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Estratto del documento

Sebbene l’uno abbia un fine informativo, mentre l’altra persegua scopi

formativi, in ciascuno dei due ambiti non può negarsi che risieda la funzione di

sviluppo delle qualità morali e civili dell’essere umano, la promozione della sua

capacità di analisi critica della realtà e, più in generale, il processo di

formazione e maturazione della persona in rapporto al contesto storico e

sociale radicato in un dato momento.

Funzionale al pieno svolgimento della personalità dell’individuo, si staglia, in

questa direzione, l’attività di insegnamento “diretta ad istruire, cioè a produrre

o ad ampliare la sfera delle conoscenze del destinatario”. In tal contesto, la

scuola diviene l’istituzione all’interno della quale, appunto attraverso

l’insegnamento, collettivamente impartito, si assiste al rafforzamento delle

qualità intellettuali, morali, spirituali e fisiche dei discenti.

Insieme all’acquisizione di nuove competenze, infatti, il percorso di formazione

ed apprendimento dello studente si arricchisce quotidianamente di un bagaglio

assiologico sempre più fecondo che simboleggia, a sua volta, il terreno fertile

ove coltivare la consapevolezza della qualità di essere umano, portatore, per

definizione, di diritti inalienabili, in uno con i doveri (di solidarietà) inderogabili,

contraltare indefettibile dei primi.

Il diritto all’istruzione, in uno con la libertà di insegnamento, oltre che assumere

la consistenza di diritto soggettivo perfetto, ovvero di diritto civico il cui

riconoscimento è ritenuto attributo tipico dello Stato sociale, diviene così un

valore costituzionale primario.

In tal contesto, il rapporto scuola/famiglia assurge, nel quadro della

valorizzazione dell’autonomia delle scelte esistenziali del minore, a fulcro del

processo di maturazione dell’individuo e presuppone un equilibrato

bilanciamento tra esigenze di consapevolezza e vigilanza dei genitori in ordine

al percorso di apprendimento seguito dalla prole e legittimazione a sindacare

l’organizzazione delle istituzioni scolastiche, le offerte formative, nonché le

valutazioni tecniche espresse dagli insegnanti circa le competenze acquisite

dai figli.

Si staglia, in quest’ottica, l’opportunità di vagliare il livello di conflittualità nelle

relazioni scuola/famiglia per il tramite della disamina del contenzioso

intercorrente tra genitori ed istituzioni scolastiche nel quadro della ricerca del

giusto contemperamento tra affermazione dei diritti (anche fondamentali) degli

studenti ed effetti, potenzialmente diseducativi, legati ad un possibile,

strumentale sviamento del ricorso al sindacato giurisdizionale.

2. La dimensione giudiziaria delle relazioni scuola/famiglia

L’esercizio del diritto-dovere genitoriale all’istruzione dei figli comporta che, tra

le facoltà riconosciute ai genitori degli scolari, vi sia, necessariamente, quella di

scegliere liberamente il corso di studi ritenuto adeguato alle attitudini ed

aspirazioni del minore. In caso contrario, la libertà in questione (e, al contempo,

la posizione di responsabilità, morale e giuridica, che ne consegue),

risulterebbe, nella sostanza, svuotata di reale contenuto, di guisa che l’art. 30

Cost. rimarrebbe norma impositiva del dovere di impartire una purchessia

istruzione alla prole, svincolata da qualsivoglia aspirazione e attitudine

personali, il che contrasterebbe, evidentemente, inter alia, con elementari

canoni di ragionevolezza.

Nell’ambito dell’individuazione del percorso di studi, la delicatezza delle scelte

da compiere prefigura l’auspicata ricerca di condivisione d’idee e d’intenti in

seno al nucleo familiare senza che, ovviamente, le istituzioni scolastiche

possano condizionare, in ragione dell’esercizio di una potestà di

apprezzamento discrezionale dei motivi addotti dal discente e/o dalla famiglia

circa la preferenza espressa, anche in costanza di anno scolastico, l’effettività

di siffatta posizione di libertà, anche a fronte della già avvenuta predisposizione

degli organici scolastici e delle classi.

Qualora ricorra, invece, un contrasto tra i genitori circa la predilezione dell’uno

piuttosto che dell’altro dell’indirizzo scolastico da far frequentare ai propri figli

in conformità alle aspirazioni della prole, il contenzioso che può derivarne non

necessariamente risulta essere “circoscritto” alla risoluzione della conflittualità

ingeneratasi tra i soggetti esercenti la potestà genitoriale, bensì, sovente, è

capace di coinvolgere, anche (in)direttamente, le istituzioni scolastiche.

Certamente, in entrambe le occasioni, spicca l’interesse del minore apprezzato

alla luce dei particolari bisogni, esigenze e necessità educative che lo

contraddistinguono, legate in via esemplificativa, a possibili difficoltà di

apprendimento, particolari fragilità di socializzazione e/o di inserimento in un

determinato contesto, opportunità di coltivare studi confacenti alla propria

indole ed alla personale inclinazione, nonché, secondo una certa opzione

ricostruttiva, all’estrazione culturale della famiglia di appartenenza.

Da qui, una attenta ponderazione degli elementi di valutazione rilevanti nel

singolo caso di specie in vista della scelta, ad esempio, dell’iscrizione del figlio

ad una scuola pubblica, ovvero ad un istituto di istruzione privato, dovendo

l’istituto scolastico provvedere, ricorrendone i presupposti, al rilascio del nulla-

osta al trasferimento del discente solo ed unicamente in presenza di concorde

richiesta proveniente da entrambi i genitori.

In ogni caso, infatti, quale che sia la preferenza espressa da parte della famiglia

dello studente minorenne, tenuto conto, ovviamente, delle inclinazioni ed

aspirazioni da questi manifestate e condivise in seno al nucleo familiare,

dovere precipuo dei genitori si dimostra assistere, congiuntamente, i figli

durante l’intero percorso di istruzione.

Ciò, chiaramente, anche qualora non sussista alcun vincolo matrimoniale tra i

genitori, ovvero esso sia stato sciolto, ovvero non ricorra nemmeno l’ipotesi di

coabitazione e/o di convivenza.

In siffatte occasioni, in particolare, il principio della bigenitorialità implica che,

presupposto l’affido condiviso, entrambi i genitori siano coinvolti in egual

misura circa l’insieme delle questioni riguardanti l’educazione e l’istruzione

della prole.

Detto orientamento, per quanto in astratto pacifico e non contestato, non

sempre, in realtà, è stato accompagnato da una coerente attivazione dei dovuti

strumenti informativi da parte delle istituzioni scolastiche; il difetto di “dialogo”

che ne è derivato ha ingenerato un conseguente contenzioso, foriero di

ripercussioni non solo strettamente giuridiche (d’ordine sostanziale e/o

processuale), quanto, più propriamente, tradottosi nella produzione di un

significativo vulnus in capo allo studente in riferimento al percorso formativo

intrapreso.

Ciò, ad esempio, allorquando il minore non abbia potuto beneficiare di adeguati

strumenti di intervento, tesi ad implementare le iniziative rivolte a rafforzare il

percorso di apprendimento risultato fino a quel momento carente, a causa di

un confronto intercorso tra le istituzioni scolastiche ed uno solo dei genitori, pur

in presenza di piena consapevolezza dell’istituto in ordine alla conflittualità

esistente tra i due (ex) coniugi, in regime di separazione, ovvero già divorziati

(o, comunque, conviventi more uxorio, ovvero, in ogni caso, esercenti la

potestà genitoriale, ancorché non conviventi).

A fortiori, conseguenze non dissimili ricorrono ove difetti, in assoluto, nel corso

dell’anno scolastico, il compimento di doverose attività di valutazione e giudizio

intermedie, la cui assenza, in radice, non può che viziare il procedimento

formativo del giudizio reso dagli insegnanti, in quanto fonte di preclusione per

(entrambi) i genitori di conoscere tutti gli elementi idonei a rendere possibile la

tempestiva adozione dei necessari provvedimenti correttivi dello stato di

preparazione e del comportamento dell’allievo.

Non così appare circa l’incidenza sulla legittimità di giudizi negativi resi nei

confronti del rendimento degli studenti di omissioni imputabili all’istituto

scolastico in tema di attivazione e/o implementazione di iniziative finalizzate al

superamento di debiti formativi e/o al soddisfacimento di esigenze di

rafforzamento della preparazione in specifiche discipline in cui l’alunno dimostri

di non aver compiutamente raggiunto standard minimi di conoscenza.

La mancata attivazione dei corsi di recupero, difatti, secondo un particolare

orientamento, non vizia il giudizio di non ammissione dello studente alla classe

successiva, così come non incide su di esso la mancata assunzione da parte

della scuola di iniziative positive per risolvere la situazione di difficoltà

dell’alunno, tenuto conto che la valutazione in questione si basa

esclusivamente sulla constatazione sia dell’insufficiente preparazione dello

studente, sia dell’incompleta maturazione personale, parimenti ritenute

necessarie per accedere alla successiva fase degli studi.

In materia di istruzione scolastica, cioè, è principio generale che nessuna

relazione o rapporto di consequenzialità possa ritenersi esistente tra

l’istituzione o meno di interventi didattici ed educativi integrativi, ed anche tra

le modalità ed efficacia del loro svolgimento, ed il giudizio finale negativo

riportato dal singolo studente, in quanto l’alunno deve essere valutato in

relazione ai risultati scolastici concretamente conseguiti e al livello di

maturazione globalmente raggiunto, in riferimento a capacità e attitudini

dimostrate.

Se, alla stregua di tali parametri, il giudizio dovesse risultare negativo, si reputa

che non ricorrano le ragioni per censurare il mancato conseguimento di un

livello di preparazione e maturazione tale da consentire il passaggio alla classe

successiva e l’omessa organizzazione di corsi di recupero da parte della scuola,

o anche, secondo una certa opzione ricostruttiva, di doverose attività di

coinvolgimento delle famiglie, pot’anno semmai rilevare sotto il profilo del

riconoscimento di disfunzioni burocratico-amministrative (ed eventuali

connesse responsabilità), ma certamente non potranno determinare

l’illegittimità di valutazioni scolastiche comunque rispondenti agli oggettivi

risultati conseguiti dagli alunni, tranne che non sia possibile riscontrare un

difficile e peculiare contesto didattico-organizzativo della scuola

Dettagli
A.A. 2024-2025
11 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Davidinho123456 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Laboratorio diritto di famiglia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Astone Maria Annunziata.