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CAPITOLO IV

LA FUNZIONE SOCIALE DEGLI ORATORI NELLE RELAZIONI DI

COLLABORAZIONE TERRITORIALE

1. IL RECEPIMENTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE TRA PRINCIPIO DI

SUSSIDIARIETÀ E CARATTERE TERRITORIALE DEGLI ORATORI

Gli oratori svolgono attività molto varie come sport, musica, educazione e insegnamento. Queste attività

sono spesso organizzate in percorsi educativi e sociali e fanno parte dei servizi alla persona. Per questo

motivo, rientrano nelle dinamiche del principio di sussidiarietà, sia in senso verticale (tra Stato e enti

locali) sia orizzontale (tra enti pubblici e privati). Queste dinamiche si inseriscono anche nella tensione

tra unità e differenziazione delle competenze tra Stato e Regioni.

Nel tempo, questa relazione tra Stato e Regioni ha creato un quadro normativo complesso, non sempre

uniforme, formato da leggi statali e regionali che hanno riconosciuto il valore sociale delle attività degli

oratori e li hanno inseriti ufficialmente tra i servizi socioeducativi.

Un elemento chiave è la vicinanza dell’oratorio al territorio: esso nasce e si sviluppa all’interno delle

comunità locali, adattandosi ai contesti sociali, storici e culturali. Questo ha spinto molte Regioni a

intervenire prima ancora dello Stato, riconoscendo gli oratori come forme di comunità attiva, capaci di

generare relazioni sociali e integrazione locale. Gli oratori, infatti, sono apprezzati per la loro apertura

verso tutti e per la capacità di cogliere i bisogni delle persone, specie dei giovani.

Le prime leggi che hanno riconosciuto il ruolo sociale degli oratori sono nate proprio a livello regionale.

Alcune di queste hanno anticipato le scelte dello Stato, mentre altre le hanno seguito, contribuendo in

ogni caso allo sviluppo e alla valorizzazione degli oratori non solo sotto il profilo pastorale, ma anche

educativo e sociale.

Tuttavia, anche se le Regioni hanno un ruolo centrale, ciò non toglie importanza al contributo dello Stato,

che ha fornito la base legale per il sostegno economico e giuridico agli oratori. Questo ruolo statale resta

fondamentale perché permette alle Regioni di giustificare le misure di sostegno pubblico in favore degli

oratori.

Questa centralità della normativa regionale è stata resa possibile dalle modifiche al Titolo V della

Costituzione, che hanno dato più autonomia alle Regioni, ampliando le loro competenze legislative e

amministrative. In particolare:

• L’art. 117 della Costituzione stabilisce le competenze legislative delle Regioni.

• L’art. 118 disciplina le funzioni amministrative, assegnandole a chi è più vicino ai cittadini,

cioè spesso proprio le Regioni.

Nel caso degli oratori, le loro attività rientrano nei servizi alla persona, che sono competenza esclusiva

delle Regioni (art. 117, comma 4). Tuttavia, lo Stato mantiene la competenza per definire i livelli

essenziali delle prestazioni (art. 117, comma 2, lett. m), cioè quei servizi e diritti che devono essere

garantiti a tutti, ovunque si trovino in Italia. Questo serve a garantire uguaglianza e uniformità nella

tutela dei diritti.

L’autonomia territoriale delle Regioni, unita alla volontà di valorizzare la società civile, ha portato a una

normativa regionale molto variegata. Le differenze riguardano sia le attività finanziate sia i soggetti

coinvolti. Tuttavia, tutte le normative hanno in comune il rapporto con le autorità religiose locali. 31

Queste differenze regionali nascono dal fatto che ogni territorio ha le sue peculiarità: in alcune Regioni

c’è una lunga tradizione oratoriana, che è diventata parte dell’identità locale. Gli oratori, in questi casi,

riflettono la storia, la cultura e i valori della comunità in cui sono inseriti, creando relazioni di reciproca

influenza con il territorio.

La forte connessione locale, unita allo sviluppo del principio di sussidiarietà (sia verticale che

orizzontale), ha portato il legislatore regionale a creare un sistema di norme articolato e non sempre

uniforme, che cerca però di valorizzare il legame tra oratori e territorio.

2. LE NORMATIVE REGIONALI. UN BREVE SGUARDO D’INSIEME

Quello che è stato detto in precedenza spiega perché quasi tutte le Regioni italiane abbiano deciso di

riconoscere e sostenere, con leggi proprie, la realtà degli oratori. In molti casi, queste leggi regionali

riprendono gli orientamenti della normativa statale, ma li adattano al contesto locale, rendendo il

campo di applicazione più ampio o più ristretto a seconda della Regione.

Alcune Regioni hanno approvato leggi specifiche sugli oratori, mentre altre inseriscono riferimenti agli

oratori all’interno di leggi più generali, ad esempio quelle che trattano di politiche sociali o

sociosanitarie. È il caso dell’Umbria, della Liguria e dell’Emilia-Romagna. In altri casi, la normativa sugli

oratori è contenuta in leggi finanziarie, come avviene in Veneto, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia.

Attraverso queste norme, le Regioni sostengono economicamente le attività degli oratori, anche se con

modalità diverse in base alla frequenza, entità del contributo e forme di collaborazione. Di solito, i

beneficiari sono enti religiosi, in particolare parrocchie, enti ecclesiastici della Chiesa cattolica e, in

alcuni casi, enti di altre confessioni religiose che hanno firmato un’intesa con lo Stato, secondo quanto

previsto dall’art. 8, comma 3, della Costituzione.

Tuttavia, anche su questo punto ci sono differenze tra le Regioni:

• Alcune, come Molise, Abruzzo e Calabria, limitano i benefici solo agli enti cattolici.

• Altre, come Lazio e Umbria, estendono i benefici anche ad enti di culto riconosciuti dallo

Stato, anche se non hanno firmato un’intesa.

• Altre ancora, come Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna, ampliano la disciplina includendo

anche enti non profit che svolgono attività educative e aggregative per adolescenti e

giovani.

I dettagli delle singole leggi regionali saranno approfonditi nei paragrafi successivi. Per ora, è importante

notare che, nonostante le differenze, tutte le Regioni si muovono verso un obiettivo comune: favorire

un percorso di collaborazione tra Regioni e Chiesa cattolica, attraverso sinergie con le Conferenze

episcopali regionali. L’obiettivo è valorizzare il ruolo sociale degli oratori, tenendo conto delle

specificità locali.

Molte Regioni, infatti, hanno firmato protocolli d’intesa con le autorità ecclesiastiche, per rafforzare la

funzione educativa e sociale degli oratori. Questi accordi permettono agli oratori di ampliare il loro

intervento sul territorio, adeguandosi alle esigenze concrete delle comunità locali. Le attività vanno

quindi: • dalla ricreazione e aggregazione,

• alla prevenzione del bullismo e cyberbullismo,

• al contrasto dell’abbandono scolastico,

• fino alla lotta contro l’esclusione sociale. 32

Questo processo ha ricevuto nuovo slancio durante la pandemia, anche grazie all’accesso a fondi

pubblici legati all’emergenza. In alcune Regioni, la crisi ha evidenziato l’efficacia delle collaborazioni già

esistenti, favorendo la nascita di forme di cooperazione più stabili e strutturate. Queste iniziative si

sono allargate anche oltre gli oratori, coinvolgendo altri settori delle politiche sociali, come:

• politiche giovanili,

• lotta all’emarginazione,

• integrazione lavorativa dei giovani.

In alcune Regioni, sono stati coinvolti rappresentanti delle confessioni religiose all’interno di organi

consultivi e di coordinamento regionale per le politiche sociali e giovanili.

La partnership religiosa viene quindi valorizzata nella programmazione e realizzazione delle politiche

sociali, soprattutto per quanto riguarda i giovani. Ciò si traduce in progetti concreti, portati avanti da

oratori in collaborazione con le Regioni, che mirano a:

• creare percorsi educativi specializzati,

• formare figure professionali nel campo socioeducativo.

Un esempio è il Corso di Alta Formazione per educatori e coordinatori di oratorio, organizzato

dall’Università Cattolica di Milano insieme a Odielle (Oratori Diocesi Lombarde). Si tratta di iniziative

che vanno verso una vera professionalizzazione del lavoro educativo negli oratori, anticipando il

concetto europeo di Youth work, ovvero il lavoro sociale con i giovani.

3. TERRITORIALITÀ E MULTIDIMENSIONALITÀ DELLE ATTIVITÀ

ORATORIALI NELLE SCELTE REGIONALI

L’IMPEGNO DELLE REGIONI A VENT’ANNI DALLA LEGGE VOLONTÈ

A vent’anni dall’entrata in vigore della legge Volontè, quasi tutte le Regioni italiane hanno approvato

una normativa specifica per sostenere e valorizzare la funzione socioeducativa degli oratori.

Fanno eccezione:

• la Toscana, che non ha adottato alcuna normativa in materia,

• il Trentino-Alto Adige, anche se la provincia autonoma di Trento riconosce il valore sociale

degli oratori all’interno della legge sullo sviluppo delle politiche giovanili.

Tutte le altre Regioni, con intensità e modalità diverse, hanno promosso gli oratori traducendo, in modo

più o meno ampio, gli indirizzi nazionali, con il risultato di ampliare o restringere il campo di

applicazione.

Alcune Regioni hanno riconosciuto il valore sociale degli oratori ancora prima della legge nazionale,

mentre altre hanno agito dopo l’approvazione di quest’ultima.

3.1 LE REGIONI CHE HANNO AGITO PRIMA DELLA LEGGE NAZIONALE

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Il Friuli-Venezia Giulia è stata una delle prime Regioni a occuparsi degli oratori, ancor prima della legge

Volontè. Già con la legge finanziaria del 2000, riconosceva il ruolo sociale ed educativo degli oratori

gestiti dalle parrocchie e prevedeva la possibilità di stipulare convenzioni con le Diocesi del territorio.

33

Successivamente, un regolamento regionale ha definito i criteri per distribuire i contributi destinati a

oratori, centri di aggregazione giovanili e ricreatori. In questo regolamento, viene anche stabilita la

partecipazione di un rappresentante per ogni Diocesi all’interno del Comitato consultivo, che ha il

compito di esprimere pareri sulla ripartizione dei fondi.

CALABRIA

La Calabria ha riconosciuto il ruolo sociale degli oratori parrocchiali, in particolare per attività ricreative

e per progetti di recupero di soggetti a rischio di emarginazione.

La legge prevede:

• un finanziamento annuale,

• l’approvazione dei bandi da parte delle autorità competenti,

• il parere obbligatorio della Conferenza episcopale regionale.

Nonostante l’approvazione precoce della legge, l’applicazione concreta è stata debole per la mancanza

di fondi.

LAZIO

Il

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Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiaram0501 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof D'Angelo Giuseppe.
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