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COTTURA.
Infine, il pane subirà il processo di
raffreddamento, affettatura e
confezionamento. 55
5.5.1 Impastamento
È molto simile a quello della pasta (infatti la definizione è la stessa) ma a
differenza della pasta, nell’impastamento del pane a livello
fenomenologico mi interessa l’incorporazione dell’aria che è tipico della
lievitazione di tipo fisica.
Per quanto riguarda il glutine accadono gli stessi fenomeni visti nella
pasta (ponti di solfuro idrogeno ecc.)
La differenza sta anche nelle condizioni operative e nell’utilizzo delle
macchine e degli impianti.
Si lavora a temperatura ambiente (sennò porta a destrutturazione)
dai 10 ai 30 min, le macchine e gli impianti di interesse sono le impastatrici per pane (per formare un reticolo
proteico ben strutturato e tenace).
L’elemento rotante (aspo) si muove all’interno di un recipiente (bassina), sarà quella che genererà il
movimento e l’impastamento per formare la struttura.
A differenza della pasta in questo tipo di impastamento lavoriamo in discontinuo.
Nell’impastamento possiamo usare dei miglioranti delle farine (additivi).
Nell’immagine in bianco e nero è la visione al microscopio dell’impasto farina e acqua, le “ragnatele” è il
reticolo proteico ovvero il glutine, il nero invece è l’amido, questo reticolo proteico tiene tutto insieme
consentendo quindi lo sviluppo di aria nel prodotto.
La tenacia del reticolo proteico non solo ci permette di avere determinati volumi, migliorare la sofficità ma ci
permette anche di mantenere la struttura del prodotto anche in relazione all’uso (non vogliamo prodotti
friabili). Infatti, i prodotti che non hanno reticoli proteici (prodotti senza glutine) soffrono spesso di
polverizzazione.
5.5.2 Lievitazione
La lievitazione è un’operazione fondamentale (nel caso del pane) di trasformazione
chimica per azione microbica a carico di lieviti (Saccharomyces cerevisiae...) per
aumentare volume dell’impasto e formare un impasto lievitato.
L’aumento di volume dell’impasto è dato dall’attività dei lieviti, che per fermentazione
alcolica sviluppano etanolo e CO (è questa che genera aria) a carico degli zuccheri
2
fermentescibili presenti nell’impasto (attenzione in quanto l’amido non fermentescibile,
deve perciò essere precedentemente destrutturatodalle alfa – amilasi).
Le bolle di gas vengono trattenute dal reticolo proteico, causando l’aumento di volume
dell’impasto.
Le condizioni operative di temperatura per la lievitazione sono di 25 – 30 °C in ambienti
ad elevata umidità al 90% UR (I lievitazione 45 min – 4 h, II lievitazione 30 min – 3 h,
dipende dalla pezzatura) in questo modo il lievito si gonfia senza avere zone secche all’esterno.
L’eventuale ausilio di additivi supporta la fermentazione.
5.5.3 Cottura
La cottura modifica la struttura, cambia la composizione chimica e biologica di un prodotto crudo, così da
renderlo commestibile o più gradito e sicuro. La cottura ha assunto diverse terminologie (in forno,
arrostimento, grigliatura, bollitura, frittura ecc.), la differenza è legata al tipo di trasporto di calore che
generiamo su un solido/liquido alimentare. Quindi come distribuisco calore.
Ci sono 5 grandi tipologie di cottura:
Cottura in forno: a seconda di come usa il macchinario ho diverse cotture quelle propriamente dette
(pane), sottovuoto, arrostimento, tostatura. Richiede l’uso di aria calda, la distinzione sta come quest’aria
investe il prodotto; Cottura su piastra (cottura diretta); Cottura a MW; Cottura per estrusione (per
aumento di pressione); Cottura per immersione (utilizzo un liquido).
Per il pane ci interessa la COTTURA IN FORNO PROPIAMENTE DETTA. 56
5.5.3.1 Cottura in forno
Questa è un trasporto combinato sempre di calore e di materia (riscaldiamo e disidratiamo), la
combinazione di questi due determina una serie di fenomeni utili a carico delle componenti del prodotto tali
da fargli assumere le volute caratteristiche di prodotto cotto. La fenomenologia dipenda dalle caratteristiche
del fluido di servizio ovvero l’aria calda (temperatura, umidità relativa, velocità, tipologia di trasporto di
calore) e dalla composizione e struttura del prodotto crudo. Si può fare una distinzione:
- Cottura in aria con T >100°C (prodotti da forno)
- Cottura in aria con T <100°C (salumi cotti)
La soglia dei 100 gradi non è casuale, perché è la soglia di ebollizione dell’acqua a pressione atmosferica.
Quindi se uso dell’aria che ha una temperatura sopra i 100 gradi vuol dire che la disidratazione coinvolgerà
un po' di più o un po' di meno l’ebollizione dell’acqua (ad esempio nella produzione dei prodotti da forno).
Una soglia più bassa è perché non vogliamo avere una perdita di acqua così spinta come nel caso
precedente.
5.5.3.2 Cottura in forno con aria a T > 100°C
Se collochiamo in forno un impasto crudo e lo
appoggiamo in un vassoio o all’interno di una
forma, l’aria riscalda la superficie del prodotto
(per convezione) e la superficie del prodotto
riscalda le parti più interne (per conduzione).
Succede però che l’aria calda non solo riscalda il
prodotto ma anche il supporto su cui poggia il
prodotto, la porzione di prodotto a contatto con il
supporto (vassoio, stampo, piastra) non si
riscalda per convezione ma per conduzione; lo
stampo infatti riscalderà la superficie del
prodotto, quindi il trasporto di calore in alcune
zone vedrà coinvolta un contatto
che comporta quindi qualche differenza.
L’aria però riscalda anche le pareti del
forno; dove si emette energia radiante per
riscaldare la superficie del prodotto,
è quindi presente anche l’irraggiamento.
A seconda della T questi effetti saranno
diversi. Questo trasporto di calore influenza
anche il trasporto di materia, ovvero
spostare/disidratare acqua (dall’interno, alla superficie all’esterno).
Per comprendere, studiare e mettere in relazione i diversi tipi di trasporto di calore che avvengono durante la
cottura, analizziamo il grafico che riporta la variazione della temperatura durante la cottura.
Nel grafico vediamo diverse temperature e diversi tempi, la prima funzione a T dell’aria di 200 °C indica la
variazione di temperatura di tutto l’impasto in relazione al tempo, le funzioni sottostanti invece sono
variazioni di temperatura di determinate porzioni dell’impasto in relazione al tempo.
Le prime due funzioni misurano la T alla superficie (impasto più vicino all’esterno), la prima si riferisce alla
superficie del prodotto a contatto con l’aria, mentre la seconda si riferisce alla temperatura del prodotto a
contatto con lo stampo.
Le altre due sono misure della temperatura all’interno dell’impasto quindi lontano dalla superficie, la prima
si riferisce a 1 cm dalla superficie, mentre la seconda si riferisce al centro dell’impasto ovvero il punto più
freddo (il centro del campione). 57
In questo grafico notiamo l’andamento della cottura di una miscela di
farina acqua superiore a 100°C.
La prima curva riguarda la superficie; la seconda riguarda, ciò che
avviene appena sotto la superficie; l’ultima ciò che avviene all’interno.
La superficie avrà un incremento molto rapido di temperatura e in
maniera regolare (senza scalini), la curva supera i 100°C e si
porta vicino alla temperatura dell’aria. Appena al di sotto della
superficie il profilo di T sale e poi sta fermo, dopo un po'
ricomincia a salire (ho quindi uno scalino a 100°C).
Nel punto più sfavorito abbiamo una fase di latenza e poi si
fermerà a 100°C.
Possiamo concludere affermando che tutto ciò che avviene
sopra i 100°C avrà un effetto importante in termini di
disidratazione (crosta sulla superficie), mentre quelle che è a
100°C è un momento di perdita di acqua per ebollizione (platue
seconda curva), motivo per cui poi la crosta inizia a diventare
più spessa.
L’interno invece arriverà a 100°C ma non li supererà.
Nel secondo grafico notiamo l’andamento della mollica a due
cm dalla crosta. L’andamento che notiamo è una crescita e un
evidente mantenimento sulla T dei 100 °C, per poi abbandonare
la T di 100 (diventerà crosta anche la zona appena sotto la
superficie.
Nel terzo grafico notiamo la variazione dell’umidità.
Lo strato superficiale diminuisce l’umidità arrivando quasi
a completa disidratazione dell’acqua.
Nella mollica l’umidità non cambia, quindi non si disidrata.
Il quarto grafico riguarda la variazione dello spessore della crosta nel tempo.
Anche qui notiamo due andamenti. Una riguarda la crosta a contatto con l’aria e l’altro si riferisce alla crosta
a contatto con il recipiente di cottura.
5.5.3.3 Fenomenologia della cottura di un impasto
Una volta introdotto l’impasto di farina e acqua, ciò che si genera è un trasporto di calore sulla superficie del
prodotto, aumentando la temperatura della superficie, si genera una differenza di temperatura tra la
superficie e l’interno. L’interno si riscalderà con un trasporto di calore conduttivo non stazionario verso
l’interno del prodotto (in maniera molto lenta).
Simultaneamente, in condizioni non stazionarie, si verifica un trasporto conduttivo di materia
(evaporazione), tra le superficie del prodotto e l’aria e una ridotta diffusione di acqua verso la superficie.
Quando la superficie raggiunge i 100°C la disidratazione avviene istantaneamente per ebollizione, portando
alla completa disidratazione della superficie.
In particolare, succede che la superficie
disidratata torna ad aumentare di temperatura e
difronte all’evaporazione a 100°C regredisce
nello strato sottostante. L’interno avrà lo stesso
fenomeno ma arriva a100°C e non incrementa la
temperatura (motivo per cui non cambia
l’umidità). Questi fenomeni di calore e di materia
diversificano uno strato disidratato (crosta), uno
strato umido (mollica) e un fronte intermedio di
evaporazione (zona di contatto/rottura tra crosta e mollica). 58
Nel caso in cui non mi interessa avere un interno umido (biscotti), ma un prodotto completamente secco, il
fenomeno non cambia. Ciò che cambia è l’entità e la velocità dei fenomeni. Avremo sempre comunque ben
evidenziate le tre zone (nel caso del pane, nei biscotti sono due in quanto non ho mollica).
Ad esempio, nei biscotti mi interessa trasformare “tutt