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LA REVISIONE DEI PREZZI

il tema della revisione prezzi è un tema molto specifico ma è possibile anche

isolarlo.

E’ un tema che potrebbe essere molto interessante sotto il profilo di una tesi di

laurea perché questo è un argomento che negli ultimi trent’anni ha subito tutto

una serie di modifiche, potremmo dire che ci sono state tante inversioni di rotta

totali e allora daremo un’analisi di contesto. L'ultima modifica molto significativa

su questa materia è stato un decreto correttivo in materia di contratti, la materia

degli appalti deriva da direttive europee che in questo momento sono la numero

23, la numero 24 e dal numero 25 del 2014, ed il recepimento italiano di queste

direttive è avvenuto prima con il decreto legislativo 50/2026 e in fase di PNRR si

è ritenuto di dover intervenire di nuovo con l’obiettivo di semplificare le

procedure che di fatto poi non è avvenuto.

La cosa interessante e curiosa da un punto di vista politico è che il decreto

legislativo che poi è stato adottato, il numero 36 del 2023, è partito con il

governo Conte II per poi passare per il governo Draghi per essere infine adottato,

consegnando lo schema del decreto legislativo, dal governo attuate, il giorno

stesso in cui nacque, perché il Consiglio di Stato che era stato incaricato di

predisporre lo schema lo doveva consegnare in quella data, quindi riguarda tre

maggioranze molto eterogenee l’una dall’altra, ma il percorso è stato

particolarmente omogeneo senza troppe differenziazioni. Nella legge delega era

stabilito che si dovesse adottare entro 18 mesi anche un correttivo e questo è

avvenuto con il decreto legislativo numero 209 del 31/12 /2024 quindi proprio

alla scadenza, entrando subito in vigore.

Questo decreto correttivo, il 209, ha modificato molti articoli del codice e molti

allegati, ma su 150 pagine del correttivo più della metà fa riferimento alla

revisione dei prezzi. E’ stato aggiunto un allegato al correttivo, quindi al codice

specifico sulla revisione prezzi, composto da una sessantina di pagine, quindi

una norma particolarmente complessa.

L’ appalto è quel contratto col quale una parte assume, con gestione a

proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio dietro un

corrispettivo in denaro. L’appalto è un contratto di risultato.

C’è una gestione a proprio rischio, quindi c’è un livello di rischio.

contratti a titolo

Nel codice dei contratti la definizione di appalti pubblici è “

oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più

operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di

prodotti e la prestazione di servizi”, è una impostazione diversa rispetto a quella

del codice civile perché anche nel diritto amministrativo l’appalto rimane un

contratto di risultato, un’obbligazione dei mezzi e tuttavia qui riguardo

l’esecuzione dei lavori e la fornitura dei beni nel diritto amministrativo l’appalto è

anche una procedura nella quale abbiamo anche contratti che non sono appalto,

per esempio la fornitura è una compravendita e quindi c’è un livello diverso.

Con l’appalto la PA stipula mutui o contratti assicurativi.

Rimandando al codice civile troviamo una norma che tratta la revisione prezzi e

afferma che qualora ci siano delle circostanze imprevedibili, quindi abbiamo nel

codice civile l’imprevedibilità, che hanno portato ad una diminuzione dei prezzi

dei materiali tali da determinare una diminuzione superiore al decimo del

prezzo, quindi per contratti che hanno una variazione inferiore a un decimo

l’operatore economico assume il rischio, è un contratto di risultato dove c’è il

rischio e oltre il decimo abbiamo la possibilità di rivedere il prezzo.

Il principio è presente nel c.c. all’art. 1467 per i contratti ad esecuzione

continuata o periodica e questo è importante perché gli appalti sono contrati che

hanno un’esecuzione nel tempo a prestazioni corrispettive, quando facciamo

riferimento agli appalti nel diritto amministrativo abbiamo detto che comprende

anche la compravendita e la fornitura, ma questo ovviamente non è suscettibile

perché comunque è richiamata in un ambito nel quale non sussiste il tema della

durata e quindi il rischio che nel tempo non ci sia più equilibrio contrattuale.

Nell’art 1467 abbiamo una situazione che può diventare eccessivamente onerosa

e allora la parte che sostiene la risoluzione può richiederla e in alternativa può

proporre la rinegoziazione, vedremo che negli appalti pubblici è esattamente

così.

Questo è il tema: appalto, contratto di risultato per la necessità di mantenere un

equilibrio.

Nel nostro ordinamento abbiamo una situazione di questo tipo.

La legge 109, legge di Merloni, aveva sostanzialmente eliminato la revisione dei

prezzi ed era stata introdotta una norma con la quale si stabiliva un prezzo

iniziale, questo perché negli anni precedenti, anni ’70 ’80, avevamo una

situazione nella quale gli appalti pubblici partivano con 100 e terminavano con

300, e questo era anche il contratto con la normativa europea, perché vincere

un appalto con 1 milione di euro e poi eseguirne uno da 3 milione significa

cambiare in modo sostanziale le condizioni del contratto e quindi determinare

una situazione nella quale potrebbe venir meno la parità di trattamento tra

operatori economici.

C’era anche un problema fondamentale di finanza pubblica, c'era questa norma

che stabiliva un tasso di inflazione programmato, se il tasso di inflazione era di

5% se si andava oltre al 2% quindi al 7% si poteva ricominciare con l’appalto,

cosa che non avveniva sostanzialmente mai.

Notiamo che abbiamo una norma del 1994 conseguente alle direttive europee

degli anni ’90 e una norma del 2006 a seguito delle direttive del 2004, ogni 10

anni abbiamo direttive europee e recepiamo, ma anche qua abbiamo i prezzi

chiusi almeno per quanto riguarda i lavori pubblici, nei beni e servizi c’era quasi

apertura. Per i servizi ad esecuzione periodica e continuativa dovevano

prevedere una clausola di revisione prezzi, non chiarendo quale fosse, la PA

adottava, per analogia, la logica del prezzo chiuso e il tasso di inflazione, queste

erano le clausole apposte.

Il decreto legislativo 50/2016 invece riapre in termini generali, anche per i lavori

pubblici, il tema della revisione prezzi, però colloca la materia della revisione

prezzi nell’ambito delle modifiche del contratto nel corso della sua revisioni,

quindi non la pensiamo come norma contrattuale ma come modifica in sede

esecutiva e da questo punto di vista potremmo dire che anche le direttive

europee hanno una collocazione sostanzialmente analoga, la pongono come

materia, quella della revisione prezzi, da affrontare nella sede dell'esecuzione;

negli appalti pubblici adesso abbiamo questo ampio discorso anche se molto

generico, la parte diciamo fino all'affidamento, fino all'individuazione

dell'operatore economico presidiata totalmente dal diritto amministrativo e poi

c’è la parte dell’esecuzione che diventa contratto e abbiamo una situazione

diversa dove accanto a interessi legittimi che permangono abbiamo il diritto

soggettivo, la stipulazione e quindi i rapporti tra le parti.

La revisione prezzi era collocata nell’ambito delle modifiche in sede esecutiva.

Nel periodo del Covid e poi con l’intervento del PNRR ci sono state una serie di

norme emergenziali : nel 2021, 2022, 2023 sei o sette norme che intervengono

nella materia senza un punto di riferimento generando una confusione nel Paese.

Giurisprudenza precedente al correttivo:

sentenza del Consiglio di Stato del 2018: la giurisprudenza in questa

 sentenza colloca la revisione prezzi all’art 1664 e alla norma 1663 del 2006,

che era una norma che introduceva la revisione prezzi nell’esecuzione dei

lavori e dei servizi, affermando che sussiste un rapporto di specialità, per

tanto nell’ambito dei contratti pubblici non si applica la normativa.

Sentenza del 2022: La clausola della revisione prezzi non assume la

 funzione di eliminare completamente l’alea tipica del contratto di durata,

abbiamo visto che il contratto di appalto è un contratto dove c’è un rischio

allora questa giurisprudenza distingue la revisione prezzi dal riconoscimento

tout court dell’equilibrio contrattuale lasciando quindi un’alea (quella che nel

codice civile è del 10%). Se il meccanismo deve prevedere la correzione

dell’importo previsto, il riequilibrio non si risolve in un automatismo

perfettamente ancorato ad ogni variazione dei valori, trasformatolo in una

clausola di indicizzazione, quindi c'è una distinzione tra la revisione dei prezzi

e una clausola di indicizzazione che riconoscerebbe tout court: esiste un

equilibrio e quello deve rimanere. La clausola di indicizzazione garantisce tout

court mentre la clausola di revisione prezzi ripartisce un rischio: un parte

sull’appaltatore e in parte sulla stazione appaltante, oltre un certo limite

dovrà riconoscere il rischio ma non si va oltre, siamo sempre nell’ambito delle

clausole. Questa sentenza introduce al fatto che la revisione prezzi viene

individuata dalla giurisprudenza come o interesse legittimo o come qualcosa

che sta nel mezzo all’interesse legittimo e al diritto soggettivo. La funzione è

quella di salvaguardare l’interesse pubblico: “a che le prestazioni di beni e

servizi alla PA non siano esposte nel tempo ad una diminuzione qualitativa a

causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta”, i dice in sostanza che se i

prezzi aumentano può darsi che l’appaltatore sia indotto a realizzare male

una determinata lavorazione, la revisione prezzi, quindi, tutela

l’amministrazione che vuole evitare che l’operatore realizzi male.

È importante sottolinearlo, perché il TAR e il Consiglio di Stato cercano sempre di

dire che è loro competenza, quindi entra in gioco anche questo aspetto, ovvero

di evitare che il corrispettivo del contratto subisca aumenti incontrollati nel corso

del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla base del quale è

avvenuta la stipulazione del contratto, discendendo quindi che lo scopo

principale dell’istituto resta quello di tutelare l’interesse pubblico ad

acquisire prestazioni qualitativamente adeguate.

Ci dice poi che in via mediata e indiretta la disciplina realizza anche l’interesse

dell’impresa. Ci sono una serie di sentenze che dicono che l’istanza con la quale

una impresa richiede il riconosci

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiaraottopinpiyuki di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Azzena Luisa Maria.