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Estratto del documento

Tano la Procura, ribadendo quando sostenuto nella richiesta di archiviazione, chiede

l'assoluzione di Cappato e, in subordine, di sollevare questione di legittimità

costituzionale dell'art. 580 c.p. per ritenuto contrasto con gli artt. 2, 3, 13

co. 1, e 117 della Costituzione, in relazione agli art. 2 e 8 della CEDU, richiesta

quest'ultima accolta dalla Corte d'assise di Milano. In estrema sintesi, la Corte

d'assise ricorda come il diritto all'autodeterminazione individuale, previsto

dall'art. 32 Cost. con riguardo ai trattamenti terapeutici, sia stato

ampiamente valorizzato prima dalla giurisprudenza interna - in particolare, con

le pronunce sui casi Welby ed Englaro - e poi dal legislatore, con la l n. 219/2017,

e sia stato avvalorato, inoltre, dall'evoluzione della giurisprudenza della

Corte EDU, il cui approdo finale sarebbe rappresentato dall'esplicito

riconoscimento, sulla base degli artt. 2 e 8 CEDU, del diritto di ciascun

individuo «di decidere con quali mezzi e a che punto la propria vita finirá»: a

fronte di ciò, il bene giuridico protetto andrebbe oggi identificato, non già nel

diritto alla vita, ma nella libertà e consapevolezza della decisione del

soggetto passivo di porvi fine, evitando influssi che alterino la sua scelta. In

subordine, la Corte d'assise evidenzia l'irragionevolezza della pena e la

violazione del principio di proporzionalità, posto che l'art. 580 c.p. parifica quoad

poenam le condotte di chi istighi il proposito suicidiario e di chi, invece, si limiti a

facilitarne l'esecuzione, condotte invece connotate da un ben diverso disvalore. Con

un primo provvedimento (ord. n. 207/2018) la Corte costituzionale, pur non

condividendo l'impostazione del giudice rimettente, e negando di

conseguenza la sussistenza di un vero e proprio diritto a morire, tale da

comportare l'illegittimità tout court dell'incriminazione di cui all'art. 580, ritiene

tuttavia che, anche alla luce dei contenuti della I. 219/2017, emergano, in

relazione alla specifica vicenda oggetto del procedimento a quo, dei profili di

incostituzionalità della norma sottoposta a scrutinio. In particolare, la Corte

ricorda come la legge del 2017 preveda il diritto del paziente a chiedere e ad

ottenere dal medico l'interruzione dei trattamenti salva-vita, ivi compresi

l'alimentazione e l'idratazione artificiali, e la sedazione profonda, qualora si

trovi a dover sopportare sofferenze che egli reputa intollerabili. Nel caso di

specie, Antoniani aveva scartato la soluzione dell'interruzione dei trattamenti

di sostegno vitale con contestuale sottoposizione a sedazione profonda

(soluzione che pure gli era stata prospettata), perché quest'ultima non gli avrebbe

assicurato una morte rapida, ma avrebbe condotto alla morte con modalità

che egli reputava non dignitose e tali da arrecare gravi sofferenze emotive ai

propri cari. La legislazione vigente non consente, tuttavia, al medico che ne sia

richiesto di mettere a disposizione del paziente che versa nelle condizioni

dell'Antoniani trattamenti diretti, non già ad eliminare le sue sofferenze, ma a

determinarne la morte. In tal modo, si costringe il paziente a subire un processo più

lento, in ipotesi meno corrispondente alla propria visione della dignità nel morire e più

carico di sofferenze per le persone che gli sono care. Per queste ragioni, conclude la

Corte, «entro lo specifico ambito considerato, il divieto assoluto di aiuto al

suicidio finisce per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella

scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze,

scaturente dagli artt. 2, 13 e 32 co. 2 Cost., imponendogli in ultima analisi

un'unica modalità per congedarsi dalla vita, senza che tale limitazione possa

ritenersi preordinata alla tutela di altro interesse costituzionalmente

apprezzabile, con conseguente lesione del principio della dignità umana,

oltre che dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza in rapporto alle

diverse condizioni soggettive (art. 3 Cost.: parametro, quest'ultimo, peraltro non

evocato dal giudice a quo in rapporto alla questione principale, ma comunque sia

rilevante quale fondamento della tutela della dignità umana)» (punto 9 del

"considerato in diritto"). Pur riscontrando dunque un profilo di illegittimità della

disposizione di cui all'art. 580 C.p., la Corte ritiene di non potervi porre

rimedio con la semplice dichiarazione di incostituzionalità della norma, posto

che in questo modo «in assenza di una specifica disciplina della materia, qualsiasi

soggetto - anche non esercente una professione sanitaria - potrebbe lecitamente

offrire, a casa propria o a domicilio, per spirito filantropico o a pagamento, assistenza

al suicidio a pazienti che lo desiderino, senza alcun controllo ex ante sull'effettiva

sussistenza, ad esempio, della loro capacità di autodeterminarsi, del carattere libero e

informato della scelta espressa e della irreversibilità del patologia, espressa, quando di

fronte alla constatazione della necessità di un intervento legislativo per porre rimedio

al vulnus costituzionale. I giudici costituzionali, per evitare che trovi

applicazione nel giudizio a quo una di posizione illegittima, optano per una

soluzione inedita (definita dalla dottrina come incostituzionalità differita), e cioè

rinviano di un anno la decisione della questione loro sottoposta, lasciando al

legislatore il tempo di intervenire nel senso indicato dall'ordinanza, e

prospettando in caso contrario una pronuncia di illegittimità nei termini

sopra descritti.

L'anno di tempo concesso al legislatore trascorre senza che il Parlamento

pervenga all'approvazione di alcuna riforma, e con la sentenza. n. 242 del

2019 (sent. manipolativa con cui si è dichiarata incostituzionale una parte dell’art.580

cp e che adotta una soluzione compromissoria), depositata il 22 novembre 2019, la

Corte costituzionale, dando seguito alle indicazioni dell'ordinanza dell'anno

precedente, dichiara 'illegittimità costituzionale dell'art. 580 c.p. «nella

parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli

artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219, agevola l'esecuzione del

proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una

persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una

patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella

reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e

consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano

state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale,

previo parere del comitato etico territorialmente competente».

La Corte costituzionale, quindi, inaugura una tecnica decisoria che era una vera e

propria novità: incostituzionalità accertata ma non dichiarata. Si fissa al

legislatore un termine di intervento per emendare il vizio di incostituzionalità.

Tecnica usata anche in materia di ergastolo ostativo

2 sono i profili di costituzionalità individuati da pate del giudice delle leggi:

- Fatto che si incriminino anche le condotte di incriminazione materiale con

riferimento agli art. 2 13 e 2CEDU

- Censura il fatto che condotte di agevolazione materiale al suicidio siano

sanzionato con la stessa pena di quelle condotte che incidono sul percorso

deliberativo. Questo perché si va ad aiutare un soggetto che ha già deciso.

La corte cost ha escluso che l’incriminazione dell’aiuto al suicidio possa ritenersi di per

sé in contrasto con la costituzione. Non ha riconosciuto l’esistenza di un diritto al

suicidio che trovi fondamento in cost perché dall’art.2 cost discende il dovere dello

stato di tutelare la vita di un individuo e non quello di ottenere da un terzo aiuto a

morire. La corte cost opera un bilanciamento tra volontà di autodeterminazione di un

individuo con un principio che è quello solidaristico. Vero che da un lato si riconosce la

libertà di autodeterminazione della persona ma bisogna tutelare il diritto alla vita delle

persone più vulnerabili che lo stato deve tutelare da una scelta estrema come quella

del suicidio. Soluzione compromissoria.

Di lì a poco la corte costituzionale tedesca perviene a una decisione diversa: riconosce

nella carta fondamentale del suo apese l’esistenza di un diritto al suicidio che i giudici

tedeschi ricostruiscono sulla base del principio della dignità umana. NB:

nell’ordinamento tedesco a lungo non c’era stato un articolo analogo all’art. 580 e

quindi a lungo le fattispecie li inserite erano considerate lecite.

La corte cost. italiana ha indicato una serie di criteri in presenza dei quali la condotta

di aiuto al suicidio non è punibile:

- La persona deve essere affetta da patologia irreversibile e

- Fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che la persona trova assolutamente

intollerabile

- Che sia tenuta in vita per mezzo di trattamenti di sostegno vitale

- Resti capace di prendere decisione libere e consapevoli

Tali condizioni devono essere oggetto di verifica in ambito medico. È inoltre necessario

che la volontà dell'interessato sia stata manifestata in modo chiaro e univoco,

compatibilmente con quanto è consentito dalle sue condizioni; che il paziente sia stato

adeguatamente informato sia in ordine a queste ultime, sia in ordine alle possibili

soluzioni alternative, segnatamente con riguardo all'accesso alle cure palliative ed,

eventualmente, alla sedazione profonda continua; requisiti tutti la cui sussistenza

dovrà essere verificata dal giudice nel caso concreto».

A seguito di tale pronuncia la Corte d'assise di Milano ha assolto Marco Cappato dal

reato contestatogli.

Anche nel caso del suicidio assistito, come nei casi di eutanasia passiva su soggetto

capace o incapace analizzati sopra, il contributo della giurisprudenza (ordinaria nei

casi Welby e Englaro, costituzionale nel caso Antoniani) si è rivelato decisivo ai fini del

riconoscimento del diritto fondamentale del paziente a non essere costretto a tollerare

condizioni esistenziali dallo stesso (o da un suo rappresentante) ritenute lesive della

propria dignità. Come in relazione alle vicende oggetto dei casi Welby ed Englaro il

legislatore è poi intervenuto recependo e precisando i principi affermati in sede

pretoria, cosi anche per il suicidio assistito è quanto mai auspicabile che il Parlamento

voglia infine accogliere l'esortazione della Corte costituzionale a disciplinare la

materia, nella consapevolezza che solo un intervento normativo è idoneo a dissipare

dubbi e incertez

Dettagli
A.A. 2024-2025
146 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Auroraferraresi00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Ferrara o del prof Castronuovo Donato.