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E L'ANTROPOLOGIA NEGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA
Nel corso degli anni Cinquanta, l'idea che l'assunzione dei ruoli maschili e femminili non sia determinata dal sesso biologico si impone, ma ci vorranno ancora vent'anni prima che il termine "genere" entri nel senso comune.
John Money utilizzò per primo il neologismo "gender" nel 1955, nell'ambito dei suoi studi su ermafroditismo, transessualismo e parafilia. Usò il termine per designare il fatto psicologico per cui un soggetto si sente uomo o donna e si comporta come tale. Arrivò a distinguere tra:
- identità di genere -> esperienza interna della sessualità
- ruolo di genere -> aspettativa sociale sul comportamento maschile e femminile.
Money fu tra i primi a studiare l'esperienza psicologica provocata dalla confusione sessuale e a individuare i modi possibili per rispondere alla sofferenza dei soggetti, proponendo una risposta chirurgica di...
"riassegnazione" del sesso a uomini e donne convinti che il loro sesso biologico non corrispondesse alla loro identità sessuale. Money si interessò in particolare ai bambini nati con genitali ambigui o i cui genitali erano stati danneggiati. Il tragico caso di David Bruce Reimer, un bambino il cui pene era stato distrutto a causa di una circoncisione mal riuscita, e che i genitori, dopo aver consultato Money, decisero di crescere come una bambina, applicando la teoria della "riassegnazione del sesso", ha fatto di John Money un bersaglio ideale per quanti si oppongono alla "teoria del genere", considerandola nient'altro che una pericolosa ideologia; tuttavia, a detta di numerosi sessuologi e psicologi, Money fece una scelta del tutto compatibile con le conoscenze disponibili alla fine degli anni sessanta. Si trattava della prima esperienza di "riassegnazione del sesso" in un bambino con genitali non ambigui alla nascita.le donne intervistate da Friedan formarono un gruppo di discussione chiamato "The Feminine Mystique". Questo gruppo si riuniva regolarmente per condividere le proprie esperienze e discutere dei problemi che le donne affrontavano nella società dell'epoca. Il libro di Friedan, pubblicato nel 1963, ebbe un impatto significativo sulla società americana e fu considerato un punto di svolta per il movimento femminista. Nel libro, Friedan sosteneva che molte donne si sentivano insoddisfatte e frustrate nel ruolo di mogli e madri a tempo pieno, e che desideravano avere una vita più significativa e realizzante al di fuori delle mura domestiche. Le rivendicazioni femministe che emersero dalla seconda ondata del movimento si concentrarono su diverse questioni, tra cui l'uguaglianza salariale, l'accesso all'istruzione superiore e alle opportunità di carriera, il diritto all'autonomia riproduttiva e la lotta contro la discriminazione di genere. Le donne che aderirono al movimento femminista cercarono di sfidare gli stereotipi di genere e di rompere con i ruoli tradizionali assegnati loro dalla società. Rivendicarono il diritto di scegliere il proprio destino e di essere trattate come individui autonomi e non come semplici mogli e madri. Il movimento femminista ha avuto un impatto duraturo sulla società e ha contribuito a portare importanti cambiamenti nella vita delle donne. Grazie alle lotte delle femministe, molte donne hanno ottenuto maggiori opportunità di istruzione e di carriera, hanno guadagnato diritti riproduttivi e hanno visto migliorare la loro posizione nella società. Nonostante i progressi compiuti, il movimento femminista continua a lottare per l'uguaglianza di genere e per la fine della discriminazione. Le rivendicazioni femministe sono ancora attuali e necessarie per garantire che tutte le donne possano vivere una vita libera e autonoma, senza essere limitate da stereotipi di genere o da ruoli imposti dalla società.Intraprese nuove inchieste: inviò un questionario più dettagliato alle laureate di altre università, condusse interviste approfondite, discusse i risultati raccolti con vari psicologi. Dopo cinque anni di lavoro, pubblicò The Feminine Mystique. Il ritratto della casalinga degli anni '50 che emerge dal libro di Betty Friedan è devastante. Questo libro la rese famosa e ne fece un punto di riferimento per la seconda ondata del femminismo. L'insoddisfazione, la monotonia, la solitudine delle donne confinate tra le mura domestiche nel ruolo di "casalinghe" sono state oggetto di studio anche in Europa da parte della sociologa inglese Ann Oakley. Oakley ha trasferito il termine gender dalla psicologia alla sociologia. Per lei, le differenze psicologiche tra i sessi sono dovute al condizionamento sociale, e non esiste alcun determinismo biologico. È stata tra le prime sociologhe a evidenziare come il contributo delle donne alla produzione
complessiva si è stata trascurato e occultato nella società patriarcale capitalista e a studiare l'esperienza femminile del lavoro domestico non soltanto dal punto di vista dell'organizzazione della famiglia, come aveva fatto Betty Friedan, ma anche dal punto di vista della sociologia del lavoro. Il principale obiettivo dello studio era concettualizzare il lavoro domestico come lavoro, piuttosto che come un aspetto del ruolo femminile. I risultati dell'indagine di Ann Oakley portarono alla luce la frustrazione che le casalinghe sperimentano di fronte alla loro attività. In generale le interviste avevano sperimentato una soddisfazione molto maggiore lavorando al di fuori di casa. Tutte le donne che avevano lavorato in occupazioni di buon livello mostravano insoddisfazione per il lavoro domestico. Oakley si è interessata, poi, a un altro momento cruciale della vita familiare delle donne: la maternità. Lei denunciava l'eccessiva medicalizzazione eLa dimensione prescrittiva del ruolo materno, che provocavano, nella giovane madre, la perdita della gioia per la nuovanascita.
Oakley insiste su come l'antropologia abbia permesso di separare il sesso dal genere. Il problema dell'antropologia risiedeva nel modo in cui le donne erano state considerate in quanto oggetto di studio: essenzialmente complementari agli uomini. Inoltre, il fatto che gli antropologi si fossero occupati delle donne non implicava che l'avessero fatto senza "pregiudizi". È questa l'accusa che le donne antropologhe che facevano riferimento al femminismo lanciarono nei confronti dell'antropologia all'inizio degli anni 70. La seconda ondata del femminismo ha avuto come conseguenza il moltiplicarsi di studi che intendevano porre al centro della ricerca antropologica le donne per meglio conoscere e comprendere il loro statuto nelle diverse società, e si è trattato di studi condotti principalmente da antropologhe.
E’ stato questo l’inizio della costruzione di un’antropologia femminista. Le antropologhe si concentrarono in gran parte sul rapporto tra sesso e genere. Nel corso degli anni 70 era ancora forte l’influenza del marxismo: una parte delle antropologhe definì infatti le caratteristiche della dominanza maschile sulle donne in analogia con il modello marxista della relazione di classe. Altre antropologhe sono invece influenzate principalmente dallo strutturalismo e dall’idea dell’esistenza di un pensiero dicotomico che oppone femminile/maschile e natura/cultura.
Michelle Rosaldo e Louise Lamphere organizzarono un seminario su donne, cultura e società presso l’American Anthropological Association, con l’obiettivo di porre l’analisi e le preoccupazioni femministe al centro della disciplina antropologica: gli interventi presentati al seminario furono pubblicati due anni dopo in un volume che oggi è considerato un classico.
Dell'antropologia femminista. Sherry Ortner sviluppa un'argomentazione teorica originale per spiegare l'universalità della subordinazione femminile attraverso l'idea della dicotomia tra natura e cultura. Un primo modo per spiegare l'universalità della subordinazione femminile consiste nell'affermare che le donne sono state identificate con e simbolicamente associate alla natura, in opposizione agli uomini che si identificano con la cultura. L'associazione della donna con la riproduzione, la cura dei bambini e il mondo domestico le colloca infatti in una posizione più vicina alla natura. La cultura riconosce che le donne svolgono una parte attiva in particolari processi, ma al tempo stesso le considera radicate nella natura. Ortner spiega questo dato a partire dal corpo e dalla naturale funzione procreatrice delle donne, ma sostiene che ciò non significa che le donne debbano essere del tutto relegate sul piano della natura.
Perché si trovano piuttosto in una posizione d'intermediazione tra natura e cultura. Proprio perché attivano processi di estrema importanza tra queste due sfere, alle donne viene imposta una subordinazione che è anche strumento di controllo. Il saggio suscitò un vasto dibattito, e anche numerose critiche. La stessa Ortner rimetterà in questione i presupposti dell'articolo. I suoi interventi successivi rappresentano uno sforzo di comprendere più a fondo le complesse connessioni tra genere, potere, prestigio e sessualità. Infine, nel saggio "Gender hegemonies" Ortner critica esplicitamente la dicotomia femminile/maschile, natura/cultura, utilizzando il concetto di egemonia culturale per individuare le contraddizioni interne nel sistema di genere.
Carol MacCormack -> Critica la teoria strutturalista secondo la quale esiste una struttura binaria basica che presiede tutto il funzionamento mentale e il comportamento umano.
Recupera il particolarismo boasiano. Attraverso l'analisi storica, lei mostra come la dicotomia natura/cultura e la sua associazione con il femminile e il maschile siano radicate nella tradizione occidentale giuridico-cristiana e industrial-capitalista. Gli antropologi devono guardarsi dall'utilizzare il discorso dominante della cultura europea per universalizzare le proprie categorie, trascurando l'esistenza di modi alternativi di strutturare il mondo. Marilyn Strathern -> si deve a lei una prima elaborazione del concetto di genere che va al di là della semplice opposizione definita da Ann Oakley tra sex e gender. Strathern considera la costruzione di genere come un meccanismo simbolico, utilizzato non solo per esprimere le relazioni reali tra uomini e donne, ma come una specie di linguaggio, impiegato per parlare di altre cose. Con questo approccio analizza come, nelle diverse culture, le relazioni tra il maschile e il femminile diano vita a potenti simboli cheEsprimono le opposizioni e i contrasti, ma che al tempo stesso includono la possibilità dellacomplementarietà e dell'unione. La nozione di ciò che è maschile e ciò che è femminile non è stabile, ma dipende dal contesto e dalle relazioni sociali. Lo sguardo critico sullarelazione tra antropologia e femminismo era per Strathern parte di una questione più generale: il rischio di proiettare i paradigmi e le preoccupazioni occidentali sulle società studiate. La questione non riguardava soltanto il femminismo, ma anche lo strutturalismo di Lévi-Strauss. Le categorie binarie fissano una prospettiva esclusiva rispetto all'essere maschi o femmine, e rendono l'identità sessuale statica. Per Leacock, come per altre antropologhe marxiste, non tutte le società sono dominate dagli uomini, anzi, l'egualitismo prevale in quelle dove la proprietà privata e in particolare la riduzione delle donne a
proprietà privata è assente. Il dominio maschile è dunque una funzione della storia ed è emerso in epoca relativa.