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FLIPPED LEARNING
Un passaggio che fanno gli autori di riferimento Bergman e Sams, a questo punto, dal capovolgere la classe, si
passa al capovolgimento dell’apprendimento. Pur non conoscendo Visalberghi, si rendono conto di essere
entrati in questo ragionamento, l’insegnamento non è più l’aspetto centrale, ma al centro è il coinvolgimento
dello studente (apprendimento-insegnamento). Quello che è cambiato è che adesso si segue un processo
studiato nelle video lezioni, il poter rinviare la lezione ad un progetto a casa permette di coinvolgere anche i
genitori. Le modalità comunicative che usano sono più in linea con il linguaggio degli studenti. L’aspetto
negativo è che i video possono favorire la memorizzazione, se a casa non ci sono certi stimoli, è facile
l’insorgenza delle disugualianze, vengono meno le interazioni tra pari.
Khan è un ingegnere statunitense che ha fondato un’Accademia che è entrata nel discorso di finanziamento di
Bill Gates, vennero aperti degli archivi accessibili a tutti, ma questi possono sostituire la scuola? Probabilmente
no e lo abbiamo visto nel periodo della pandemia, perché quel rapporto con gli insegnanti e tra pari sono
formativi per la crescita della persona. L’idea della scuola in rete non ha avuto successo, sicuramente come
rinforzo delle conoscenze, può dare un contributo fortissimo in termini di attività e in questo senso
l’apprendimento viene capovolto. Questo principio del capovolgimento, nell’ottica del cooperative learning è
innovazione ma non solo, perché è una strategia storicamente utilizzata. Ci sono persone che approfondiscono
l’approccio flipped che lo vogliono migliorare, e altri studiosi che lo inseriscono in una prospettiva più ampia
nel rapporto apprendimento-insegnamento. Uno studioso ha affermato che ormai la strategia è antica.
Il principio del capovolgimento, secondo De Mauro “è un modo nuovo di rispondere a esigenze che nelle
scuole, tra chi insegna e apprende, sono presenti da tempo”, significa dare l’occasione di provare a sollecitare
l’apprendimento attivando processi autonomi, ma sono aspetti che vengono richiesti storicamente, solo che si
fa in modo diverso.
Le pratiche del capovolgimento già presenti erano la lettura preventiva dei contenuti e degli argomenti, le
strategie indirette (non fornire le soluzioni, contestualizzare i concetti a partire da punti di vista diversi…), gli
studenti in aula devono avere un livello di organizzazione specifica che non tutti hanno (non dipende dalla
volontà, ma è una componente che manca e che continuerà a mancare, motivo per il quale questo non viene
utilizzato molto), il sapere esperto del professore emerge quando gli vengono poste domande (altrimenti è
meglio la video lezione).
La proposta tradizionale e la proposta flipped se presentate così, entrambe hanno limiti e vantaggi, l’approccio
flipped non è solo innovazione. Tutte le attività raggiungono gli obiettivi che vorremmo? Se non si
padroneggiano le competenze sociali, l’approccio collaborativo non funziona. Occorre adattarsi a questo tipo di
percorso e lavorare in questo modo. Il dispositivo relativo alle pratiche deve essere centrato sull’allievo, lo
strumento essenziale con accesso al sapere è centrato sui materiali, che se si continuano a presentare agli
studenti secondo un approccio tradizionale cosa si innova? Per cambiare le modalità di fare lezione devo
mettere in campo procedure induttive e non deduttive.
24/04
video di Piero Angela “il bambino e la mente” (Superquark)
Ad 8-10 anni i bambini attraversano il periodo della “segregazione di genere”: bambini e bambine si auto-
segregano nel loro gruppo di appartenenza. Questo atteggiamento vissuto da molti bambini e bambine, è
differente ai condizionamenti sociali, non dipende da questo che gradualmente si tende a perdere (i gruppi si
uniscono).
TERZO VOLUME-VALORE EDUCATIVO DEL GIOCO
“Gioco, caratteristiche ludiche e apprendimento”, si vuole prendere in esame il carattere generale del ludico,
passaggio da ludico a ludiforme (per Visalberghi) e il modello di apprendimento ludico. La relazione tra gioco e
apprendimento è di grande complessità ed eterogeneità, oggi si riconoscono molte forme del gioco, in
particolare con le tecnologie digitali. Oggi sappiamo che non giocano solo i bambini, ma anche gli adulti
(giochi di ruolo, digitali…), la relazione tra gioco e apprendimento sembra essere in continua espansione, dagli
anni 2000 in poi sembra essere cresciuta moltissimo, ci sono molte più persone che giocano (utilizzando anche
il digitale). Parlando di attività ludica, sappiamo che questo riflette un grande interesse per gli insegnanti e gli
educatori, tanti esperti dell’educazione ritengono che la strategia ludica sia privilegiata per motivare e catturare
l’attenzione degli allievi, in questo caso c’è un grande però: la ricerca non ci offre consegne positive in merito a
riconoscimenti certi che il gioco faciliti l’apprendimento, e questo discorso vale per tutte le strategie
innovative. La ricerca scientifica non prende facilmente posizione nel dire che la strategia laboratoriale sia
migliore della didattica tradizionale, non c’è questa certezza, e gli educatori osservano che nei contesti
educativi, nel momento in cui si mette in atto una proposta formativa basata sul gioco comporta una
motivazione e interesse maggiori. In questo saggio troviamo l’individuazione delle definizioni del gioco in senso
libero, praticato come scelta spontanea, nella parte centrale è presente il passaggio all’attività di
apprendimento, nella terza parte un modello di apprendimento ludico. Possiamo essere interessati al gioco
come adesione libera, ma ancora più interessante è come manipolare caratteristiche ludiche per trasformare la
proposta formativa in una modalità ludiforme.
Troviamo all’inizio Roger Caillois, il quale nel 1958 pubblica un testo “I giochi e gli uomini, la maschera e la
vertigine”, classico di riferimento, ancora oggi la sua classificazione dei giochi è talmente attuale e insuperata.
Ci dice che il gioco è libero, il giocatore inizia a giocare in modo volontario ed è libero di smettere di giocare,
non si può costringere qualcuno a giocare. Anche se nei nidi e nelle scuole dell’infanzia le educatrici
organizzano il gioco libero (momento in cui non c’è l’organizzazione) e il gioco organizzato (non è esattamente
libero, ma si mettono in campo delle questioni piacevoli, ma è un gioco manipolato e non puro). Il gioco è
separato, ovvero che identifica una separazione dalla realtà, è chiuso e definito da confini che lo separano dal
mondo esterno, ogni gioco si ricava un proprio spazio e stabilisce una cornice paradossale che lo separa dal
resto del mondo. Chi gioca entra in una cornice paradossale e quello che avviene nel gioco è diverso da quello
che avviene nella realtà, si creano dei confini (Gregory Bateson). Il gioco è incerto, non si può sapere come
finisce un gioco, cosa succede, sappiamo che il gioco è privo di errori e accade sia nei giochi che hanno regole,
che nei giochi liberi guidati dalla fantasia (anche in un videogioco), l’errore nel gioco non fa paura. Il gioco è
improduttivo, si gioca per il piacere di farlo non per il prodotto che si ottiene, quel che interessa è partecipare
e non per un compenso o obbligo. Il gioco è autoregolato, è libero e caratterizzato da regole, per giocare
occorre condividere con gli altri le regole definite che valgono fino al termine del gioco; per giocare occorre
che chi gioca si metta d’accordo con gli altri giocatori, per Bateson può essere un accordo verbale tra i
giocatori ma è anche un gesto o uno sguardo. Il gioco è fittizio, chi gioca è consapevole del fatto che ciò che sta
facendo è una finzione, è consapevole che ciò che svolge è un gioco (“facciamo finta che…”), il bambino sa
perfettamente che il gioco simbolico è una finzione, e l’adulto difficilmente può avvicinarsi a questo.
Caillois oltre ad aver offerto queste caratteristiche, ci propone una classificazione ancora insuperata oggi.
Individua 4 categorie:
-COMPETIZIONE
-FORTUNA
-TRAVESTIMENTO/MASCHERA
-VERTIGINE
Categorie importanti perché molti giochi trovano una collocazione in uno o più di queste caratteristiche (gioco
di carte-competizione e fortuna). Possiamo usare queste categorie come progettazione delle attività formative,
utilizzando tutte e 4 le categorie, alternandole. Differenza tra “play” e “game”, in inglese c’è questa distinzione,
in cui il primo è il gioco libero, il secondo è il gioco strutturato.
Per quanto riguarda il passaggio dal ludico al ludiforme presentato da Visalberghi, è il traduttore di Dewey e
negli anni 80 rimane fortemente influenzato da questi studi, e riflettere anche sul cambiamento sociale a cui
assiste negli anno 60 (“boom economico” e l’esplosione demografica). Visalberghi nota le criticità legate al
mondo industrializzato, dell’operaio nella linea di montaggio (alienazione dell’uomo), senza sapere cosa accade
prima e senza sapere cosa accade dopo (non c’è il riconoscimento del prodotto). Per sfuggire a questa
alienazione Visalberghi mette in campo la figura dell’artigiano, ponendo una forte differenza con l’operaio,
perché l’artigiano vede il processo produttivo nella sua interezza (partendo dalla materia prima arrivando alla
progettazione finale del prodotto), cosa che l’alienazione del lavoro in fabbrica non consente di vedere. E
questa differenza di vivere il lavoro (che ricorda la scuola laboratorio di Dewey, in cui il bambino pensa il
progetto, ha il materiale a disposizione e organizza il progetto insieme all’educatrice, si parte dall’ipotesi).
Forte di questa riflessione V. dice che ciò che caratterizza l’artigiano è che vuole fare il suo lavoro con passione
e partecipazione, l’operaio in fabbrica no; quindi si riconosce l’impegnatività (il lavoro impegna fisicamente
e cognitivamente in modo piacevole). Osserva che c’è un rapporto di continuità nel lavoro dell’artigiano, che
perfeziona il proprio percorso nel tempo (progressività). Il bambino nel gioco è sempre molto impegnato,
non sente cosa accade fuori per la concentrazione, si progredisce per continuità (livelli in un videogioco),
l’introduzione delle difficoltà è progressiva. Sono 3 elementi tipici del ludiforme: andare a sottolineare le
caratteristiche dell’artigiano, del laboratorio,