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REPERIMENTO ED ESTRAZIONI DI MATERIE PRIME
L’insieme di elementi minerali utilizzati in un sito ci può dare un’idea dell’ampiezza del territorio da
cui viene attinto.
Per una valutazione adeguata sono necessarie una serie di analisi fisico-chimiche e la conoscenza di
zone di reperibilità delle diverse risorse.
Tuttavia, alcune di queste risorse, sono riconducibili in genere con buona attendibilità alle fonti
relative (l’ossidiana ha una localizzazione molto ristretta); altre possono essere trasportate dai corsi
d’acqua lontano dalle loro aree di deposizione geologica (noduli di pietre verdi); altre ancora sono di
difficile attribuzione (minerali di rame sottoposti ai processi di fusione e rifusione).
La distanza stessa dalla fonte e il variare dell’utilizzo della materia prima possono fornire indicazioni
sulle forme di reperimento: in alcuni casi di materiali con aree di estrazione ben definibili (ossidiana)
i prodotti relativi si trovano a centinaia di chilometri, si deve pensare quindi a modalità di
approvvigionamento, mentre la presenza o meno di scarti che indicano la lavorazione in un posto può
essere significativa per individuare sotto che forma arrivava una data materia prima.
Inoltre si è tentato di quantificare la quantità di materie prime necessarie, per esempio, della pietra
scheggiata: si stimano 20-50 kg di materia prima per famiglie per anno.
Importante è anche lo studio dei luoghi di estrazione che ci rivelano le modalità d’accesso alle risorse.
PRODUZIONE DI MANUFATTI
Un manufatto è una piccola parte di un deposito archeologico dove in esso vi sono fossilizzate le
azioni (ovvero i processi dinamici che hanno portato alla sua conformazione.
Gran parte di questi processi sono collegati in una successione necessaria, la catena operativa (ciclo
di produzione): i fattori fisici e i condizionamenti della materia hanno fatto sì che si sviluppassero
tecniche di analisi volte a comprendere i procedimenti adottati e che venissero attuate forme di
riproduzione sperimentale (es. studio delle tecniche della pietra scheggiata).
Oltre a cercare di risalire alle tecniche utilizzate, risulta particolarmente utile la distribuzione dei
manufatti sul territorio (che aiuta a comprendere i processi produttivi del materiale) e i luoghi stessi
in cui la lavorazione avviene.
Diversa è la situazione per i materiali prodotti artificialmente come ceramica, vetro, oggetti in
metallo: in questi casi il processo produttivo è più complesso dato che coinvolge il controllo del fuoco
e l’uso di elementi che alterano l’aspetto iniziale del materiale).
A livello di analisi ciò comporta ad una maggiore attenzione allo strumentario e alle attrezzature
utilizzate, ma anche allo spettro di variabilità delle produzioni stesse.
Importante è anche l’utilizzazione di materiali organici, su cui si hanno scarse indicazioni tranne per
lo studio della lavorazione del legno, delle pelli, delle fibre tessili e intrecci vegetali; a questo studio
si aggiunge una limitata documentazione sullo strumentario connesso con tali produzioni (si hanno
solo informazioni generiche).
Il dato forse di maggiore importanza è quello fatto di poter permettere la localizzazione di eventuali
aree connesse a queste attività.
Vi è però un problema, il contesto sociale in cui la produzione dei manufatti avviene: il genere di
specializzazione in una data società.
L'elemento maggiormente considerato, legato alle forme di specializzazione, è quello della
complessità stessa delle operazioni da compiere e delle conoscenze necessarie per effettuarle (per la
ceramica l'uso del tornio o stampi), del materiale stesso utilizzato (leghe metalliche), o del grado di
finezza raggiunto (sculture in pietra ad elevato livello tecnico).
Da tenere conto anche è l'esistenza di luoghi specificamente destinati ad un'attività, con presenza di
attrezzature fisse come fornaci, strumentario, accumulo di residui di lavorazione.
Naturalmente il problema si complica in situazioni in cui viene ipotizzata la presenza di artigiani
itineranti (con il fatto che viaggiano non si da dove vengono i manufatti): in questi casi si fa
riferimento alla documentazione funeraria dove nelle deposizioni vi è la presenza di oggetti
ricollegabili con la metallurgia.
Altro fattore importante è il condizionamento ambientale, per cui vengono lavorati determinati
materiali in base alla loro disponibilità.
L'esito della produzione di manufatti è in parte concluso in sé stesso con la realizzazione di ‘beni di
consumo’ (oggetti che vengono usati ma che non rientrano ulteriormente nei processi di
trasformazione, come ornamenti e indumenti) e tutti i tipi di strutture che non sono legate ad attività
produttive (da case a tombe).
ATTIVITA’ DI RACCOLTA
Nonostante l'importanza attribuita alla caccia nelle società senza produzione di cibo, la raccolta di
alimenti vegetali può aver avuto notevole rilievo nella loro sussistenza.
In assenza di documentazione diretta, l'analisi si sposta verso la ricostruzione delle risorse naturali
disponibili per definire le potenzialità dell'area circostante.
Lo strumentario utilizzato per la raccolta è molto semplice, realizzato in materiali deperibili come
elementi in selce per la produzione di macine, mortai, falcetto noti nel Vicino Oriente,
oppure come le puntine microlitiche in selce realizzate per aprire i gusci di conchiglia (grazie alla
deperibilità dei gusci vengono fornite indicazioni sull'esistenza di siti legati alla raccolta).
CACCIA
Le analisi di carattere archeozoologico ci possono fornire indicazioni sulle specie cacciate al fine di
riconoscere l'esistenza di eventuale selettività nell'uccisione degli animali.
Non solo dalle analisi delle ossa si possono ricavare dati sulle tecniche di macellazione e l'eventuale
selezione delle parti dell'animale, ma anche dall'analisi dello strumentario (ci fornisce anche le
tecniche di caccia utilizzate).
Il problema però è cogliere i modi di svolgimento di tali attività: in alcune situazioni si è pensato alla
possibilità di forme di disboscamento per favorire la crescita di piante erbacee consumate da animali
oggetto da caccia.
Si è tentato di distinguere caccia indiscriminata e caccia selettiva, che tende a risparmiare femmine,
riproduttrici, e animali molto giovani.
Binford ha proposto un'ampia suddivisione fra gruppi che si procurano il cibo giornalmente
spostandosi anche molto frequentemente, e gruppi con una maggiore programmazione nei loro
movimenti basati sulla stagionalità: oltre ai capi base quindi si avrebbero anche campi temporanei,
dove si recano i nuclei di cacciatori per brevi periodi e punti per l'avvistamento della selvaggina.
PESCA
Le attività di pesca sono difficili da documentare. Lo strumentario, oltre ad armi in osso e metallo, è
quasi totalmente in materiale deperibile.
A loro volta i resti dei pesci stessi possono fornire indicazioni sul modo di svolgere delle attività e la
complessità delle imbarcazioni.
In alcuni casi è stato ipotizzato un carattere stagionale per i siti legati alla pesca (ad esempio il periodo
dei passaggi dei tonni).
ALLEVAMENTO
Lo studio delle differenze morfologiche per distinguere animali domestici e selvatici è stato centro di
interesse di molti archeozoologi già dai primi studi del secolo scorso.
Lo strumentario riconoscibile a livello archeologico legato all'allevamento non esiste: si hanno solo
indizi di oggetti che possono essere connessi con l'uso dei prodotti secondari (lana, latte).
L'esempio più famoso è il ‘coperchio di bollitoio’, dove si è ipotizzato l‘uso di un recipiente corredato
con questo tipo di coperchio legato all'esigenza di non far uscire il latte qualora, nella lavorazione del
formaggio, questo raggiunge l'ebollizione.
Per quanto riguarda le strutture connesse con l'allevamento vi sono stati tentativi di individuare recinti
e stalle, che rimandano a forme di allevamento di una certa complessità.
Nell'allevamento il problema maggiore è rappresentato dall'esigenza di garantire l'alimentazione in
modo costante nel corso dell'anno: i momenti critici sono le stagioni più fredde, dove la neve copre i
pascoli, e quelle più calde, dove la vegetazione erbacea si secca.
AGRICOLTURA
I resti vegetali carbonizzati costituiscono la base delle nostre conoscenze sulle attività agricole.
L'ascia, in pietra o metallo, è lo strumento che tradizionalmente è stato visto in connessione con
l'attività di disboscamento per liberare i terreni da coltivare, ma probabilmente avrà avuto anche altri
usi, mentre la documentazione degli attrezzi per la lavorazione della terra: le zappe sono state
interpretate in corno di cervo che prevedevano un manico di legno, mentre le zappe di metallo
compaiono in situazioni molto complesse.
Indicazioni maggiori sugli aratri le abbiamo sulla base di reperti di legno, raffigurazioni, segni lasciati
nel terreno.
Le uniche strutture ricollegabili, negli insediamenti, con la produzione agricola sono in genere quelle
per la conservazione delle derrate (nome generico per i prodotti di largo consumo come zucchero,
caffè, olio, grano) con dei pozzetti scavati nel terreno (non vi è molta certezza però).
Accanto a questi sono molto utilizzate le strutture sopraelevate, ma sono più difficili da riconoscere
dal punto di vista delle tracce lasciate sul terreno; un’ulteriore categoria per l'immagazzinamento di
derrate è costituita da impalcature lignee nella parte superiore delle abitazioni.
In relazione all'uso delle piante arboree le informazioni sono ancora più carenti, in particolare per le
tecniche di lavorazione dei prodotti derivati, vino e oli: in via del tutto ipotetica si potrebbe pensare
che il ‘coperchio di bollitoio’ sia legato alla lavorazione dell'olio.
Anche nell'agricoltura si incontrano vari problemi quando si cerca di ricostruire le modalità di
svolgimento delle diverse operazioni , come quella dello sfruttamento dei campi, in Europa vi sono
di foresta e sull’ utilizzatore per uno o due
pratiche di coltivazione fondate sul disboscamento di tratti
anni del terreno libero ricavato ma, questa tecnica, non è ritenuta adatta alle condizioni di un
ambiente temperato, piuttosto si è pensato ad aree in cui i terreni potessero essere rigenerati dal
contributo colluviale (cioè che il terreno è formato dai detriti accumulati ai piedi di un pendio) o
alluvionale, pensando quindi ad un sistema di coltivazione intensiva e continuativa di terreni di
piccole dimensioni.
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