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Funzione economica:
si esprime attraverso il contributo della scuola allo sviluppo economico di una determinata collettività. In quanto proprio attraverso la scuola i cittadini sviluppano conoscenze e competenze tecniche.Funzione sociale:
ruolo giocato dalla scuola nei processi di stratificazione sociale. Tramite i processi educativi vengono infatti riprodotti o modificati i rapporti di forza o la composizione delle classi e ceti sociali.Funzione di socializzazione:
consente ai giovani di diventare membri a pieno titolo della collettività, costruendone il senso di appartenenza e la propria autonoma individualità. Possiamo notare come nel caso italiano tali funzioni siano svolte in modo insoddisfacente, sia per quantità e qualità della preparazione, sia perché la mobilità sociale è bassa e la socializzazione è fortemente indebolita. Quello cheemerge con evidenza è che idee apparentemente forti e considerate come risolutive dai policy makers hanno non solo creato notevoli scontri politico-ideologici ma sono anche state di problematica attuazione.Per quanto riguarda il contenuto del policy design si assume che le politiche possano essere disegnate in due modi specifici:
- Riforma organica (replacement): degli elementi costitutivi (idee, strumenti, organizzazione, procedure) di uno specifico programma di politica pubblica o di specifici sottosettori dello stesso. Si fanno quando vi è un consenso ampio.
- Aggiustamenti successivi (layering): mediante i quali nuovi strumenti, idee, programmi, regole e procedure vengono aggiunti all'assetto esistente.
La differenza tra replacement e layering sta soprattutto nella capacità e nella volontà dei governi di costruire un consenso tale per cui il modo prescelto di disegnare le politiche sia preferibile ad un altro, ossia nella capacità politica. Accanto
alla dimensione del consenso sta anche la capacità tecnica dei governi nel disegnare le riforme o gli interventi di aggiustamento dell'esistente. Durante la Prima Repubblica le politiche scolastiche sono state contraddistinte da interventi incrementali, ovvero da un continuo processo di layering, senza mai subire riforme radicali, a causa della profonda ideologizzazione dell'agenda di policy e della consistente capacità dei sindacati di focalizzare il dibattito sempre in termini di problemi del personale.
Al contrario, durante la Seconda Repubblica, si assiste finalmente ad un replacement delle politiche scolastiche, in particolare sotto due punti di vista:
Autonomia scolastica: con la riforma dell'autonomia viene abbandonato il modello organizzativo originario della scuola italiana, essa viene avviata nel 1997 da Berlinguer, ministro della Pubblica istruzione, con una legge che sancisce l'autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche.
Con una serie di regolamenti e decreti successivi, questa strategia viene progressivamente implementata attraverso:- L'istituzione della figura del dirigente scolastico;
- Il decentramento di importanti funzioni di amministrazione, organizzazione e pianificazione del sistema scolastico territoriale alle regioni e agli enti locali;
- L'introduzione dei criteri mediante i quali le regioni e le province sono chiamate a dimensionare le istituzioni scolastiche sul territorio;
- L'istituzione delle Invalsi;
- La regolamentazione dell'autonomia scolastica.
- Il convincimento che attraverso un'organizzazione autonoma delle proprie attività le scuole possono essere più efficaci nel costruire i processi di apprendimento;
- Il processo transnazionale di riforme amministrative ha
enfatizzato il decentramento politico-amministrativo come una soluzione ottimale in tutti i settori dell'azione pubblica;
L'esigenza di aprire la scuola al mondo esterno affinché si integri maggiormente con le esigenze culturali ed economiche.
Tuttavia, non tutti i provvedimenti approvati vengono realmente o efficacemente attuati, anche a causa della necessità di professionalizzare i dirigenti scolastici e di tenere conto sia dei vincoli finanziari che delle modalità tradizionali di gestione del personale, difficili da superare;
Cicli scolastici: riformati nel 2000 dopo anni di discussione parlamentare. L'obiettivo era quello di adottare due cicli successivi alla scuola d'infanzia:
La scuola di base: di durata settennale.
La scuola superiore: di durata quinquennale suddivisa in varie aree formative.
Fin dall'inizio sono chiari i problemi attuativi, quali:
Grandi perplessità dell'opinione pubblica alla scomparsa
della scuola elementare; Dubbi rispetto al contenuto formativo della nuova scuola di base; Preoccupazioni tra i docenti rispetto alla propria collocazione e competenza professionale; Eccessiva frettolosità del governo di mandare a regime la riforma. Questo insieme di fattori contribuì a una progressiva delegittimazione, nella percezione collettiva, della riforma dei cicli scolastici, tanto che la coalizione di centro-destra enfatizzò il blocco di tali modifiche nella campagna elettorale nazionale del 2001, cosa che poi attuò una volta al governo. Durante la stessa legislatura, il governo D’Alema tenta di assegnare ai docenti un salario aggiuntivo annuale basato su una valutazione, che tuttavia suscita numerose proteste e non viene attuato. Le riforme del centro-destra hanno un ruolo centrale nella politica scolastica del primo decennio del nuovo millennio. La riforma Moratti: viene cancellata la riforma Berlinguer e costruito un particolare processo formulativo.ossia gli Stati generali dell'istruzione, al quale vengono invitati Confindustria e le associazioni dei genitori e delle scuole private, ma ne restano esclusi i sindacati. Per la prima volta, quindi, vengono coinvolti una pluralità di stakeholders, non solo di stampo tradizionale. Nel 2003 il governo viene delegato a riformare la struttura dei cicli scolastici, abbandonando la struttura a tre cicli proposta da Berlinguer e tornando a quella a due cicli, nonché a rivedere la normativa generale sull'istruzione. La legge delega accanto a interventi di layering (insegnamento obbligatorio di una lingua straniera ecc.) inserisce anche un significativo intervento di replacement, ossia la licealizzazione degli istituti tecnici: la scuola superiore doveva strutturarsi in licei (5 anni) e formazione professionale (4 anni). Tuttavia, tale ipotesi incontra la ferma opposizione sia dei sindacati che di Confindustria. Viene previsto anche un nuovo sistema di formazione eReclutamento dei docenti: laurea magistrale, concorso non abilitante e tirocinio obbligatorio per l'accesso alla carriera, in netta discontinuità con il passato. In ogni caso, alcune parti della riforma non furono mai attuate per l'opposizione di sindacati e docenti.
Il fugace intermezzo del Prodi II: si limita semplicemente a ripristinare la filiera tecnica della scuola superiore, interrompendo quindi la licealizzazione degli istituti tecnici, per venire incontro alle pressioni delle imprese e dei sindacati.
La riforma Gelmini: si differenzia da tutte le altre per la velocità del processo decisionale con cui il nuovo design viene approvato e spinto verso la prima implementazione, ha come input un provvedimento che razionalizza la finanza pubblica prevedendo un taglio di circa 130.000 dipendenti del settore scolastico. In realtà, però, il contenuto della riforma non è affatto un replacement, bensì una razionalizzazione dell'esistente.
per quanto riguarda le filiere educative che manteneva la distinzione tra licei e istituti tecnici. Dal punto di vista dei curricula previsti, infatti, la riforma manifesta un evidente tentativo di ritorno al passato in termini di distinzione netta relativamente alla formazione offerta: si rafforza il carattere teorico della formazione liceale e quello tecnico-applicato degli istituti tecnici. Sembra quindi che la maggiore innovazione di questa riforma sta nella riproposizione della tripartizione strutturale. Altre modifiche, di minore entità, riguardano il voto in condotta come voto di profitto (che quindi fa media), i voti espressi in decimi anziché in giudizio in tutti gli ordini scolastici e la riproposizione del maestro unico nella scuola elementare. Anche la riforma Gelmini prevedeva un premio annuale per i docenti migliori, che tuttavia non viene attuato a causa dell'entrata in vigore del blocco degli stipendi pubblici. Governo Renzi: il governo Renzi con la ministra.Giannini intervengono nuovamente sul settore scolastico, attraverso la Buona scuola. Il processo formulativo viene condotto innanzitutto attraverso la predisposizione di linee guida e di una consultazione pubblica via internet, accessibile ad ogni cittadino, che rappresenta un unicum nel panorama italiano. Rimangono per ora esclusi sindacati e associazioni di categoria. La Buona scuola viene approvata nel luglio 2015, e presenta diversi elementi costitutivi: - La programmazione del Piano dell'offerta formativa (Pof) diviene triennale, anziché annuale; - L'assegnazione a ogni scuola di un organico di posti-docente funzionali al Pof e individuato dalla stessa scuola, anziché dal Ministero; - L'assunzione a tempo indeterminato di circa 100.000 precari, attraverso un piano straordinario di assunzioni; - L'estinzione delle graduatorie a punteggi, al fine di contrastare il precariato; - Il rafforzamento dei poteri dei dirigenti scolastici; - Bonus monetari in.base al merito dei singoli docenti;Un sistema di reclutamento caratterizzato da un periodo formativo di tre anni, successivamente alla vittoria concorsuale;
Un sistema integrato di educazione dalla nascita fino ai 6 anni.
Il piano originario del governo era quello di dare una svolta manageriale e meritocratica alla politica dell'autonomia scolastica, che tuttavia venne fortemente smorzato da parlamento e sindacati. La riforma quindi, nata per essere un replacement, costituisce piuttosto un layering diffuso.
Governi Gentiloni e Conte I: si limitano ad attuare la Buona scuola, seppur con alcune modifiche, riallacciando i rapporti con i sindacati. In particolare:
Il governo Gentiloni (2016-2018): accetta che l'incardinamento dei docenti non sia più su ambito territoriale ma su scuola, che la negoziazione dei criteri relativi della chiamata diretta da parte dei dirigenti sia spostata a livello nazionale e che la negoziazione dei criteri relativizione basata sul merito e sulle performance individuali.