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EDUCAZIONE INFORMALE (FAMIGLIA) SI NO

EDUCAZIONE NON FORMALE (MASS-MEDIA) NO NO

Possiamo definire l’azione di insegnamento come una relazione educativa finalizzata all’apprendimento di

un determinato patrimonio culturale, situata in un dato contesto istituzionale

I: insegnante

C: contenuti culturali

A: allievi

Ora si tratta di individuare alcune dimensioni dell’insegnamento. La prima dimensione è quella relazionale-

comunicativa, attenta alla dinamica relazione che si viene a creare tra l’insegnante e gli allievi. La seconda

dimensione è quella metodologico-didattica, attenta alla modalità di trasmissione del patrimonio culturale

da parte dell’insegnante. La terza dimensione è quella organizzativa, attenta alla predisposizione del setting

formativo entro cui agire l’azione didattica: com’è strutturata l’aula? Come viene gestito il tempo?

La didattica si focalizza soprattutto sulla ricerca sull’insegnamento, orientata alla comprensione del

fenomeno insegnamento, più che alla sua regolamentazione. L’insegnante diviene fonte del sapere,

produttore di un sapere autonomo a partire dalla sua esperienza. Cosimo Laneve afferma che la didattica

studia l’insegnamento, in quanto tale, vale a dire l’analisi di tutto quello che si fa perché un soggetto, che

voglia imparare, apprenda conoscenze relative ai diversi saperi.

2. RICERCA

Ogni proposta didattica deve essere messa in relazione al contesto entro cui si attua. Il sapere

dell’insegnante è un sapere pratico, non teorico. La visione di didattica che emerge rinvia a Donald Schòn e

2

al suo testo Il professionista riflessivo. Da qui la distinzione tra due paradigmi conoscitivi: la razionalità

tecnica e la riflessività. La razionalità tecnica emerge dall’epistemologia positivistica della conoscenza, per

cui la conoscenza può essere considerata significativa solo se validata da osservazioni empiriche. Poi Schon

propone il concetto della riflessione in azione, un processo di pensiero nel corso dell’azione stessa: mentre

riflettono in azione gli individui cercano di attribuire significato a ciò che stanno facendo e

conseguentemente modificano i fini e i mezzi in rapporto alla situazione.

La logica del professionista e quella del ricercatore tendono ad avvicinarsi in quanto accomunate da un

medesimo interesse conoscitivo.

L’assunzione di un paradigma riflessivo comporta il superamento di un paradigma di razionalità tecnica

riconoscibile attraverso alcune linee di sviluppo:

- Dal conoscere per agire a un conoscere sull’agire

- Dalla separazione tra ricerca e azione al professionista come ricercatore

- Dalla conoscenza tacita alla consapevolezza critica

In generale il ruolo della didattica consiste nell’aiutare l’insegnante a rendere comunicabile il proprio

sapere, fornendo categorie di lettura, strutture di interpretazione.

Secondo Calidoni possiamo pensare a tre differenti visioni della didattica:

1. La visione grammaticale che ha una funzione regolativa dell’azione

2. La visione sintattica: la didattica propone strumenti e categorie di lettura utili a scomporre l’evento

di insegnamento. Ha una funzione esplicativa nell’analisi dell’evento

3. La visione semantica: sottolinea la funzione narrativa affidata alla didattica in rapporto all’azione di

insegnamento per rappresentare la rielaborazione dell’esperienza.

Nel passaggio dalla visione grammaticale alla visione semantica si riflette lo slittamento da un paradigma di

razionalità tecnica ad un paradigma di riflessività: la didattica cambia ruolo: da sapere degli insegnanti,

diviene sapere con gli insegnanti. La ricerca non è qualcosa di separato e distante dall’azione, ma si

interseca con essa; il ricercatore non si sostituisce all’insegnante ma lo affianca, nell’intento di aiutarlo a

dare significato alla propria esperienza professionale.

3. INNOVAZIONE

Il concetto di innovazione rientra a pieno titolo tra le parole chiave della didattica, in quanto strettamente

congiunto a quello della ricerca: se la ricerca si orienta a essere con gli insegnanti, allora sfocia

inevitabilmente nell’azione e diventa strumento per la gestione del cambiamento, anche in ambito

didattico.

La riflessione sul cambiamento come processo di reciproco apprendimento tra individui e contesto d’azione

ha interessato anche la scuola, a partire dalla metà degli anni 70. Scurati definisce questa nuova fase di

elaborazione sul cambiamento educativo “momento antropologico”, a sottolineare l’importanza del

soggetto e di concetti come il dialogo, la comunicazione, l’apprendimento.

Un primo principio concerne l’intrinseca storicità del processo di cambiamento, l’insieme degli eventi che si

modificano nel tempo. 3

La natura dialogica e interpretativa del cambiamento pone al centro dell’attenzione la soggettività di colui

che è responsabile dell’azione.

Un altro tratto emergente dell’innovazione è la contestualità, ovvero la comprensione del suo significato in

rapporto allo specifico contesto ambientale entro cui è inserita l’azione.

Un ulteriore tratto connesso alla prospettiva del cambiamento riguarda la globalità, ovvero il

coinvolgimento nell’evento del sistema organizzativo nella sua totalità.

La natura dialogica del cambiamento mette in luce la categoria della reciprocità come tratto fondamentale,

ossia la bidirezionalità del processo di modificazione.

L’ultimo tratto che qualifica l’attuale nozione di cambiamento scolastico è la riflessività. Il dialogo costante

tra contesto e attori richiede una razionalità riflessiva capace di dare senso al cambiamento, di riconoscerlo

e di interpretarlo.

Sulla base dei sei connotati del concetto di innovazione didattica possiamo sintetizzare i criteri regolativi

che qualificano un’innovazione efficace:

1. Contrattualità: mandato chiaro che definisca responsabilità, modi e tempi di lavoro

2. Gradualità: progressiva estensione

3. Condivisione

4. Negoziazione: processo dialogico di costruzione comune di significati e decisioni

5. Supporto

6. Praticità: identificazione delle azioni da compiere e delle attività da sviluppare

7. Rivedibilità: il processo migliorativo richiede di essere precisato e riformulato in itinere

Una ricerca senza cambiamento è vuota, ma un cambiamento senza ricerca è cieco.

Riprendendo Hopkins, è possibile concettualizzare i rapporti tra ricerca e miglioramento secondo tre

prospettive:

1. Ricerca sul miglioramento

2. Ricerca per il miglioramento

3. Ricerca come miglioramento: qui si colloca il paradigma della ricerca/azione

La metafora dello specchio sintetizza efficacemente il ruolo della ricerca in rapporto all’azione didattica

come strumento per conoscere e riconoscersi.

4. DOCUMENTAZIONE

Parlare di documentazione significa affrontare la questione della memoria della nostra esperienza, del

passaggio dal vissuto al dato culturale. La trasformazione del fare nel dire pone un problema di

documentazione, richiede di rendere dicibile l’azione, di riuscire a raccontarla e descriverla attraverso le

parole. Paradossalmente la cultura scolastica ha sempre curato poco la documentazione della propria

esperienza didattica. Lo scopo di un archivio dovrebbe essere quello di dare valore al know-how prodotto

dal lavoro scolastico, rendendolo comunicabile e potenzialmente riproducibile in altri contesti. Il valore

della documentazione si può riconoscere anche nel singolo docente come memoria individuale, il gruppo

docente, come tesaurizzazione delle esperienze condivise, il livello regionale e nazionale come raccolta di

esperienze didattiche di qualità. 4

Il connubio tra ricerca e azione riconosce proprio alla documentazione un ruolo di intersezione e di

interfaccia tra i due momenti del lavoro didattico.

Ci sono diversi modi per documentare un’esperienza didattica:

1. Regolativa che indirizzi l’azione dell’insegnante, esplicativa che fornisca chiavi di lettura per la

comprensione dell’esperienza didattica; narrativa, cioè raccontare l’esperienza e i suoi significati

2. Fasi temporali: ex ante e una fase ex post, successiva all’azione

L’incrocio dei due criteri permette di individuare 9 combinazioni differenti:

1. I piani: il tentativo di anticipare lo sviluppo di un determinato percorso didattico;

2. Criteri di qualità come forma di documentazione che accompagna l’azione e svolge una funzione

regolativa e di orientamento all’azione

3. Prototipi: forma di documentazione che segue l’azione, costituendo un resoconto strutturato

4. Le teorie come forma di documentazione che procedono l’azione e hanno generalmente una

funzione esplicativa

5. Le categorie di analisi che accompagnano l’azione e mirano a facilitarne la lettura

6. Le tipologie didattiche come forma di documentazione che segue l’azione tentando di riconoscere i

tratti salienti

7. Simulazioni come forma di documentazione che anticipa l’azione e tende a favorire una

comprensione globale dell’azione stessa

8. Protocolli osservati, come forma di documentazione che accompagna l’azione e svolge una

funzione di descrizione a 360°

9. I diari di bordo che seguono l’azione e ricostruiscono il vissuto esperenziale

5. AZIONE DI INSEGNAMENTO

Elio Damiano, nel testo intitolato “L’azione didattica”, considera l’insegnamento un’azione pratico-poietica,

richiamando due attributi del pensiero aristotelico. In primis l’insegnamento è un’azione comunicativa. Lui

richiama la praxis e la poiésis. La praxis è un’azione orientata verso un fine etico; propone l’esempio del

missionario che incarna un determinato ideale morale. La poiésis è un’azione finalizzata alla realizzazione di

un determinato prodotto, tangibile e concreto che acquista un valore in relazione al risultato che produce.

La qualità dell’azione sta proprio nel coniugare e connettere la dimensione pratica e quella poietica.

Possono essere rappresentati come due insiemi uno incluso nell’altro.

Ci sono comunque molti fattori che intervengono nella determinazione dei risultati dell’apprendimento

come la motivazione dell’allievo, le preconoscenze, l’impegno, sintetizzabili nella locuzione: “disponibilità

all’apprendere”.

L’attenzione di Damiano si focalizza soprattutto sulla dimensione metodologica, in rapporto alla quale si

possono riconoscere modalità e codici comunicativi diversi:

- I mediatori attivi, i quali si caratterizzano per la consistenza fisico-percettiva

- I mediatori analogici, i quali trasformano la realtà in contesti simulati 5

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
34 pagine
11 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AngelViolante di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Basilicata o del prof Milito Domenico.