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Certamente, in entrambe le occasioni, spicca l’interesse del minore apprezzato

alla luce dei particolari bisogni, esigenze e necessità educative che lo

contraddistinguono, legate in via esemplificativa, a possibili difficoltà di

apprendimento, particolari fragilità di socializzazione e/o di inserimento in un

determinato contesto, opportunità di coltivare studi confacenti alla propria

indole ed alla personale inclinazione, nonché, secondo una certa opzione

ricostruttiva, all’estrazione culturale della famiglia di appartenenza.

Da qui, una attenta ponderazione degli elementi di valutazione rilevanti nel

singolo caso di specie in vista della scelta, ad esempio, dell’iscrizione del figlio

ad una scuola pubblica, ovvero ad un istituto di istruzione privato, dovendo

l’istituto scolastico provvedere, ricorrendone i presupposti, al rilascio del nulla-

osta al trasferimento del discente solo ed unicamente in presenza di concorde

richiesta proveniente da entrambi i genitori.

In ogni caso, infatti, quale che sia la preferenza espressa da parte della famiglia

dello studente minorenne, tenuto conto, ovviamente, delle inclinazioni ed

aspirazioni da questi manifestate e condivise in seno al nucleo familiare,

dovere precipuo dei genitori si dimostra assistere, congiuntamente, i figli

durante l’intero percorso di istruzione.

Ciò, chiaramente, anche qualora non sussista alcun vincolo matrimoniale tra i

genitori, ovvero esso sia stato sciolto, ovvero non ricorra nemmeno l’ipotesi di

coabitazione e/o di convivenza.

In siffatte occasioni, in particolare, il principio della bigenitorialità implica che,

presupposto l’affido condiviso, entrambi i genitori siano coinvolti in egual

misura circa l’insieme delle questioni riguardanti l’educazione e l’istruzione

della prole.

Detto orientamento, per quanto in astratto pacifico e non contestato, non

sempre, in realtà, è stato accompagnato da una coerente attivazione dei dovuti

strumenti informativi da parte delle istituzioni scolastiche; il difetto di “dialogo”

che ne è derivato ha ingenerato un conseguente contenzioso, foriero di

ripercussioni non solo strettamente giuridiche (d’ordine sostanziale e/o

processuale), quanto, più propriamente, tradottosi nella produzione di un

significativo vulnus in capo allo studente in riferimento al percorso formativo

intrapreso.

Ciò, ad esempio, allorquando il minore non abbia potuto beneficiare di adeguati

strumenti di intervento, tesi ad implementare le iniziative rivolte a rafforzare il

percorso di apprendimento risultato fino a quel momento carente, a causa di

un confronto intercorso tra le istituzioni scolastiche ed uno solo dei genitori, pur

in presenza di piena consapevolezza dell’istituto in ordine alla conflittualità

esistente tra i due (ex) coniugi, in regime di separazione, ovvero già divorziati

(o, comunque, conviventi more uxorio, ovvero, in ogni caso, esercenti la

potestà genitoriale, ancorché non conviventi).

A fortiori, conseguenze non dissimili ricorrono ove difetti, in assoluto, nel corso

dell’anno scolastico, il compimento di doverose attività di valutazione e giudizio

intermedie, la cui assenza, in radice, non può che viziare il procedimento

formativo del giudizio reso dagli insegnanti, in quanto fonte di preclusione per

(entrambi) i genitori di conoscere tutti gli elementi idonei a rendere possibile la

tempestiva adozione dei necessari provvedimenti correttivi dello stato di

preparazione e del comportamento dell’allievo.

Non così appare circa l’incidenza sulla legittimità di giudizi negativi resi nei

confronti del rendimento degli studenti di omissioni imputabili all’istituto

scolastico in tema di attivazione e/o implementazione di iniziative finalizzate al

superamento di debiti formativi e/o al soddisfacimento di esigenze di

rafforzamento della preparazione in specifiche discipline in cui l’alunno dimostri

di non aver compiutamente raggiunto standard minimi di conoscenza.

La mancata attivazione dei corsi di recupero, difatti, secondo un particolare

orientamento, non vizia il giudizio di non ammissione dello studente alla classe

successiva, così come non incide su di esso la mancata assunzione da parte

della scuola di iniziative positive per risolvere la situazione di difficoltà

dell’alunno, tenuto conto che la valutazione in questione si basa

esclusivamente sulla constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello

studente, sia dell’incompleta maturazione personale, parimenti ritenute

necessarie per accedere alla successiva fase degli studi.

In materia di istruzione scolastica, cioè, è principio generale che nessuna

relazione o rapporto di consequenzialità possa ritenersi esistente tra

l’istituzione o meno di interventi didattici ed educativi integrativi, ed anche tra

le modalità ed efficacia del loro svolgimento, ed il giudizio finale negativo

riportato dal singolo studente, in quanto l’alunno deve essere valutato in

relazione ai risultati scolastici concretamente conseguiti e al livello di

maturazione globalmente raggiunto, in riferimento a capacità e attitudini

dimostrate.

Se, alla stregua di tali parametri, il giudizio dovesse risultare negativo, si reputa

che non ricorrano le ragioni per censurare il mancato conseguimento di un

livello di preparazione e maturazione tale da consentire il passaggio alla classe

successiva e l’omessa organizzazione di corsi di recupero da parte della scuola,

o anche, secondo una certa opzione ricostruttiva, di doverose attività di

coinvolgimento delle famiglie, pot’anno semmai rilevare sotto il profilo del

riconoscimento di disfunzioni burocratico-amministrative (ed eventuali

connesse responsabilità), ma certamente non potranno determinare

l’illegittimità di valutazioni scolastiche comunque rispondenti agli oggettivi

risultati conseguiti dagli alunni, tranne che non sia possibile riscontrare un

difficile e peculiare contesto didattico-organizzativo della scuola connotato da

estrema frammentarietà delle lezioni, obiettivamente risultante, non imputabile

al discente, ma causato, ad esempio, dalle reiterate assenze dell’insegnante.

In questa direzione, si osserva, nel quadro delle attribuzioni proprie della

potestà genitoriale correlate all’esercizio del diritto/dovere di istruire ed

educare la prole, certamente non può essere disatteso il rilevante e

significativo apporto offerto da una costante opera di vigilanza e controllo tesa

a consentire di conoscere il percorso di maturazione culturale e sociale

intrapreso dalla prole.

L’esercizio della potestà genitoriale, cioè, implica, il potere/dovere di esercitare

una vigilanza sugli orientamenti culturali che un figlio minorenne va formandosi

nel consueto percorso scolastico onde poter tempestivamente proporre, in seno

al nucleo familiare, ovvero, se del caso, anche attraverso il confronto con le

istituzioni scolastiche, le opportune scelte educative correlate alle inclinazioni

ed aspirazioni della prole.

In siffatte occasioni, in verità, pur sovente sussistendo a supporto della tesi

perorata dai genitori il parere di esperti del settore, al fine di censurare il

giudizio positivo reso da consiglio di classe, si dimostra indispensabile poter

ravvisare evidenti profili di illogicità e/o manifesta ingiustizia, specie a fronte di

un’ampia e dettagliata motivazione posta a corredo della promozione, spesso

legata al parziale raggiungimento da parte dell’alunno degli obiettivi

programmati, nonché alle relazioni umane intrecciate e consolidate dal

discente con alcuni compagni ed il corpo docente.

In questa ed in ordine alle diverse problematiche fino a tal momento

tratteggiate, spicca, in verità, l’esigenza di apprezzare la posizione rivestita da

parte dello studente all’interno del contesto scolastico in cui è inserito alla luce

di molteplici elementi informativi che, nel complesso, suggeriscono di

rafforzare, ove possibile, in via preventiva, le occasioni di dialogo e confronto

tra scuola e famiglia; ciò, allo scopo di impedire che il (potenziale) contenzioso

giudiziario assuma il significato di strumentale ed esacerbata espressione di

“autoreferenzialità” degli attori protagonisti del processo di crescita e

maturazione dei discenti, in luogo di (autentico) mezzo di tutela (e

riaffermazione) dell’effettività di diritti violati.

3. La formazione della personalità dello studente attraverso la ricerca

del dialogo tra scuola e famiglia

Le relazioni scuola-famiglia rappresentano l’asse portante del processo di

promozione, crescita e maturazione, culturale ed educativa, degli studenti nel

corso di un arco di tempo particolarmente delicato per lo sviluppo della

personalità del minore; in tal contesto, il successo scolastico costituisce solo

uno degli obiettivi cui dovrebbe tendere il “patto” intercorso tra istituti

d’istruzione e famiglie dei discenti, poiché la mera acquisizione (nozionistica) di

informazioni di certo non appare un traguardo sufficiente a garantire

l’affermazione e l’efficacia di un serio progetto educativo.

Pur auspicando concordia nella costruzione di un percorso formativo condiviso,

sovente la scuola, intesa sia come Amministrazione pubblica, sia alla stregua di

comunità sociale, viene percepita con distacco, o addirittura ritenuta ostile, da

parte delle famiglie.

In realtà, sia a livello organizzativo, sia in ordine alla instaurazione di rapporti

individuali, le relazioni scuola-famiglia andrebbero improntate su di un dialogo

costruttivo che sappia ritrarre dal conseguente dibattito e confronto l’occasione

per intraprendere un cammino di crescita condiviso.

Iniziative promosse nella direzione di sollecitare la partecipazione delle famiglie

nell’educazione dei figli ed a migliorarne la qualità, quali, per esempio,

conferenze o gruppi di incontro per genitori e insegnanti, attività di volontariato

per i genitori nella scuola, organizzazione di eventi per le famiglie e i docenti a

scuola, assumerebbero, pertanto, il significato di costituire una indispensabile

occasione di collaborazione, pur mantenendo sempre distinti i rispettivi ruoli. In

questa direzione, si osserva, il diritto fondamentale dei genitori di provvedere

alla educazione ed alla formazione dei figli, in uno con la posizione di

responsabilità, giuridica e morale, che ne consegue, trova il necessario

componimento con il principio di libertà dell’insegnamento dettato dall’art. 33

della Cost.

Così, si ritiene che sia ravvisabile un potere dell’amministrazione scolastica di

svolgere la propria funzione istituzionale con scelte di programmi e di metodi

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Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Davidinho123456 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto di famiglia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Parrinello Concetta.
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