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COMUNICAZIONE NON VERBALE
Le emozioni fondamentali sono 6 e sono rappresentate dalle nostre espressioni,
sono: felicità, paura, rabbia, disgusto, tristezza, sorpresa. Queste emozioni si
manifestano in ogni individuo attraverso la comunicazione, prevalentemente,
facciale. La conoscenza dell’importanza del linguaggio non verbale e quindi la
trasmissione di queste emozioni è stata oggetto di attenzione di Cicerone e
Quintiliano. Quintiliano ha lavorato molto sulla gestualità e sulla trasmissione
delle emozioni attraverso di essa.
L’essere umano ha un controllo dello spazio fisico in relazione a quello degli
altri, lo delimita escludendo anche gli altri soggetti. La prossemica è la
scienza dello spazio umano e distingue 4 tipi di distanza:
1. intima fra due corpi nel congiungimento carnale. Entro i 45-50 cm.
2. Personale va dai 50 ai 120 cm. Corrisponde allo spazio personale e
varia da persona a persona.
3. Sociale va dai 120 a 350 cm. È quella che viene rispettata nelle
relazioni, anche più formali, come quelle lavorative.
4. Pubblica superiore a 350 cm.
Esiste anche l’orientamento del soggetto, con cui posso mostrare vicinanza,
lontananza, chiusura. Associo al contenuto evidente del mio messaggio, anche
un orientamento del mio comportamento che potenzia il messaggio. 21/11/2024
LA POSTURA
Esiste una correlazione anche tra il corpo e la nostra dimensione interiore che
si manifesta attraverso il corpo che diventa l’espressione fisica della nostra
dimensione complessiva. La cinesica studia gesti e postura (movimenti del
corpo, sguardo, mimica facciale). Per postura si intende la posizione
complessiva del corpo ed è di tre tipi: posizione eretta, posizione seduta,
posizione distesa. La posizione eretta comporta un controllo maggiore del
corpo che ci impone attenzioni particolari. È la posizione classica della
prestazione oratoria. Il corpo è stato uno strumento comunicativo da sempre,
ad esempio, Mussolini studiava la propria postura durante i suoi discorsi:
posizione eretta, mascella in avanti, petto in fuori, gambe divaricate, braccia
incrociate in segno di sfida. Questi sono tutti strumenti che comunicano un
approccio psicologico al proprio uditorio, in quanto indica sicurezza di sé, sfida.
Oggi, se guardiamo gli oratori moderni troviamo una certa importanza data ai
movimenti e alla postura. Hitler aveva un rapporto speciale con la videoripresa.
Le manifestazioni di questi comunicatori erano eventi mediatici prima ancora
che la mediaticità di questi eventi fosse all’ordine del giorno.
Il volto è stato sviluppato dall’essere umano come mezzo di comunicazione e
di interazione. Dal punto di vista neurologico, il nervo facciale è connesso
all’ipotalamo e al sistema limbico, quindi la comunicazione del volto è
manifestazione del pensiero e questo significa come sia difficile nascondere il
proprio pensiero con il volto. Le espressioni facciali trasmettono l’emozione
interiore in quanto ad ogni emozione corrisponde un’espressione facciale.
La bocca può essere utilizzata per esprimere qualcosa che non sempre è in
sintonia con quanto si percepisce. È l’unica parte che possiamo controllare per
esprimere qualcosa non in sintonia con le proprie emozioni (es. sorriso di
circostanza). In generale, però, il volto umano non può nascondere le
microespressioni. Si tratta di espressioni che compaiono nel volto per un
tempo brevissimo, talmente rapide da non essere percepite a occhio nudo.
Possono essere un indice utilizzato per l’individuazione della menzogna, ma le
microespressioni si vedono se si filma e si zooma sul volto.
Un altro elemento fondamentale nell’esame del soggetto e della
comunicazione non verbale è lo sguardo che ha varie funzioni. In una
conversazione serve a non sovrapporsi nel comunicare; per controllare il mio
dialogante; per manifestare qualche emozione particolare; per accompagnare e
potenziare il nostro messaggio; può contrastare ciò che viene detto dalla
controparte. Se io non controllo lo sguardo, esso può essere indice di paura,
imbarazzo, soggezione, sottomissione.
Il contatto visivo è uno dei principali elementi, in quanto si riesce a creare
empatia con chi ho davanti. Lo spazio si accorcia, ma non deve essere invasivo,
in quanto il contatto visivo prolungato diventa una violazione dello spazio
personale, equivalente al tocco. Il contatto visivo deve essere equilibrato per
favorire il coinvolgimento.
Prendiamo come esempio Putin, che ha una comunicazione non verbale in cui
fa uso del volto nella sua impassibilità. È stata definita poker face, ossia la
faccia da giocatore di poker che non deve consentire la comprensione delle
emozioni.
La gestualità nella quale in qualche modo scarichiamo le nostre emozioni.
Un’assenza di controllo del proprio corpo pregiudica la valutazione di ciò che
l’oratore sta per dire. Consiste nei gesti che si distinguono in:
Emblematici sostituiscono la parola
Descrittivi accompagnano e illustrano il discorso che sto facendo
rendendolo più vivido
Di regolazione regolano il comportamento dell’oratore, mostrando ad
esempio assenzo/dissenso
Di adattamento sono gesti finalizzati a dominare i nostri stati d’animo.
Sono quei gesti che ci impegnano le mani, alla ricerca di un conforto
psicologico (es. giocare con i baffi, con i capelli).
Di natura seduttiva possono essere anche inconsapevoli
Nella gestualità le mani rappresentano il problema maggiore: es. Hitler per
sottolineare un passaggio del proprio discorso muove un solo braccio
compiendo gesti smisurati. Berlusconi, invece, aveva la caratteristica di tenere
un foglio piegato nelle mani per impegnare le mani.
In un contesto formale bisogna evitare le mani in tasca.
La gestualità deve essere ritmata e il ritmo deve essere adeguato a ciò che si
sta dicendo.
LINGUAGGIO E ARGOMENTAZIONE IN AMBITO GIUDIZIARIO
Per i giuristi l’esigenza principe per la scrittura in ambito giudiziario è sinteticità
degli atti, imposta dalla Cartabia.
Il dogma della brevità come si ottiene la sinteticità degli atti? con il
conteggio dei caratteri o con una formazione che ci consente di arrivare
naturalmente alla brevità? Secondo la dottrina, la sinteticità è da intendersi
come asciuttezza, non ripetitività delle argomentazioni svolte, eliminazione del
“troppo e vano”.
La sinteticità è un requisito di contenuto, cioè qualitativo, e non può dunque
essere gestito in termini di dimensione del testo, che è un elemento
quantitativo. Il principio di sinteticità assume connotati di tale vaghezza da
fare acqua da tutte le parti. Siamo di fronte ad un ordinamento che ci impone il
principio di sinteticità inquadrato in griglie numeriche, ma non si può
quantificare qualcosa che è qualitativo.
Per capire se esistono scialuppe dobbiamo capire qual è il contesto, che è
quello di rispondere ad un bisogno: il legislatore si trova difronte al problema
della prolissità; del fascino della complicazione e dell’autoreferenzialità. I
giuristi sono inconsciamente e tenacemente contrari alla chiarezza e alla
sintesi. Il degrado della comunicazione giudiziaria comporta una compressione
degli spazi operativi dei soggetti.
Oggi si va verso un contesto con meno oralità e più scrittura che comporta
necessariamente più formazione retorica, ossia competenze in materie
linguistico retoriche.
Chiarezza e sinteticità vanno trovati nella retorica, che si occupa di contenuti e
di forme comunicative. Ci dobbiamo chiedere quale possa essere il futuro del
giurista.
Dal punto di vista linguistico, il linguaggio giuridico non è un linguaggio tecnico,
ma ha dei tecnicismi. Esistono due forme di tecnicismi:
Necessari vocaboli con un univoco significato tecnico e sono
indispensabili ai fini della chiarezza del discorso giuridico.
Non necessari detti anche “collaterali”. Sono vocaboli caratteristici di
un certo ambito settoriale, che però sono legati non ad effettive
necessità comunicative, ma all’opportunità di adoperare un registro
elevato, distinto dal linguaggio comune. Nascono dalla comunicazione tra
coloro che si intendono.
Tutto questo porta ad una degenerazione della lingua del diritto, perché i
tecnicismi non necessari prevalgono su quelli necessari, escludendo la
comprensione degli altri. Il linguaggio giuridico diventa un’antilingua. Questo
a causa di tre elementi:
Pigrizia data dall’inerzia dei giuristi che sono stati abituati a leggere
norme e libri che trasudavano del giuridichese e quindi si sono abituati a
questo linguaggio
Narcisismo della scrittura il giurista si compiace di ciò che scrive.
Più è complesso più si compiace.
Esercizio del potere con le parole si esercita un potere, con cui si
possono escludere tanti dalla comprensione di un testo. 22/11/2024
PROBLEMI SINTATTICI
Tra le caratteristiche del giuridichese c’è la prolissità, ossia l’uso di troppe
parole in costrutti troppo complessi. Spesso la quantità di parole usate per
esprime un concetto è inversamente proporzionale alla chiarezza del
messaggio veicolato. Quando si usano troppe parole c’è un effetto immediato
negativo sulla chiarezza del messaggio che quelle parole portano.
Un’altra conseguenza della prolissità è che più aumenta quantitativamente il
discorso, più aumentano le possibilità di errori, contraddizioni e limitazioni
dell’apprendimento.
Qual è l’indice che ci fa accorgere della prolissità? L’eccesso di subordinate,
detto anche “ipotassi”; cioè si struttura sintatticamente il periodo con diversi
livelli di subordinazione. L’ipotassi va distinta dalla paratassi (= modo di
costruire il periodo accostando frasi dello stesso ordine). Nella paratassi, si
prevede un periodo costruito solo con frasi principali, non ci sono subordinate.
Perché l’ipotassi è un problema? Perché richiede uno sforzo di concentrazione
al lettore che limitano il raggiungimento e l’efficacia del messaggio. L’ipotassi è
più articolata e può dare idea di un costrutto più interessante, ma è più
faticosa.
Caratteristiche ulteriori, della lingua del diritto, che appaiono problematiche
sono: Enclisi del “-sì” queste espressioni potrebbero essere sostituite da
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