’interesse della famiglia e di quelle contratte congiuntamente. I
creditori personali possono agire sui beni comuni solo limitatamente alla quota del loro debitore e
senza pregiudicare i creditori della comunione, mentre l’espropriazione deve riguardare beni interi
con attribuzione della metà del ricavato al coniuge e la restante metà al creditore. I creditori della
comunione possono, inoltre, agire sui beni personali dei coniugi se i beni comuni non sono
sufficienti a soddisfare i debiti. 598. Scioglimento della comunione.
La comunione legale si scioglie per eventi come la morte, il divorzio, l’assenza o la morte presunta,
l’annullamento del matrimonio, la separazione personale legale, il fallimento, la convenzione tra i
coniugi per adottare un altro regime patrimoniale o la separazione giudiziale dei beni. In passato, la
comunione si considerava sciolta solo con il passaggio in giudicato della separazione, creando
difficoltà pratiche, ma la riforma del divorzio breve ha stabilito che lo scioglimento avviene al
momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati o alla sottoscrizione
del verbale di separazione consensuale omologato, con comunicazione all’ufficiale dello stato civile
per renderlo opponibile ai terzi.
La separazione giudiziale dei beni può essere disposta dal tribunale su richiesta di un coniuge
quando ricorrono situazioni come interdizione, inabilitazione, cattiva amministrazione della
comunione, disordine negli affari personali, condotte pericolose nella gestione della comunione o
mancata contribuzione ai bisogni familiari. La sentenza retroagisce al momento della domanda,
instaurando il regime di separazione dei beni, con esclusione dei nuovi acquisti dal regime di
coacquisto, mentre i beni già comuni devono essere divisi in parti uguali, secondo i princìpi generali
di divisione dei beni comuni, tenendo conto anche delle passività e prevedendo eventuali conguagli.
Il giudice può inoltre costituire usufrutti a favore di uno dei coniugi per esigenze della prole, mentre
si presume che i beni mobili in possesso dei coniugi appartengano alla comunione salvo prova
contraria. 599. Comunione convenzionale.
In assenza di convenzione, il regime patrimoniale legale applicabile ai coniugi è la comunione
automatica degli acquisti, ma la legge consente loro di stipulare un accordo per modificare la
disciplina della comunione senza escluderla del tutto, dando origine a una comunione
convenzionale. Tale pattuizione non può alterare la parità delle quote né il principio della gestione
congiunta, né includere beni strettamente personali, destinati alla professione o risarcimenti per
danni o pensioni. In pratica, gli accordi tra coniugi possono estendere la comunione a beni personali
precedenti al matrimonio o far rientrare immediatamente nella comunione i redditi individuali, che
altrimenti confluirebbero solo nella comunione residuale.
600. La separazione dei beni.
Il regime di separazione dei beni, che fino al 1975 era quello legale, consente a ciascun coniuge di
mantenere la proprietà e l’amministrazione esclusiva dei propri beni e di quelli acquistati durante il
matrimonio, pur restando obbligato a contribuire ai bisogni familiari. Nonostante la scelta di questo
regime, la convivenza genera frequentemente un utilizzo comune dei beni e acquisti per i quali non
è immediatamente individuabile la titolarità. La legge disciplina queste
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