INVALIDITÀ ED INEFFICACIA DEL CONTRATTO
A) IL PROBLEMA GENERALE
338. Invalidità ed inefficacia.
L’ordinamento riconosce ai privati l’autonomia negoziale, ma attribuisce valore giuridico alle
dichiarazioni solo se rispettano i requisiti e i limiti imposti dalla legge; in mancanza di tali
presupposti o se la formazione della volontà è viziata, il negozio risulta invalido. L’invalidità si
manifesta come nullità o annullabilità, mentre la nozione di inesistenza, pur non prevista dal codice,
indica una difformità talmente grave da impedire di riconoscere l’atto come negozio di un certo
tipo. Questa distinzione ha rilevanza pratica quando la legge prevede forme di sanatoria o termini
per l’impugnazione: un atto inesistente, come un matrimonio mai celebrato, non può produrre effetti
neppure limitati, diversamente da un atto nullo che può talvolta dar luogo a conseguenze favorevoli
per chi agisce in buona fede o per la prole.
La legge stabilisce limiti e termini per impugnare deliberazioni di organismi collettivi, ma quando
queste risultano giuridicamente inesistenti, come nel caso di assemblee non convocate, il vizio può
essere fatto valere in qualsiasi momento, superando le decadenze ordinarie. Nell’ambito
contrattuale l’inesistenza è rara e si verifica quando il contratto non corrisponde affatto alla
fattispecie legale, ad esempio se manca del tutto l’accordo o il procedimento formativo della
volontà di un ente pubblico. Questa condizione si distingue dalla nullità, che riguarda contratti
conclusi ma invalidi. Concettualmente, va poi distinta la validità dall’efficacia: il negozio giuridico
è valido se rispetta i requisiti di legge, ma è efficace solo quando concretamente produce gli effetti
per cui è stato creato.
Validità ed efficacia sono concetti distinti: un atto può essere valido senza essere immediatamente
efficace, come nel caso di contratti sottoposti a condizioni sospensive o testamenti prima della
morte del testatore, mentre un atto invalido può produrre effetti fino al momento in cui viene
annullato. L’atto nullo, invece, è originariamente e irreparabilmente inefficace. L’inefficacia può
essere originaria, generalmente transitoria, o successiva, derivante dall’impugnazione da parte di chi
ha interesse, da condizioni risolutive o da atti negoziali successivi come revoca e recesso, che
eliminano o sciolgono gli effetti del negozio originario.
B) LA NULLITÀ
339. La categoria della nullità.
Il negozio nullo è radicalmente invalido e incapace di produrre gli effetti cui è destinato,
indipendentemente dalla causa della nullità. Il codice civile indica varie ipotesi di nullità, ma senza
definire in generale le conseguenze, riconoscendo comunque che un atto nullo non può realizzare i
suoi effetti tipici, sebbene in alcuni casi possano prodursi effetti diversi, come nel fenomeno di
conversione contrattuale. 340. Le cause di nullità del contratto.
L’articolo 1418 c.c. individua le cause di nullità del contratto, ossia vizi così gravi da rendere l’atto
incapace di produrre gli effetti cui è destinato, rappresentando la sanzione più severa nel diritto
privato. La nullità annulla totalmente gli effetti del negozio, vanificando le intenzioni delle parti.
Tra le cause previste vi sono quelle esplicitamente indicate dalla legge, le cosiddette nullità testuali,
presenti sia nel codice civile sia in leggi speciali, che dichiarano nullo un contratto quando mancano
determinati requisiti o clausole essenziali, come nel caso di atti traslativi di diritti reali senza
permesso di costruire o pattuizioni contrarie ai limiti di legge sulle locazioni.
La nullità può derivare da cause testuali, quando la legge dichiara espressamente nullo un
determinato negozio, da vizi strutturali, quando manca o è difettoso un elemento essenziale del
contratto come l’accordo, la causa o l’oggetto, o da norme imperative, configurando una nullità
virtuale quando l’atto contrasta con prescrizioni inderogabili che tutelano interessi generali. In
quest’ultimo caso, la nullità dipende dalla violazione intrinseca del contenuto o della struttura del
contratto, ed è esclusa se la legge prevede rimedi diversi o se il divieto penale riguarda la condotta
di uno solo dei contraenti.
La legislazione speciale ha sviluppato la figura delle nullità di protezione, che mirano non a
interessi generali ma a tutelare la parte contrattualmente più debole, come il consumatore o un
piccolo imprenditore. Tali nullità si riscontrano, ad esempio, nelle clausole vessatorie nei contratti
di consumo, nella disciplina bancaria e finanziaria e nei rapporti commerciali tra imprese, e possono
essere invocate solo dalla parte protetta, mentre l’altro contraente non può farne valere l’effetto.
341. Nullità parziale e sostituzione di clausole.
La nullità può colpire l’intero contratto o solo alcune clausole; nel secondo caso, l’atto è annullato
solo se le parti avrebbero concluso il contratto solo con quegli elementi essenziali, mentre le parti
valide rimangono operative se possono svolgere una funzione coerente con l’intento delle parti. La
legge può prevedere la sostituzione automatica delle clausole invalide con disposizioni imperative,
come nel caso di prezzi o durate imposti, garantendo la validità e l’efficacia residua del contratto
nonostante la nullità parziale. 342. L’azione di nullità.
Il negozio nullo, pur essendo privo di effetti giuridici, può comunque essere materialmente eseguito,
così come un atto valido può non essere realizzato. In caso di esecuzione di un contratto nullo, le
prestazioni devono essere restituite salvo che siano immorali. Per far valere la nullità o ottenere la
restituzione di quanto eseguito, è necessario rivolgersi al giudice affinché accerti e dichiari
formalmente l’invalidità dell’atto.
L’azione di nullità è imprescrittibile e non ammette convalida, salvo specifiche disposizioni di
legge, distinguendosi dalla conversione o dalla rinnovazione dell’atto nullo. Si tratta di un’azione
dichiarativa che accerta l’invalidità senza modificare la situazione giuridica preesistente, e può
essere esercitata da chiunque abbia interesse, comprese parti terze, riflettendo l’assolutezza
dell’azione. Inoltre, la nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla
richiesta delle parti, a differenza dell’annullabilità, che segue principi più restrittivi e dispositivi.
La possibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la nullità si giustifica con la gravità del vizio, che
rende il contratto incompatibile con principi inderogabili dell’ordinamento. Senza tale facoltà, il
giudice potrebbe trovarsi a far produrre effetti a un atto vietato dalla legge, come nel caso di una
vendita abusiva, anche quando le parti non sollevano la questione. Tale principio si applica anche
quando l’azione in giudizio riguarda adempimento, risoluzione, annullamento o rescissione del
contratto. 343. La conversione del contratto nullo.
Il contratto nullo non produce effetti tipici, ma può talvolta subire una trasformazione o conversione
che ne consenta la produzione di effetti parzialmente coerenti con l’intento delle parti. Perché la
conversione sia possibile, il contratto nullo deve possedere requisiti di sostanza e forma idonei a un
altro contratto valido, deve poter essere ritenuto oggettivamente coerente con lo scopo delle parti e
non deve comportare effetti illeciti. In tal modo, la legge consente di realizzare, almeno in parte,
l’obiettivo pratico originariamente perseguito.
La difficoltà nella conversione del contratto nullo risiede nella valutazione della volontà ipotetica
delle parti, ossia in ciò che avrebbero accettato se avessero conosciuto la nullità. L’effetto di
conversione si produce per legge e non per un nuovo consenso, e il giudice può applicarlo solo su
richiesta della parte interessata, entro i limiti delle domande formulate. In caso di contenzioso tra le
parti, chi desidera l’attuazione dell’operazione può chiedere che il giudice trasformi il contratto
nullo in uno valido di diverso tipo, compatibile con gli elementi di sostanza e forma richiesti.
La conversione del contratto nullo permette che un atto privo di effetti tipici produca comunque
conseguenze coerenti con l’intento delle parti, basandosi sulla loro volontà ipotetica, come nel caso
di una servitù prediale verbale trasformata in un obbligo personale del proprietario del fondo
servente. Tale conversione si distingue dalla conversione formale, che opera automaticamente
quando un atto assume valore diverso a causa di requisiti formali mancanti, e dalla rinnovazione del
negozio nullo, che richiede una nuova manifestazione di volontà da parte delle parti per eliminare il
vizio originario. 344. Conseguenze della nullità.
Il negozio giuridico nullo, in linea generale, non produce effetti, ma il legislatore prevede talvolta
eccezioni e occorre considerare l’impatto della nullità nei confronti dei terzi. In alcuni casi, come
nel rapporto di lavoro o nelle società per azioni, la nullità non annulla retroattivamente gli effetti già
prodotti, garantendo la continuità dei rapporti o degli atti compiuti. Per quanto riguarda i terzi, la
nullità può compromettere i diritti derivanti dall’atto nullo, ma la legge tutela la buona fede dei
subacquirenti: ad esempio, la nullità del contratto simulato non è opponibile a chi ha acquistato in
buona fede, e la nullità di un atto trascritto nei Registri Immobiliari non può pregiudicare i diritti dei
terzi acquisiti prima della trascrizione della domanda giudiziale, a condizione che siano trascorsi
cinque anni dalla stipulazione dell’atto.
Quando un negozio nullo è stato eseguito, è possibile chiedere la restituzione delle prestazioni
fornite, applicando le regole sulla ripetizione dell’indebito. L’azione di nullità è imprescrittibile, ma
gli effetti dell’usucapione e della prescrizione dell’azione di ripetizione restano validi: chi ha
venduto un bene nullo deve richiederne la restituzione prima che l’acquirente ne acquisisca la
proprietà per usucapione, e chi ha effettuato una prestazione deve agire entro i termini di
prescrizione per ottenere la restituzione.
C) L’ANNULLABILITÀ
345. Le cause e la disciplina dell’annullabilità.
L’annullabilità rappresenta una forma di invalidità meno gr
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