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Una delle scoperte scientifiche a livello
immunologico che ha rivoluzionato il mondo
terapeutico è stata quella degli antigeni di
istocompatibilità. Christiaan Barnard è stato il
primo chirurgo ad effettuare un trapianto di
cuore, servendosi di questa scoperta rivoluzionaria.
In un preparato istologico in colorazione ematossilina-eosina di un campione del cuore
(a sinistra), è possibile osservare le fibrocellule muscolari
molto adese, con un nucleo centrale, e allungate, la cui
contrazione genera il battito all’unisono. A seguito di rigetto
post-trapianto di cuore, mancano quasi totalmente i
miocardiociti, sostituiti dalle cellule immunitarie, che appaiono
come punteggiature, rispetto a questi ultimi, i quali sono allungati
e con un nucleo centrale (a destra).
Il microscopio confocale è un macchinario che
utilizza il raggio laser, per poter visualizzare
un’immagine, non più all’obiettivo, ma ad un monitor. La porzione che emette
il laser è posizionata in una stanza diversa da quella in cui l’operatore effettua
l’esame. Nell’immagine diretta, una cellula immunitaria appare come una
punteggiatura, mentre grazie al microscopio
confocale non vi è solo la magnificazione
dell’immagine, ma anche del dettaglio. Il
confocale può essere direzionato verso il
nucleo, verso i lisosomi, altre componenti cellulari o addirittura
nanoparticelle, come quelle virali. Il virus dell’HIV aderisce alla
membrana del linfocita CD4 e penetra al suo interno.
Il sistema immunitario può essere controllato anche attraverso l’utilizzo di
alcuni farmaci, che ne abbassano la risposta, quindi le difese del nostro
organismo. Tale procedura è di rilevante importanza soprattutto in caso di
rigetto dovuto ai trapianti, oltre che per la compatibilità MHC. La
ciclosporina è un farmaco che, a concentrazioni più basse, può essere usata
anche per la psoriasi, una discromatosi della cute, a carico soprattutto
delle articolazioni del ginocchio o del gomito. L’azatioprina è un farmaco
immunosoppressivo, tuttavia il farmaco immunosoppressivo più diretto e
comune è il cortisone. Altri farmaci, invece, possono amplificare la risposta
immunitaria, come le interleuchine o gli interferoni, anticorpi
monoclonali, che vanno ad identificare particolari epitopi per ridurre l’apoptosi di una determinata
popolazione cellulare, oppure molecole desensibilizzanti attraverso tecniche dette di vaccinazione
(vaccino contro il polline o la polvere, ad esempio).
Il nostro sistema immunitario deve difenderci ogni giorno da patogeni, come virus, batteri e funghi.
Tali patogeni, tuttavia, condividono con noi alcune strutture, come carboidrati, lipidi e proteine. Ciò
significa che il sistema immunitario deve riconoscere il self dal non-self, cioè le strutture che gli
appartengono da quelle che, invece, appartengono ai patogeni. I processi infiammatori sono risposte al
danno.
I pazienti affetti da candida sono generalmente defedati oppure precedentemente trattati con
chemioterapia, e anche quando deglutiscono l’acqua o la saliva provano dolore.
Tutti questi processi di cui si è discusso sono regolati da due meccanismi
fondamentali, ossia l’apoptosi e la necrosi. L’apoptosi è una morte cellulare
programmata ed è un meccanismo altamente regolato, in cui un ligando,
come il FAS, si lega ad un recettore di membrana, ed induce un segnale
che parte dalla membrana plasmatica ed arriva al nucleo. Tale processo
avviene in assenza di infiammazione, essendo, appunto, un meccanismo
regolato, e si formano i corpi apoptotici. Tutte le unità intracellulari, come i
mitocondri o i lisosomi, sono avvolti dalla propria membrana, ma vengono
poi fagocitati dalle nostre cellule, tra cui i macrofagi. Inoltre, le cellule che
vanno incontro ad apoptosi sono sane, quindi si tratta anche di un meccanismo
fisiologico, che necessita di energia sotto forma di ATP.
La necrosi, invece, è un meccanismo immediato. In caso di bruciatura o ustione, per esempio, si ha
morte cellulare per necrosi, con conseguente dolore ed edema. Tali cellule, pur morendo, rilasciano il
proprio contenuto all’esterno, tra cui quello intracellulare più sensibilizzante dei tessuti circostanti, ossia i
lisosomi. Quindi, non vi è solo un effetto sulla matrice extracellulare, che viene degradata, ma anche
un effetto chemiotattico per le cellule infiammatorie. La necrosi non è, inoltre, un meccanismo
fisiologico, ma patologico, e non richiede la presenza di ATP.
Il nostro sistema immunitario deve difenderci anche da tutto ciò che può creare
uno stato infiammatorio, oppure oncologico, e deve avere la capacità, una volta
attivato, di spegnersi, per evitare l’insorgere di malattie autoimmuni. Il
melanoma è uno dei tumori più aggressivi, non solo perché le terapie sono
limitate, ma perché pur essendo molto piccolo, da malattia localizzata può
diventare una malattia sistemica. Alcuni ricercatori decisero, in fase
sperimentale, di applicare un protocollo volto ad aumentare l’attività del sistema
immunitario. La loro aspettativa era quella secondo cui le cellule immunitarie
arrivassero alle cellule del melanoma, le riconoscessero e le distruggessero
(protocollo a doppio cieco, secondo cui alcuni pazienti seguono una nuova terapia, mentre altri
pazienti seguono una terapia standard, e né i pazienti né gli operatori sanitari conoscono il contenuto delle
fiale somministrate, per evitare che i risultati vengano alterati). Il farmaco viene somministrato in maniera
crescente. Tale protocollo durò tre anni, un gruppo di pazienti effettuò immunoterapia ed un altro
gruppo di pazienti effettuò la terapia classica. Dopo soli due mesi, uno dei due gruppi moriva molto prima:
la normativa prevede che, in caso di morte prevalente in uno dei due gruppi, occorre aprire il protocollo e
verificarne il contenuto. I ricercatori scoprirono
che a morire con maggiore velocità era il gruppo
di pazienti che effettuava l’immunoterapia. Nella
zona del melanoma, fu riscontrato un aumento
delle cellule immunitarie, ma queste ultime, pur
essendo aumentate di numero, non avevano
acquisito la capacità di riconoscere le cellule del
melanoma come non-self. Le cellule immunitarie,
per raggiungere le cellule del melanoma, avevano
utilizzato i vasi sanguigni, ma così facendo
avevano provocato il defenestramento,
utilizzato a vantaggio del melanoma, che da malattia localizzata era poi diventata una malattia sistemica.
Da tale fatto storico, si deduce che intervenire sul sistema immunitario può risultare un’arma a doppio
taglio, quindi è molto pericoloso.
Il COVID-19 viene attualmente trattato con Brufen, un antinfiammatorio, che serve
ad abbassare la risposta immunitaria. Per le malattie virali, non vengono somministrati
cortisonici, perché occorre aspettare la risposta immunitaria. Quindi, il COVID-19 è da
considerarsi, oltre che una patologia virale, soprattutto una patologia a carico del sistema
immunitario. L’errore storico fatto durante il periodo della pandemia è stato quello di non
effettuare le autopsie sui deceduti. In caso contrario, nei polmoni non sarebbero state
individuate particelle virali, bensì cellule infiammatorie. I pazienti affetti da COVID-19, quindi, non
avevano, già dopo poco tempo, il virus all’interno del proprio
organismo, ma restavano gli effetti sul sistema immunitario. Gli
anticorpi monoclonali avrebbero, per tale motivo, avuto effetto solo in
una fase iniziale dell’infezione, quando appunto il virus era ancora
presente, perché ne avrebbe ridotto la capacità infettiva. I pazienti
morivano, quindi, a seguito di uno shock settico. Il superantigene
è una molecola estranea che amplifica le cellule dei linfociti T.
Normalmente, l’attivazione dei linfociti T rappresenta in percentuale
lo 0,001%. Nello shock settico, con l’intervento del superantigene, vi è
un 25% di attivazione sistemica, quindi si tratta di una quantità
massiva, rispetto allo 0,001% dapprima citato. Intubare può essere un
rischio maggiore, soprattutto in caso di infezioni come quelle da Coronavirus, in quanto, oltre agli effetti
dapprima citati, vi è anche il collasso degli alveoli. Per questo motivo, anche ai pazienti con dispnea, si
preferisce somministrare ossigeno ad alte dosi, piuttosto che sottoporre ad intubazione. La
somministrazione di ossigeno ad alte dosi consente di far arrivare la giusta quantità di ossigeno agli alveoli,
senza portare un cambiamento nella loro forma e in quella del polmone. L’intubazione è l’ultima fase da
considerare, quando anche la somministrazione di ossigeno ad alte dosi non risulta sufficiente.
Le vie di ingresso dei patogeni sono principalmente quella nasale e quella orale, e le modalità di
trasmissione di infezione sono varie, ma una delle più comuni può essere mediante contatto con goccioline
di saliva. Altre infezioni conosciute sono quella gastrointestinale, come la febbre tifoide, quella
causata da rotavirus, responsabile della diarrea, o ancora quelle che colpiscono l’apparato
riproduttivo, ad esempio, oltre l’HIV dapprima citato, la sifilide. Vi sono anche le abrasioni e le
punture di insetto, che vanno ad alterare la nostra cute e le mucose. Anche nel caso dell’aterosclerosi,
vi è la perdita di tessuto, in particolar modo vi è un danno dell’endotelio della mucosa, portando alla
formazione di vie di ingresso per i patogeni, i quali vengono immediatamente reclutati e captati dalle
cellule sottostanti, come i macrofagi e quelle dei linfonodi locali.
L’immunità può essere divisa in:
1. immunità attiva, che è specifica e dà cellule della memoria;
2. immunità passiva, ossia il trasferimento degli anticorpi, che è specifica, ma non dà cellule della
memoria.
In caso di una lesione lacero-contusa, a seguito di contatto con
superfici contaminate, si ha la somministrazione di immunità
passiva, cioè il trasferimento di anticorpi contro una specifica
tossina, ad esempio quella tetanica. Dell’immunità attiva,
invece, fanno parte i vaccini, che dividiamo in naturali o
artificiali, e le cellule immunitarie devono prepararsi a rispondere,
quindi possono spesso impiegare anche due o tre mesi. Per questo
motivo, se si sospetta che un paziente abbia un’infezione tetanica,
dalla tossina del Clostridium tetanis, non può essere
somministrato il vaccino, in quanto la risposta immunitaria
impiegherebbe molto tempo per essere prodotta, ed il paziente
potrebbe andare incontro a morte in pochi giorni. Il vantaggio dell’immunità attiva è che questa dà una