IL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE
Presso la Camera dei deputati, opera il Comitato per la legislazione. Si tratta di un organo di recente istituzione presso la Camera
dei deputati. È composto da 10 deputati divisi in parti eguali fra appartenenti alla maggioranza e all’opposizione, di nomina del
Presidente della Camera. Al comitato compete una funzione di consulenza in tema di qualità della legislazione, essendo
deputato ad esprimere pareri circa la omogeneità, semplicità, chiarezza e proprietà della formulazione del testo dei progetti di
legge inviati dalle Commissioni, nonché riguardo la loro efficacia in ordine alla semplificazione e al riordino della legislazione
vigente. La funzione consultiva è esercitata, in merito ai rispettivi progetti di legge, nelle ipotesi di delegazione legislativa e di
delegificazione: il comitato può avanzare richiesta di soppressione delle disposizioni che risultino in contrasto con le esigenze
previste dalla legislazione vigente. Per lo svolgimento delle proprie funzioni ciascuna Camera si avvale di un apparato
burocratico. Al suo vertice v’è il Segretario generale, nominato dall’Ufficio di Presidenza, vero e proprio snodo fra
l’amministrazione e la componente politica delle Camere.
IL REGIME DI AUTONOMIA: L’ AUTONOMIA NORMATIVA
La potestà di auto-organizzazione delle Camere rappresenta un aspetto fondamentale della loro autonomia, che si inserisce in
un ampio contesto di indipendenza istituzionale. Questo regime di autonomia si basa sul riconoscimento delle Camere come
organi costituzionali, il che implica una posizione di indipendenza generale nell’esercizio delle proprie funzioni. Tale autonomia è
strettamente legata al ruolo peculiare del Parlamento negli ordinamenti democratici, dove esso rappresenta direttamente il
popolo (corpo elettorale) ed è titolare della sovranità (art. 1, comma 2, Cost.). L’autonomia organizzativa delle Camere non si
limita alla libertà di designare i singoli membri per i propri uffici, ma si esplica in una vera e propria competenze regolatoria
dell’assetto organizzativo delle stesse. Questo significa che le Camere hanno il potere di definire la propria struttura e il proprio
funzionamento. In sostanza, il Parlamento esercita la propria autonomia attraverso la potestà di darsi le proprie regole, infatti
l’organizzazione interna delle Camere e l’esercizio delle loro funzioni trovano la loro disciplina non solo nelle disposizioni
costituzionali, ma anche in atti di auto-normazione chiamati tradizionalmente regolamenti parlamentari. L’art. 64 della
Costituzione attribuisce a ciascuna Camera il compito di dotarsi di un proprio regolamento, che deve essere approvato con la
maggioranza assoluta dei suoi membri. Questo regolamento regola le modalità di esercizio delle funzioni legislative, come
esplicitamente indicato anche nell’art. 72, che fa riferimento al regolamento per definire le forme e i modi di svolgimento
dell’attività legislativa. Dal testo dell’art. 64 derivano due conseguenze principali: la disciplina regolamentare, che è una
questione di natura costituzionale, rientra nella competenza esclusiva della fonte di auto-normazione delle Camere, con una
riserva di competenza che non può essere intaccata da altre fonti normative. Questa competenza è anche supportata dalla
tradizione parlamentare; poiché l’adozione di un regolamento parlamentare ha una grande importanza, la sua approvazione
richiede una maggioranza qualificata, ovvero la maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera. Questo garantisce che il
regolamento abbia un ampio consenso, che può estendersi anche all’opposizione, assicurando stabilità alle norme regolamentari.
Per quanto riguarda l’insindacabilità di questi atti, i regolamenti parlamentari non sono sindacabili dalla corte costituzionale
perché sono espressione dell'autonomia di un organo istituzionale quale il parlamento e pertanto si differenziamo dalle leggi
ordinarie ma devono comunque conformarsi a costituzione. Pur non essendo equiparabili alla legge ordinaria ma
costituzionalmente previsti, appartengono al livello primario delle fonti. Un’ultima riflessione riguarda il piano contenutistico e
sostanziale del regolamento parlamentare, inteso non solo come fonte normativa interna delle Camere, ma anche come
specchio delle dinamiche politiche e istituzionali che attraversano il sistema parlamentare. In effetti, i regolamenti di Camera e
Senato non sono strumenti neutri o meramente procedurali: al contrario, essi riflettono, nella loro evoluzione, i mutamenti che
hanno interessato nel tempo la forma di governo e i rapporti tra le forze politiche, in particolare tra maggioranza e
opposizione. In definitiva, i regolamenti parlamentari, nella loro evoluzione, non solo accompagnano i mutamenti istituzionali,
ma ne sono anche strumenti attivi, capaci di influenzare e indirizzare gli equilibri tra i poteri dello Stato e tra le forze politiche.
IL REGIME DI AUTONOMIA: LE ALTRE FORME
Restando nell’ambito della condizione di autonomia e indipendenza delle Camere, è necessario soffermarsi su ulteriori aspetti
che concorrono a delinearne il profilo costituzionale. Tra questi, l’autonomia contabile e finanziaria rappresenta un elemento
imprescindibile. Fin dalle origini del parlamentarismo è emersa la consapevolezza che la libertà d’azione del Parlamento non
potesse dirsi effettiva se questo fosse stato finanziariamente dipendente dal Governo e, in epoca monarchica, dal Sovrano. In
altre parole, l’indipendenza economica è sempre stata avvertita come una condizione necessaria per l’esercizio libero e pieno
delle funzioni parlamentari. Nel nostro ordinamento, tale principio si traduce nella facoltà riconosciuta alle Camere di
determinare autonomamente il proprio fabbisogno finanziario attraverso l’approvazione del bilancio preventivo e del conto
consuntivo, redatti dagli Uffici di Presidenza e deliberati dalle rispettive Assemblee. A questa autonomia gestionale si aggiunge
un altro aspetto di rilievo: l’esonero delle Camere dall’obbligo di sottoporre i propri bilanci alla Corte dei conti. Questo regime è
stato riconosciuto come espressione dell’autonomia costituzionale di cui godono le Camere. Tale esenzione, estesa anche alla
Presidenza della Repubblica e alla Corte costituzionale, non va letta come un privilegio arbitrario, bensì come un riflesso coerente
con l’esigenza di preservare l’indipendenza degli organi costituzionali di garanzia da potenziali interferenze esterne, soprattutto
da parte dell’esecutivo.
Nella stessa logica di salvaguardia dell’autonomia e dell’indipendenza delle Camere si colloca anche un’ulteriore garanzia:
l’immunità della sede parlamentare. I regolamenti parlamentari prevedono un divieto assoluto di ingresso nelle aule
parlamentari — così come nelle sedi decentrate di organi o uffici delle Camere — non solo per i soggetti estranei, ma anche per
la forza pubblica, a meno che non vi sia un ordine espresso del Presidente della Camera interessata e solo dopo la sospensione o
la chiusura della seduta. Il potere di mantenere l’ordine all’interno delle sedi parlamentari è affidato esclusivamente alla
competenza del Presidente di ciascuna Camera, il quale agisce in piena autonomia nel garantire il regolare svolgimento dei lavori.
A questa competenza organizzativa si affianca una specifica tutela penale.
L’autodichia, o giurisdizione domestica, rappresenta una manifestazione emblematica dell’autonomia costituzionale delle
Camere, consistendo nel potere di ciascuna di esse di risolvere internamente le controversie concernenti lo stato giuridico ed
economico del proprio personale. In tal senso, a decidere sui ricorsi dei dipendenti avverso provvedimenti che incidono sulla
loro carriera sono organi interni. Tuttavia, questo istituto pone problemi di compatibilità con i principi costituzionali di tutela
giurisdizionale: in particolare, con il diritto di difesa (art. 24 Cost.), con la garanzia dell’accesso a un giudice imparziale e terzo
(art. 111 Cost.), e con il principio della giurisdizione del giudice ordinario per la tutela dei diritti soggettivi e degli interessi
legittimi (artt. 101 e 113 Cost.). L’autodichia manca di un fondamento costituzionale espresso e trova giustificazione solo nella
più generale esigenza di autonomia delle Camere, la cui estensione a questo ambito appare tuttavia problematica. Ciò risulta
ancor più evidente alla luce della giurisprudenza costituzionale, che ha elevato il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) a
principio supremo dell’ordinamento costituzionale, non derogabile nemmeno tramite leggi di revisione costituzionale. In questa
prospettiva, l’autodichia risulta difficilmente conciliabile con i principi fondamentali dello Stato di diritto e con le garanzie del
giusto processo.
La questione della verifica dei poteri da parte delle Camere è prevista dall’articolo 66 della Costituzione ed è rilevante per
quanto riguarda il più discorso sull’autonomia di quest’organo. esercitata dalle Camere. È il potere di accertamento della
regolarità delle elezioni, del possesso dei requisiti di eleggibilità del parlamentare e dell’assenza di cause di incompatibilità
originaria o derivata. L’assunzione della carica richiede di essere convalidata dalla camera di appartenenza, essendo quello un
controllo necessario, cui va sottoposta ogni elezione a deputato e senatore. Il carattere generale dell’istituto non risparmia
neppure i senatori a vita.
Ambo le Camere si sono dotate di apposite Giunte, cui spetta il compito di vagliare in prima battuta le elezioni dei singoli
parlamentari. In questa fase la Giunta, qualora non abbiano a riscontrare irregolarità, procede ad un riscontro “a tappeto” che è
di mera deliberazione e si conclude con una proposta di convalida dell’elezione dell’assemblea che, di regola, si limita ad una
semplice presa d’atto. Per le elezioni in ordine alle quali emergano profili di possibile irregolarità, la Giunta procede ad
un’indagine più approfondita che può portare all’apertura di una fase ulteriore: la contestazione dell’elezione. Il procedimento
prevede la garanzia della udienza pubblica, con redazione di apposito resoconto stenografico, e della necessaria motivazione
della decisione assunta dalla Giunta in Camera di Consiglio. Al termine di questa fase, la Giunta delibera circa la proposta da fare
all’assemblea, che può essere di convalida, ovvero di annullamento o di decadenza, spettando comunque a quest’ultima ogni
decisione definitiva. Recenti modifiche regolamentari hanno accentuato il ruolo svolto dalle Giunte, che offrono qualche
maggiore garanzia in termini di oggettività rispetto all’assemblea. In caso di annullamento dell’elezione, la decisione
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