vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
In questo medesimo senso si parla di un generico o globale “diritto alla tutela
giurisdizionale” nella quale espressione è palese il riferimento globale all’intera serie
delle situazioni semplici che fanno capo al soggetto che chiede la tutela giurisdizionale, e
dei relativi atti che realizzano l’intero processo (cd. diritto al processo).
Il Cosiddetto Rapporto Giuridico Processuale
Il complesso fenomeno di reciproca introduzione di situazioni e di atti facenti capo ai
diversi soggetti del processo ed intersecantisi a vicenda, realizza il processo come
fenomeno giuridico dinamico; da questa analisi emerge l’autonomia del “fenomeno
giuridico processuale” dal diritto sostanziale.
L’autonomia di cui sopra, si esprime mediante l’espressione “rapporto giuridico
processuale” con cui si evidenzia l’esistenza nel processo di un rapporto giuridico
peculiare e pertanto, autonomo da quello sostanziale attraverso la presentazione di una
domanda di tutela rivolta al giudice.
Più precisamente, si vide nel processo un rapporto tra le parti e l’organo giurisdizionale,
quindi “trilaterale”.
Nel momento in cui venne elaborata questa nuova figura si raggiunge un reale progresso
in termini di autonomia giuridica del processo; così ad es., la possibilità di ammettere la
successione nel processo, la rappresentanza nel processo e tante altre utilizzazioni che
recano autonomia al processo come tale.
A questo riguardo la dottrina ha compiuto un altro passo in avanti mettendo in risalto che
il processo è ben di più che un semplice rapporto giuridico, ma è in realtà una serie di
rapporti in continua trasformazione nell’evolversi delle situazioni attraverso l’esercizio
dei poteri.
I Presupposti Processuali
Con riferimento al “presupposto” suole intendersi quel requisito che deve esistere prima
di un determinato atto perché da quell’atto discendano determinate conseguenze.
Quanto alle “conseguenze” espressione dei presupposti, si fece sin da subito una
distinzione poiché, da un lato, ci si riferì allo stesso venire in essere del rapporto
processuale e, dall’altro, ci si riferì all’attitudine del rapporto processuale a consentire il
suo normale svolgimento fino al conseguimento del risultato.
La dicotomia suindicata spinge a realizzare una bipartizione dei presupposti: ossia,
“presupposti di esistenza del processo” e “presupposti di validità o procedibilità del
processo”, benché, questi ultimi, meritano adeguati approfondimenti.
Con riguardo al giudice, il suo effettivo potere di decidere quella controversia (cd.
competenza); con riguardo al soggetto che chiederà tutela giurisdizionale e a quello nei
cui confronti la domanda verrà proposta, il potere di compiere gli atti del processo; ossia
quella serie di poteri ai quali il codice accenna con riferimento alla “rappresentanza
processuale”.
Se manca uno di questo requisiti, il giudice si deve fermare al rilievo di quella
mancanza; se viceversa vi fossero, il giudice può e deve andare avanti; il processo
prosegue nel suo iter secondo la sua dinamica fino alla pronuncia sul merito.
Accanto a tale presupposti processuali nei termini sopra indicati, bisogna tenere presente
l’esistenza di altri requisiti che pure condizionano l’attitudine del processo a pervenire ad
una pronuncia sul merito.
Tuttavia, siffatti requisiti non possono essere qualificati come “presupposti” poiché la
loro esistenza non è richiesta prima della proposizione della domanda, giacché di
quest’ultima ne rappresentano i “requisiti intrinseci” con riguardo al suo contenuto.
Per finire, si consideri che, accanto ai requisiti che fungono da “presupposti processuali”,
per determinare l’avvio regolare del giudizio, altresì esistenti “prima” della proposizione
della domanda giudiziale, vi sono del pari altri requisiti che condizionano lo svolgimento
del processo, sebbene rappresentano elementi interni alla domanda stessa.
La Domanda e il Potere di Proporla
Abbiamo già avuto occasione di mettere in rilievo che quella “serie di situazioni e di
atti in evoluzione”, che è il processo, si mette in moto a seguito del compimento di un
atto ben definito, la “domanda”.
Col quale atto il soggetto che lo compie esercita un ben definito “potere”, ossia una
situazione processuale “semplice” poiché ci si riferisce di tal guisa a quel singolo
comportamento mirato all’instaurazione del processo.
Per quanto attiene l’identificazione dei soggetti abilitati a proporre la domanda,
ancora una volta, ritorna in auge la disposizione costituzionale di cui all’art. 24,
secondo cui, “tutti” possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed
interessi legittimi.
La sola limitazione che può essere considerata compatibile con un’impostazione che
riconosce ampia possibilità di azione, afferisce al tema della “capacità”, cioè a quelle
norme che sottraggono agli incapaci i poteri relativi all’esercizio dei loro diritti,
sicché da attribuirli ai loro rappresentanti legali.