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LEZIONE 20 – METODI DI VALORIZZAZIONE DELLE RIMANENZE A CONFRONTO
Un confronto tra i metodi Dagli esempi affrontati nelle lezioni precedenti, si
riepilogano di seguito i risultati ottenuti dall’applicazione delle tre diverse
metodologie:
Come si può notare i valori delle rimanenze e del costo del venduto cambiano in modo
anche significativo a seconda della metodologia applicata.
Un confronto tra i metodi: alcune considerazioni - Secondo il metodo FIFO: •
poiché le partite acquistate per prime sono le prime ad essere vendute, restano
conservate in magazzino (e dunque sono valorizzate) le partite relative agli
acquisti più recenti, garantendo una migliore approssimazione del valore delle
rimanenze finali al valore corrente dei beni; • il costo del venduto approssima quello
associato all’effettivo flusso dei beni perché molte imprese vendono per primi i beni
«più vecchi»; tuttavia, il valore del costo del venduto che si ottiene è discutibile, in
quanto non esprime il valore corrente.
- Secondo il metodo LIFO: • poiché le partite acquistate per ultime sono le prime ad
essere vendute, restano conservate in magazzino (e dunque sono valorizzate)
le partite relative agli acquisti più remoti. Questo significa valorizzare le
rimanenze a prezzi di acquisto anche di molti anni prima, pertanto dopo periodi
prolungati di inflazione il loro ammontare sarebbe molto più basso del loro valore
corrente; • il costo del venduto non riflette l’effettivo flusso fisico dei beni, perché è
improbabile che un’impresa venda per primi i prodotti più nuovi, lasciando
«invecchiare» il magazzino; tuttavia, il valore del costo del venduto che si ottiene
tende al valore corrente (migliore correlazione costi-ricavi).
- Il metodo del LIFO, in fase di prezzi crescenti, e nel breve termine, ridurrebbe gli
effetti dell’inflazione sul reddito di periodo rispetto al FIFO o al metodo del costo medio
ponderato, in quanto all’aumentare dei prezzi, anche il costo del venduto
aumenterebbe e, di conseguenza, si andrebbe a ridurre il reddito (e gli effetti fiscali).
Rimarrebbe però il problema della valorizzazione delle rimanenze ad un valore
irrealisticamente basso, distante da quello corrente. Tuttavia, per ovviare a
quest’ultimo problema, le aziende possono comunicare nella nota integrativa quale
sarebbe il valore delle rimanenze se si utilizzasse il FIFO. - Il metodo del FIFO, in fase
di prezzi crescenti, comporta un costo del venduto più basso (quindi un reddito più
alto), ma a fronte di rimanenze finali di valore più alto (coerentemente con l’aumento
generale dei prezzi)
Analisi delle rimanenze Come si vedrà nel prosieguo delle lezioni, l’indicatore più
utilizzato per analizzare la dimensione delle giacenze di magazzino è l’indice di
rotazione delle scorte o turnover delle rimanenze. Esso si ottiene rapportando il Costo
del venduto ed il valore delle rimanenze di magazzino: Indice di rotazione delle
rimanenze = Costo del Venduto / Valore Magazzino
Se il costo del venduto di un certo anno ammontasse a € 1.000.000 ed il valore delle
rimanenze a € 250.000, allora l’indice di rotazione che ne deriverebbe avrebbe valore
4, indicando che le rimanenze subiscono un ricambio ogni 3 mesi (ovvero 4 volte
all’anno)
Il valore dell’indice può variare anche significativamente a seconda della natura
dell’attività d’impresa. Un supermercato che vende merce deteriorabile si caratterizza
per un alto valore di rotazione (dell’ordine di 50), altrimenti molte merci
deperirebbero. Al contrario, una gioielleria potrebbe avere una rotazione anche
inferiore a 1. Ad impattare sul valore dell’indice di rotazione delle rimanenze è
anche la stagionalità delle vendite. Nei casi in cui la stagionalità ha una forte
influenza sulla giacenza delle materie, è più utile calcolare l’indice sia nei periodi di
picco stagionale che in bassa stagione. Il valore medio, in questi casi, non è sufficiente
ma occorre di disporre di entrambi i turnover.
La rotazione delle rimanenze può ridursi sia perché il livello delle rimanenze è
deliberatamente fatto crescere per anticipare un aumento atteso delle vendite, sia
perché le vendite si sono ridotte improvvisamente, lasciando un eccesso di giacenze in
essere. Nel primo caso, potrebbe essere un evento favorevole e voluto, nel secondo
caso, può dipendere da un evento sfavorevole e subìto, ma il valore dell’indice non
fornisce elementi riguardo alle cause.
LEZIONE 21 – ANALISI DI BILANCIO
Origini storiche La pratica di analizzare i bilanci sembra si sia diffusa a cavallo tra le
due guerre, negli Stati Uniti. Dal punto di vista scientifico i pionieri dell’analisi di
bilancio sono gli americani Bliss, Guthmann, Wall, Duning, Gilman e Fixel. In Italia
l’interesse per questa tematica si è diffuso molto più tardi, dopo la seconda guerra
mondiale.
Finalità Lo scopo dell’analisi è diagnosticare, in tempi ragionevolmente contenuti, lo
«stato di salute» di un’impresa. In termini più specifici, l’analisi di bilancio consente
anche a soggetti con informazioni limitate ai soli bilanci di esercizio e che non hanno
possibilità di effettuare accessi diretti presso le imprese, di potere effettuare un check-
up sullo stato di salute di un’impresa, verificandone il grado di redditività, solidità e
solvibilità. L’utile d’esercizio ad esempio è privo di significato se non viene correlato al
patrimonio netto dell’impresa oppure al fatturato. Da qui la necessità di porre in
relazione tra di loro i dati di bilancio.
Destinatari Naturalmente, i destinatari dell’analisi di bilancio sono tutti coloro
interessati, per un motivo o per un altro, allo stato di salute dell’impresa.
Generalmente questi soggetti sono: - i soci; - i finanziatori esterni (banche, istituti di
credito, ecc.) - clienti e fornitori - concorrenti - dipendenti e sindacati - la stampa, la
pubblica opinione, ecc. se l’azienda ha rilevanza nazionale (o internazionale)
Analisi «esterne» ed analisi «interne» Per analisi esterne si intendono tutte
quelle analisi effettuate mediante la tecnica degli indici di bilancio da parte di
operatori che sono in possesso della sola informativa esterna aziendale. Per analisi
interne si intendono tutte quelle analisi effettuate da soggetti che, oltre a disporre
dell’informativa esterna, possono accedere ad ulteriori informazioni aziendali e,
soprattutto, sono a conoscenza della qualità dell’informazione esterna: in altre parole,
tali soggetti sanno se e in che misura sono affidabili i dati provenienti dai bilanci di
esercizio. Originariamente, le analisi di bilancio erano soltanto esterne, cioè condotte
da stakeholders (soprattutto le banche) interessati allo stato di salute e di
performance dell’azienda. Le analisi interne, normalmente, sono svolte dal
management aziendale per finalità di controllo della gestione; tali analisi, all’interno
del controllo di gestione, rappresentano solo una piccola parte.
Le analisi esterne risultano decisamente più complesse di quelle interne; ciò non è
dovuto ad una maggiore difficoltà tecnica, ma al rischio di inattendibilità dei dati
contabili che compongono il bilancio. L’analista esterno, come anzidetto, dispone di
minori informazioni dell’analista interno ed in caso di bilancio composto da dati poco
attendibili, è più complesso trarre conclusioni appropriate. Le analisi esterne hanno in
ogni caso visto dedicata molta più attenzione rispetto alle analisi interne, non solo per
la complessità anzidetta, ma anche perché esse rivestono una importanza
enormemente superiore nella regolazione delle transazioni di mercato (as es. per le
istruttorie fidi, per le valutazioni d’azienda, per le analisi degli investitori, per i
concorrenti, che le impiegano per valutare le performance delle altre aziende, e così
via). LEZIONE 22 – LA COMPARAZIONE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO
Analogamente a quanto avviene in un contesto medico, in cui si debba diagnosticare
lo stato di salute di un paziente, allo stesso modo occorre procedere per le aziende.
Occorre disporre innanzitutto di indicatori «standard» da porre a confronto con quelli
derivanti dall’analisi del bilancio, inoltre, occorre monitorare nel tempo le variazioni
rilevate, al fine di poter giudicare se l’azienda sta «migliorando» o «peggiorando» il
suo «stato di salute». Se un valore, dopo un certo tempo, pur essendo ancora al di
fuori dei parametri «standard» ci si fosse però avvicinato, sarebbe possibile concludere
che l’azienda stia «guarendo», pur non essendo ancora «sana». I parametri
«standard» per un’azienda sono quelli del settore di appartenenza dell’impresa,
oppure indicatori «desiderabili» da parte degli stakeholders.
Dunque una comparazione condotta nello spazio, è quella effettuata confrontando la
condizione dell’azienda con la condizione delle altre imprese operanti nel medesimo
settore. Una comparazione condotta nel tempo, invece, è quella con cui gli indici di
bilancio dell’azienda analizzata sono posti a confronto con gli indici di bilancio della
stessa azienda ma riferiti ai periodi precedenti. Tale analisi consente di seguire
l’evoluzione della performance aziendale e di comprendere, dunque, se l’azienda stia
migliorando o peggiorando.
La comparazione nello spazio Tale comparazione consente di formulare un giudizio
di base sullo stato di salute dell’impresa in senso assoluto e relativo. Un giudizio in
senso assoluto è esprimibile solo qualora si disponga di parametri di confronto che
abbiano una validità assoluta nello spazio. Questo accade raramente, salvo quei casi
in cui sia evidente, in senso assoluto, una situazione squilibrata. Ad esempio, se
un’azienda ha un importo di debiti finanziari cinquanta volte superiore all’importo del
patrimonio netto, risulta eccessivamente indebitata, in senso assoluto. Un giudizio in
senso relativo è espresso quando si pone a confronto la condizione di salute
dell’azienda con quella di aziende concorrenti o comunque appartenenti allo stesso
settore. Il giudizio relativo integra quello assoluto. Tornando all’esempio precedente,
se un’impresa risulta molto indebitata, in senso assoluto, ma è meno indebitata
rispetto alla media delle altre imprese operanti nello stesso settore, è ovvio che il
giudizio sulla sua performance debba essere rivisto in senso positivo. La comparazio