ALTRI ATTI LEGISLATIVI DEL GOVERNO
Tra gli atti legislativi del Governo possono problematicamente essere inserite alcune fonti, quali:
• Gli atti adottati dal Governo in caso di guerra: dopo la dichiarazione dello Stato di Guerra le Camere conferiscono al Governo i
poteri necessari ex art. 78. Tali atti sono assimilati ai decreti legislativi, ma c’è chi ritiene che andrebbero invece assimilati ai
decreti legge. Lo stato di guerra legittima la sospensione delle garanzie dei diritti e delle libertà;
• Decreti di amnistia e indulto: necessitano della delegazione;
• I decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali: attribuiti al Governo da disposizioni di rango costituzionale. Non si ha né
decreto legge né decreto legislativo, ma una competenza specifica del Governo. Il procedimento prevede il parere di commissioni
statali-regionali. Non sono idonei ad abrogare, modificare, derogare leggi e atti a queste equiparati, se non nella materia di
propria competenza ed essi esclusivamente riservata. Sono stati ritenuti sindacabili dalla Corte costituzionale e possono
costituire parametro di legittimità nel giudizio. Le leggi regionali e le leggi statali che non presentino certe caratteristiche formali
e sostanziali non sono ritenute idonee a modificare le disposizioni dei decreti di attuazione. La modifica dello statuto o la
sostituzione con un altro statuto non comportano di per sé invalidità o inefficacia delle norme di attuazione del vecchio, sempre
che esse non contrastino con il nuovo statuto o riguardino disposizioni statuarie non recepite nel nuovo, e quindi abrogate per
disciplina dell’intera materia. Qualora la materia sia sufficientemente individuata dalla fonte statuaria, le Regioni speciali e le
province autonome possono esercitare, anche in caso di mancata emanazione delle norme di attuazione, le potestà loro
spettanti in base allo statuto.
REFERENDUM ABROGATIVO
ARTICOLO 75
“E` indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge,
quando lo richiedono 500.000 elettori o 5 Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è
raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum”.
Il referendum abrogativo è un tipico istituto di democrazia diretta attraverso il quale il corpo elettorale è chiamato a deliberare
sull’abrogazione “totale o parziale” di una legge o di un atto avente valore di legge. Il referendum è una vera e propria fonte del
diritto, con la stessa efficacia della legge formale; hanno diritto di parteciparvi tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei
deputati; la proposta soggetta a referendum si intende approvata se alla votazione si è presentata la maggioranza degli aventi
diritto e i voti favorevoli hanno raggiunto la metà più uno di quelli validamente espressi (c.d. doppio quorum). L’art. 75 rinvia
inoltre alla legge ordinaria (legge n. 352/1970) la determinazione delle “modalità di attuazione del referendum”.
Il procedimento è così articolato:
o Iniziativa: nel caso di referendum di iniziativa popolare, i promotori (almeno 10) devono presentarsi alla cancelleria della Corte
di Cassazione indicando la legge o l’articolo per la quale intendono promuovere la raccolta delle firme (almeno 500.000). La
cancelleria provvede a darne notizia nella Gazzetta Ufficiale;
o Raccolta delle firme: deve svolgersi entro tre mesi e le firme devono essere autenticate da un notaio o da un funzionario
abilitato a conferire pubblica fede ai documenti;
o Deposito delle sottoscrizioni: la raccolta delle firme assieme alla richiesta di referendum e ai certificati elettorali dei
sottoscrittori, va depositata entro il 30 settembre di ogni anno all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione;
o Controllo di legittimità costituzionale: la Corte costituzionale decide, con sentenza da pubblicarsi entro il 10 febbraio, quali
richieste siano ammissibili e quali siano da respingere;
o Indizione: il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice il referendum per le richieste
ammesse, fissando l’espletamento delle votazioni in una delle domeniche comprese tra il 15 aprile e il 15 giugno;
o Votazione e scrutinio: le modalità delle consultazioni sono quelle prescritte per le elezioni politiche;
o Proclamazione dei risultati:
o Risultato sfavorevole all’abrogazione: se ne dà semplice notizia sulla G.U. e non può proporsi nuovo referendum con
medesimo oggetto prima che siano trascorsi 5 anni;
o Risultato favorevole all’abrogazione: il Presidente della Repubblica con proprio decreto (avente natura normativa e
paralegislativa), dichiara l’avvenuta abrogazione della legge, che ha effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della
pubblicazione del decreto nella G.U.
Il Presidente della Repubblica può ritardare l’abrogazione per un massimo di 60 giorni (c.d. ultrattività).
Qualora il Parlamento non si attivi subito dopo l’abrogazione referendaria, il vuoto così generato andrà colmato dagli interpreti e,
in particolare, dai giudici. Si determina, automaticamente, una normativa di risulta, frutto della saldatura fra il referendum e la
disciplina legislativa residuale.
Il referendum conosce limiti di competenza espressi dalla Costituzione. Infatti non può abrogare:
o Norme derivanti da fonti secondarie o leggi regionali (art. 75, comma 1);
o Leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali (art. 75, 2° comma);
o Norme di rango costituzionale.
L’uso normale del referendum dovrebbe essere determinato, in via molto generale, da una situazione (di fatto) non ordinaria, ma
straordinaria; non normale, ma eccezionale. Governo e corpo elettorale potrebbero solo eccezionalmente sostituirsi al
Parlamento nell’esercizio della funzione legislativa. È il Parlamento che, secondo la nostra Costituzione, dovrebbe far fronte alle
situazioni di normalità-ordinarietà attraverso l’esercizio della funzione legislativa.
La mancanza del presupposto, nel caso del referendum, produce dunque quello che viene definito come “abuso” del ricorso ad
esso. L’abuso può risultare da un uso eccessivo, quantitativamente sovrabbondante rispetto alla eccezionalità dell’istituto, o da
un uso distorto, per eccesso qualitativo. È il noto fenomeno dei referendum manipolativi esplicitamente censurato dalla Corte
costituzionale,ove si è affermato il principio dell’inammissibilità di richieste ablatorie che si propongono, mediante la
“soppressione di mere locuzioni verbali, peraltro inespressive di qualsiasi significato normativo, […] la sostituzione della norma
abroganda con altra assolutamente diversa”. Il referendum sarebbe inoltre un atto normativo dotato, secondo le prescrizioni
dell’ordinamento, di un particolare vincolo di contenuto, che può individuarsi nella “puntualità”, ossia nella richiesta (dalla
giurisprudenza costituzionale) omogeneità sostanziale dell’oggetto su cui verte. Il referendum manifesta una volontà irripetibile
e definitiva. Ne consegue che l’abrogazione tramite referendum di una disciplina legislativa “non potrebbe consentire al
legislatore la scelta politica di far rivivere la normativa ivi contenuta”, neppure “a titolo transitorio”. Tuttavia, la resistenza a futuri
interventi legislativi va limitata alla sola ipotesi che la legge posteriore riproduca la normativa già abrogata dal popolo, ponendo
nel nulla la deliberazione popolare, ripristinando di fatto la situazione normativa preesistente al referendum. Il legislatore che
volesse reintervenire ex post sul tessuto normativo inciso dal referendum sarebbe libero di farlo in ogni altro modo. Al legislatore
è, insomma, precluso di meramente ripristinare la normativa abrogata. In assenza dei mutamenti potenzialmente idonei a
giustificare la reintroduzione delle disposizioni abrogate, la legge “ripristinatoria” deve ritenersi incostituzionale per violazione
dell’art. 75 Cost. (sent. n. 199/2012).
FONTI A COMPETENZA COSTITUZIONALMENTE RISERVATA ED ALTRI ATTI NORMATIVI PROBLEMATICAMENTE RIENTRANTI NEL C.D. LIVELLO PRIMARIO
Possono essere collocate al c.d. livello primario alcune fonti a competenza costituzionalmente riservata, quali i regolamenti
parlamentari e i regolamenti degli altri organi costituzionali. L’autonomia degli organi costituzionali si fonda sull’assunto che la
disciplina di tutto quanto riguarda l’organizzazione e il funzionamento di tali organismi dovrebbe essere rilasciato alla libera
determinazione degli stessi, salve sempre le norme costituzionali.
• Regolamenti parlamentari: atti distinti delle due Camere, contenenti norme sull’organizzazione e il funzionamento delle
assemblee legislative, nonché sui rapporti fra queste e gli altri organi costituzionali (ad esempio il Governo). Ciò basta a
distinguerli, in quanto atti monocamerali e per la speciale maggioranza richiesta, dalle leggi. Neanche la legge ordinaria può
validamente interferire. L’art. 64 non rilascia alle Camere le modalità di approvazione degli stessi, ciascuna Camera adotta il
proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti (art. 61, 1° comma). Vi è poi l’obbligo di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale. Ogni disegno di legge “presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da
una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale” (art. 72, 1° comma). I
regolamenti parlamentari possono introdurre norme derogatorie rispetto a quelle che disciplinano il procedimento ordinario di
approvazione delle leggi (art. 72). Vi è una Riserva di competenza in materia di organizzazione e funzionamento delle Camere:
hanno la primarietà propria degli atti legislativi (subordinazione alle sole norme Costituzionali); non sono oggetto di sindacato di
legittimità costituzionale (art. 134) né di referendum abrogativo: alle Camere è riconosciuta l’indipendenza verso ogni altro
potere.
• Regolamenti della Corte costituzionale: espressione di autonomia normativa di un organo supremo. Non trovano fondamento
espresso nella Costituzione.
o La legge ordinaria di attuazione dell’art. 137 prescrive che la Corte può disciplinare l’esercizio delle proprie funzioni con
regolamento appr
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