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RESPONSABILITÀ PER FATTO ILLECITO – LE ALTRE FONTI DELLE
OBBLIGAZIONI
14.1. Il fatto illecito come fonte di obbligazioni.
Fonti delle obbligazioni, secondo l’art. 1173 sono «il contratto, il fatto illecito e ogni altro atto o
fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico».
Accanto al contratto e alle promesse unilaterali costituiscono quindi fonte di obbligazioni anche i
fatti illeciti e cioè gli atti e i fatti che cagionano un danno ad altri.
Ai sensi del l’art. 2043 che «qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno
ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». I fatti illeciti sono, quindi,
fonte di obbligazione risarcitoria ed obbligano il soggetto a rispondere delle conseguenze delle sue
azioni andando, così, a ripianare il pregiudizio subito dal soggetto leso.
Poiché l’ambito di applicazione della norma si estende a qualunque fatto, l’articolo 2043 viene
considerato una clausola generale dell’ordinamento, che consente al sistema della responsabilità
civile di acquistare la necessaria flessibilità adeguando il dettato normativo alla mutevolezza della
realtà economico-sociale. Dalla lettura dell’articolo si possono desumere gli elementi costitutivi del
fatto illecito:
- il fatto materiale;
- l’ingiustizia del danno;
- la colpevolezza.
1) La nozione di fatto illecito ricomprende sia i fatti, che gli atti giuridici: sia, ad es., il
tamponamento di un’automobile, che una frode contrattuale. Essi, poi, potranno essere commissivi
od omissivi, in quest’ultimo caso, però, ove vi sia un obbligo giuridico di intervenire (si pensi al
proprietario di un immobile che, pur dovendo intervenire, non ne evita il crollo, in seguito al quale
una persona rimane ferita).
2) In conseguenza del fatto o del comportamento il legislatore richiede che si sia prodotto un
«danno ingiusto». Tale danno viene comunemente definito come lesione dell’interesse considerato
meritevole di tutela dall’ordinamento. Rileva la violazione sia di diritti assoluti (personali o reali),
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sia di diritti di credito (ad es., la squadra di calcio chiede il risarcimento per l’infortunio occorso al
giocatore, che la priva dello stesso per un tempo maggiore o minore); importante è che il danno sia
valutabile in denaro: tale è sia il danno patrimoniale, sia quello non patrimoniale (come vedremo tra
poco)
Distinguiamo danno-evento, ossia l’accadimento concreto, e danno-conseguenza, ossia il
nocumento subito, nella persona o nel patrimonio, dal danneggiato.
3) Ulteriore e distinto requisito è l'esistenza di un nesso o rapporto di causalità tra fatto illecito e
danno, ovvero il fatto posto in essere dal soggetto agente deve essere requisito o condizione
necessaria per il prodursi dell’evento (che perciò non si sarebbe verificato senza quel fatto).
4) L’articolo 2043 richiede, altresì, che il soggetto agente abbia commesso il fatto con dolo o con
colpa. Si ha dolo quando «l’evento è preveduto e voluto dall’agente come conseguenza della
propria azione od omissione» (art. 43 c.p.)
Si ha colpa quando vi sia «negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline» (art. 43 c.p.). Non rileva il fatto che l’evento dannoso sia stato
eventualmente preveduto dall'agente; l'importante è che non sia direttamente voluto, che non sia lo
scopo cui è diretta l’azione. In definitiva, allora, oggetto del rimprovero al soggetto agente è di non
aver osservato la diligenza media, la cui violazione importa responsabilità per i danni. La presenza
del dolo o della colpa, nonché l’intensità dell’una o dell’altra, incidono poi sulla misura del
risarcimento (il dolo è più grave).
Ulteriore presupposto della colpevolezza è l’imputabilità. L’imputabilità è regolata dall’art. 2046,
nel senso che non è responsabile del fatto illecito chi non aveva la capacità di intendere e di volere
al momento in cui lo ha commesso. Inoltre, la responsabilità è esclusa quando ricorrano le cd. cause
di giustificazione, consistenti in evenienze che autorizzano o rendono doverosa la condotta,
elidendo, di fatto, la stessa antigiuridicità del comportamento. Ad es., l’omicidio di un soggetto
espone l’assassino a responsabilità (anche) civile per lo stesso: ma se esso è avvenuto per legittima
difesa (art. 52 c.p.), nessun risarcimento sarà dovuto. In questi casi, in definitiva, o l’agente aveva
facoltà di tenere quel comportamento ovvero non aveva piena libertà di scelta: in entrambi i casi,
non sarà responsabile.
14.2. La responsabilità oggettiva.
Accanto alla regola generale (art. 2043) fondata sul principio della colpa, il nostro ordinamento
contiene ipotesi tipiche di responsabilità in cui si prescinde dall’elemento soggettivo della colpa
(c.d. responsabilità oggettiva) o nelle quali il criterio di imputazione del danno non è mai la colpa
ma, di volta in volta, l’esercizio di un’attività pericolosa (art. 2050 e 2054), la custodia di cose (art.
2051) e la proprietà di animali (art. 2052) o di edifici (art. 2053)
La responsabilità oggettiva si fonda sulla sola esistenza del nesso di causalità per cui si risponde del
danno cagionato come conseguenza diretta ed immediata della propria condotta. Per liberarsi da
questa responsabilità occorre dimostrare la mancanza del rapporto causale, ma tale prova è
diversamente configurata nelle diverse ipotesi di responsabilità oggettiva.
Le ipotesi più importanti di responsabilità oggettiva sono le seguenti:
- esercizio di attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati (ad es. raffineria
di petrolio; produzione di esplosivi)). L’esercente sarà responsabile salvo che dimostri di aver
adottato tutti gli accorgimenti offerti dalla tecnica per esercitare l'attività in condizioni di assoluta
sicurezza.
Trattasi di prova gravosissima: non basta provare di avere osservato tutte le cautele normalmente
richieste per quell'attività, e neppure il rispetto di specifiche normative di sicurezza.
- Circolazione di veicoli (art. 2054) tale disposizione si riferisce esclusivamente ai veicoli senza
guida di rotaie e la disciplina della responsabilità del conducente è diversa da quella del
proprietario.
Il conducente del veicolo è, in linea di principio, tenuto a risarcire i danni: può evitarlo solo
dimostrando di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (art. 2054, c. 1): prova che la
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giurisprudenza intende in modo assai rigoroso. Per il caso, poi, di scontro fra veicoli, si presume,
fino a prova contraria, che tutti i conducenti abbiano ugualmente concorso a cagionare il danno.
- Cose o animali in custodia: la responsabilità incombe su chi utilizza o tiene presso di sé cose o
animali, pur in sé non pericolosi, che cagionino danno ad altri (artt. 2051, 2052). La prova
liberatoria richiede che si provi il «caso fortuito», e cioè il sopravvenire di un evento che esclude il
rapporto di causalità, bastando a causare l’evento.
- Rovina di edificio (classico esempio è quello della caduta del cornicione di un palazzo). Il
proprietario può liberarsi dalla responsabilità solo provando che la rovina non è dovuta ad un difetto
di manutenzione o vizio di costruzione.
14.3. La responsabilità indiretta (o per fatto altrui).
Normalmente l’obbligo di risarcire il danno incombe solo su chi ha commesso il fatto.
Vi sono però ipotesi in cui, soprattutto allo scopo di rafforzare la tutela dei danneggiati, è prevista la
responsabilità di un soggetto diverso dall’autore del fatto dannoso.
Tra le forme di responsabilità indiretta o per fatto altrui rientrano:
- Responsabilità dei padroni e committenti per i danni arrecati dai dipendenti nell’esercizio delle
loro incombenze (art. 2049). Ad es., nel caso in cui l’operaio faccia cadere dall’impalcatura un
secchio e ferisca un passante, del fatto risponde il titolare dell’impresa.
- Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori, per «il danno cagionato dal fatto illecito dei
figli minori, delle persone soggette alla tutela, degli allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono
sotto la loro vigilanza» (art. 2048). Viene in tal modo estesa la portata della regola per cui chi è
tenuto alla sorveglianza o alla vigilanza su altre persone risponde del danno da queste cagionato
(art. 2047). Tale responsabilità è esclusa solo se gli interessati provano di non aver potuto impedire
il fatto.
- Responsabilità del proprietario per i danni cagionati dal veicolo guidato da altri (art. 2054, comma
3)
- Responsabilità per i danni cagionati dall’incapace (art. 2047). Tale forma di responsabilità grava
su coloro che hanno un obbligo di vigilanza sui soggetti incapaci.
14.4. Il danno ed il risarcimento.
Prima di passare ad esaminare la questione del risarcimento dei danni occorre soffermarci sul
significato da attribuire a tale termine. «Danno» è qualsiasi lesione di un interesse giuridicamente
apprezzabile e tutelato dall’ordinamento.
In particolare, si definisce danno patrimoniale quello che si traduce, direttamente o indirettamente,
in un pregiudizio al patrimonio.
Danno non patrimoniale è, invece, ogni pregiudizio recato direttamente alla persona, ovvero
all’integrità psicofisica all’onore, etc. Tipici danni non patrimoniali sono le lesioni personali, il
dolore fisico e spirituale, il discredito sociale conseguente alla diffamazione, e così via.
I danni non patrimoniali sono risarcibili solo nei casi determinati dalla legge (art. 2059) cioè, in
pratica, quando il fatto illecito è previsto come reato (art. 185 c.p), nonché per alcune ipotesi
tassative, previste in leggi speciali (ad es., illegittima detenzione, violazione delle norma sul
trattamento dei dati personali, etc.). La conseguenza pratica di tale impostazione legislativa è che il
danno non patrimoniale (ad esempio, le lesioni fisiche, ma anche la morte) se deriva da reato è
risarcibile, se non deriva da reato, non è risarcibile.
Siccome molti danni non patrimoniali possono derivare da fatti privi di rilevanza penale, appare
singolare, e non più tollerabile, che questo tipo di danni resti privo di risarcimento.
Ecco perché, in tempi più recenti, si è arrivati ad affermare che quantomeno il danno biologico, cioè
quello che deriva dalla menomazione de