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LA NUOVA DISCIPLINA. L'INTERESSE DEL FIGLIO COME CRITERIO FONDAMENTALE
La L. n. 219/2012 ha innovato radicalmente sul punto, facendo venir meno la distinzione tra genitori in buona o in mala fede e centra la valutazione sull'interesse del figlio: e dunque statuisce che "il figlio nato da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta o in linea collaterale nel secondo grado può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice e avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio" (art. 251 nella vigente formulazione).
La stessa autorizzazione si prevede per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità di un figlio nato da consanguinei o affini in linea retta.
Dunque non vi sono più ipotesi in cui sia in assoluto inammissibile il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio: la peculiarità dellaposizione del figlio nato da incesto.
risiede nel fatto che il riconoscimento ostatusl'accertamento giudiziale dello postulano una previa valutazionetutelagiudiziale, che peraltro va condotta nella sola prospettiva delladell'interesse del figlio.
DIRITTO AL MANTENIMENTO E ALL'EDUCAZIONE DEI FIGLI NONRICONOSCIBILI→ Di conseguenza il disposto dell'art. 279, che riconosce lapossibilità per i figli non riconoscibili di ottenere quanto meno ilmantenimento, l'istruzione e l'educazione; o, se maggiorenni e in stato dibisogno, di ottenere alimenti, troverà applicazione anche nell'ipotesi in cui ilfiglio biologico non sia stato riconosciuto e non sia intervenuta sentenzagiudiziale della paternità o maternità naturale.
Infatti la disciplina, pur ridefinendo il regime della riconoscibilità del figlioincestuoso e svincolandola dallo stato soggettivo di buona o di mala fede delgenitore, non stabilisce un'incondizionata libertà del genitore
stesso diprocedere al riconoscimento del figlio. Ciò infatti potrebbe non essere conforme all'interesse del figlio e anzi potrebbe arrecargli un pregiudizio. Per questo resta necessaria la previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, la quale dovrà sentire innanzitutto lo stesso figlio che si vuole riconoscere. Esiste, dunque, la possibilità che un figlio - nonostante sia nota la relazione biologica con il genitore - resti non riconosciuto; per es. perché il giudice ha ritenuto di non concedere l'autorizzazione di cui all'art. 251 o più semplicemente perché il figlio nato fuori dal matrimonio non è interessato ad acquisire lo status di figlio. In tutti questi casi la legge concede al figlio la possibilità di agire per il mantenimento, così come si potranno avanzare nei confronti degli eredi del genitore biologico le pretese successorie. Con quest'ultima azione il figlio può ottenere laTutela di alcuni suoi interessi e bisogni, soprattutto di ordine materiale, ma non si istaura una relazione di filiazione, né un rapporto di parentela con i componenti della famiglia del genitore, e neppure vengono ad esistenza tutti gli effetti giuridici propri dello status di figlio. L'azione porta soltanto al riconoscimento di determinati diritti, essenzialmente di carattere obbligatorio, del figlio nei confronti del genitore biologico. Anche questa azione è autorizzata dal giudice, avendo a gli interessi del figlio riguardo. La condizione giuridica dei figli nati fuori dal matrimonio: l'esercizio delle funzioni genitoriali, il cognome del figlio e il suo inserimento nella famiglia del genitore. L'UNICITÀ DELLO STATUS DI FIGLIO → Fino alla Novella lo status dei figli nati fuori dal matrimonio presentava ancora profonde divergenze rispetto a quello dei figli legittimi. Anche dopo la riforma del 1975 rimaneva la differenza status fondamentale per cui
mentre il figlio legittimo acquistava uno che glicon la coppiagarantiva una relazione giuridica dei genitori (e i loro parenti), ilstatus di ciascunfiglio naturale assumeva uno soltanto nei confrontigenitore , ed anche quando fosse stato riconosciuto da entrambi, lamancanza di un rapporto coniugale tra i genitori determinava la costituzione didue rapporti giuridici, distinti tra loro, con ciascuno dei genitori.
ESERCIZIO DELLA POTESTÀ GENITORIALE NEI CONFRONTI DEI FIGLINATURALI NEL PREVIGENTE ART.317-BIS→ Ciò implicava rilevanti ricadutesul regime dei rapporti tra i genitori e i figli e sull’esercizio dellapotestà. A quest’ultimo riguardo l’art. 317-bis, introdotto con la riforma del1975, prevedeva una specifica disciplina, diversa da quella operante in caso difiliazione legittima, per il caso in cui uno solo o entrambi i genitori avesseroriconosciuto il figlio, distinguendo ulteriormente, in questa seconda ipotesi, tracoppie di genitori
.naturali conviventi e no. Al genitore che aveva riconosciuto il figlio naturale spettava la potestà su di lui. Se il riconoscimento era fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spettava congiuntamente ad entrambi qualora fossero conviventi, se invece non convivevano spettava al genitore con il quale figlio conviveva o, se non abitava con alcuni di essi, al primo che aveva compiuto il riconoscimento. Il giudice, peraltro, nell'esclusivo interesse del figlio, poteva anche disporre diversamente e giungere ad escludere entrambi i genitori dall'esercizio della potestà, nominando un tutore. Il genitore che non esercitava la potestà aveva diritto di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore. LA DISCIPLINA ATTUALE La Novella contempla invece un unitario regime status normativo dello di figlio. Tuttavia, se non si può più parlare di uno status di figlio naturalecontrapposto a quello di figlio legittimo, rimangono alcuni peculiari aspetti della filiazione al di fuori del matrimonio che richiedono specifica trattazione. IL COGNOME DEL FIGLIO NATO FUORI DAL MATRIMONIO Il primo aspetto riguarda l'attribuzione del cognome al figlio nato fuori dal matrimonio: se il figlio viene riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori, assume il cognome del padre. Altrimenti, assume il cognome del genitore che lo ha riconosciuto per primo (art. 262 c.1). Se il riconoscimento da parte del padre (ovvero la dichiarazione giudiziale di paternità) è successivo, il figlio può scegliere di assumere il cognome paterno, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. Nel caso di minore età del figlio, tale decisione è affidata al giudice. La Corte Costituzionale, con sentenza del 2016, ha ridisegnato il sistema delle regole sull'attribuzione del cognome materno, dichiarandol'incostituzionalità (anche) dell'art. 262 nella parte in cui non consente ai genitori (tra loro coniugati) di trasmettere di comune accordo ai figli anche il cognome materno. Può accadere che il figlio non venga alla nascita riconosciuto da nessuno dei due genitori: in tal caso il nome e cognome gli vengono attribuiti dall'ufficiale dello stato civile e il successivo riconoscimento da parte di uno o entrambi genitori comporta l'assunzione, da parte del figlio, del cognome di questi ultimi. Tuttavia oggi un'espressa previsione della Novella attribuisce al figlio la facoltà di conservare il cognome attribuito alla nascita, o di aggiungere ad esso quello dei genitori (art. 262 c.3), soprattutto qualora tale cognome sia divenuto un segno distintivo della sua identità personale. RICONOSCIMENTO DA PARTE DI GENITORE CONIUGATO E INSERIMENTO DEL FIGLIO NELLA FAMIGLIA DEL GENITORE→ Il secondo profilo attiene all'affidamento del figlio.alla sua collocazione nel caso in cui il riconoscimento di un figlio minorenne sia effettuato da una persona sposata: in tal caso il giudice decide se affidare il minore al genitore e adotta ogni provvedimento idoneo a tutelare l'interesse morale e materiale del figlio (art. 252 c.1).
Il figlio nato fuori dal matrimonio può essere inserito nella famiglia del genitore se vi sia consenso del coniuge convivente di quest'ultimo e degli altri figli conviventi che abbiano più di 16 anni, nonché dell'altro genitore, se anch'egli ha effettuato il riconoscimento; occorre infatti un'autorizzazione del giudice, che dovrà a tal fine valutare l'interesse del minore, stabilendo le condizioni cui devono attenersi entrambi i genitori (art. 252 c.2). Inoltre, in caso di riconoscimento da parte di persona coniugata, di un figlio non riconosciuto dall'altro genitore, la legge stabilisce che l'ufficiale di stato civile informi il tribunale per i minorenni.
che dispone indagini volte ad accertare laveridicità del riconoscimento. Ciò per contrastare riconoscimenti falsi daparte di persone che intendano in tal modo aggirare le norme sull'adozione.
Se una persona si sposa che aveva già riconosciuto un figlio, questo può essere inserito nella casa coniugale se già convive con il genitore che lo aveva riconosciuto, o se l'altro coniuge ne conosceva l'esistenza o concede il suo consenso; in ogni caso è necessario anche il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (art. 252 c.3).
La Novella ha stabilito inoltre che in caso di disaccordo tra i genitori o mancato consenso degli altri figli conviventi sia il giudice a decidere, valutato l'interesse dei minori coinvolti, che devono essere ascoltati (art. 252 ultimo comma).
La procreazione medicalmente assistita.
La L. 40/2004 è intervenuta a regolare la materia della
procreazione medicalmente assistita (quale efficace rimedio a problemi quali l'infertilità e la sterilità che fossero accertate da un medico). L'art.1 mette in primo piano la finalità di assicurare "i diritti di tutti isoggetti coinvolti, compreso il concepito" (al quale dunque, almeno in questo specifico e peculiare contesto, viene riconosciuta la qualità di soggetto), e, nel testo originario, precisava che il ricorso alla procreazione medicalmente assistita era consentito, quale strumento per favorire la soluzione dei problemi derivanti dalla infertilità e sterilità (accertata "da atto medico": art.4 della legge), in assenza di altri rimedi per rimuovere le cause dell'infertilità e sterilità. La limitazione dell'accesso alla p.m.a. alle sole coppie sterili è stata ritenuta illegittima dalla corte cost.
SOGGETTI CHE POSSONO ACCEDERE ALLA P.M.A. → Possono accedere alle tecniche