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LIBRO II.
Capitolo primo libro secondo - La sovranità è inalienabile
59
fi fi ffi fi
volontà generale bene comune,
Solo la può dirigere le forze dello Stato secondo il che è il ne
della sua istituzione; poiché è il contrasto tra gli interessi individuali che ha reso necessaria la sua
creazione, e a renderla e ettivamente possibile è stato l’accordo, il patto sociale contratto tra gli
uomini.
Ora, è esclusivamente in virtù di questo interesse comune che la società deve essere governata.
sovranità, non può essere alienata, corpo
della volontà generale,
La essendo l’esercizio mai e il
sovrano, che è un ente collettivo, una persona pubblica, può essere rappresentato solo mediante
se stesso (e non mediante un singolo individuo, che può essere d’accordo con la volontà generale
del corpo sovrano come non esserlo, e seguire la propria volontà individuale contro quella
volontà.
potere,
generale): si può senz’altro cedere o trasmettere (alienare) il ma non la
Infatti, in quanto è possibile che una volontà individuale non si trovi d’accordo con la volontà
generale, è allora impossibile che tale accordo sia durevole e stabile, dato che la volontà
individuale tende a ciò che è preferibile per sé, mentre quella generale verso un interesse comune,
padrone corpo
un bene comune. Nel momento in cui vi è un singolo allora smette di esservi un
sovrano.
Capitolo secondo libro secondo - La sovranità è indivisibile indivisibile;
Per lo stesso motivo per cui la sovranità è inalienabile, essa è poiché la volontà o è
generale oppure è individuale, ovvero o è quella del popolo tutto, oppure soltanto di una parte
(minoranza, un despota o un sovrano).
Nel primo caso, in cui la volontà sia generale – ovvero quella del popolo tutto – allora essa sarà un
sovranità, legge;
atto o esercizio della e dunque farà nel secondo caso, in cui la volontà è
individuale – quella di una sola parte del popolo – allora non si parla né di sovranità né di legge,
ma al limite di un atto o esercizio di magistratura, oppure di un decreto.
Ma i teorici della politica dividono l’oggetto della sovranità: la dividono in forza e volontà, in potere
legislativo ed esecutivo, in diritto di tassazione, di giustizia e di guerra, in amministrazione interna
corpo sovrano
e potere di trattare con lo straniero; così facendo, essi fanno del un ente
scomposto
fantastico e in molte parti che si incastrano tra loro. È un po’ come se assemblassero
un essere con parecchi corpi, e uno di questi corpi avesse gli occhi, un altro invece le braccia, un
altro ancora i piedi.
Questo ingannarsi deriva dal fatto che non c’è una de nizione esatta di “autorità sovrana”, e
emanazioni;
quindi è facile scambiare per parti di questa autorità quelle che in realtà sono sue
così, per esempio, si considera l’atto di dichiarare guerra come “atto di sovranità”, ma questo atto
un’applicazione
non è una legge, ma solo della legge.
sovranità divisa inganna;
Tutte le volte che si crede di vedere la inevitabilmente ci si e i diritti che
erroneamente si considerano parti di questa sovranità sono ad essa subordinati.
Capitolo terzo libro secondo - Se la volontà generale possa sbagliare
“La volontà generale è sempre retta e tende sempre all’utilità pubblica; ma le deliberazioni del
popolo non rivestono sempre la medesima rettitudine.
Si vuole sempre il proprio bene, ma non sempre si capisce qual è; il popolo non viene mai
corrotto, ma spesso viene ingannato e allora soltanto sembra volere ciò che è male”.
Come già accennato in precedenza, è impossibile per l'uomo non volere il proprio bene (a meno
che non sia irrazionale), di conseguenza la volontà generale è sempre retta. Nessuno, ovviamente,
può voler il suo male ma non è detto che le deliberazioni dei singoli riescano sempre a
riconoscere il proprio bene. Non è detto che sappia concretizzarlo, che sappia identi carlo
correttamente. Chiaramente, io voglio il mio bene ma può accadere che le azioni che pongo in
essere, si rivelino non portarmi a quell’obiettivo.
In merito a ciò, dice Rousseau, il popolo non viene corrotto ma spesso ingannato, e allora sembra
che voglia il proprio male (vedremo tra poco come).
“Spesso c’è una gran di erenza fra la volontà di tutti e la volontà generale; questa guarda soltanto
all’interesse comune, quella all’interesse privato e non è che una somma di volontà particolari; ma
eliminate da queste medesime volontà il più e il meno che si elidono, come somma delle
di erenze resta la volontà generale”. 60
ff ff ff fi fi fi
Rousseau introduce la di erenza tra il concetto di volontà di tutti e volontà generale, che non
sono a atto la stessa cosa. La volontà generale guarda soltanto all'interesse comune, e la volontà
del popolo in quanto tale, in quanto membro di una società civile per il bene dello Stato stesso.
Quella di tutti guarda invece all'interesse privato, non è altro che la somma di tutte le volontà
particolari dei singoli in quanto tali, in quanto individui privati, in quanto uomini.
Volontà di tutti = aggregazione delle volontà particolari/individuali autointeressate che mirano al
proprio bene singolo. È solo la somma delle volontà particolari. La volontà di tutti è la somma di
tutte ste volontà singole che magari possono anche concedere, possono essere unanime ma è
una casualità.
Volontà generale = quella che mira al bene comune, al bene della società. È un interesse che io ho
nella misura che sia bene per tutti. Trovo un interesse che vada bene a me ma penso possa
andare bene anche a tutti gli altri miei pari.
La distinzione concettuale tra ste due è che potrebbero avere anche lo stesso contenuto ma
sarebbe solo una casualità.
La volontà generale, quasi al livello matematico, e si trova spendendo la volontà di tutti ed
eliminandone le minoranze. È come quando si fa una media dei voti e si tolgono gli estremi (tipo 1
e 10). La parte comune che rimane è la volontà generale. Bisogna togliere quelle volizioni che non
hanno corrispondenza con le volizioni altrui.
“Se, quando il popolo informato a su cienza delibera, i cittadini non avessero alcuna
comunicazione fra di loro, dal gran numero delle piccole di erenze risulterebbe sempre la volontà
generale e la deliberazione sarebbe sempre buona”.
Ecco chi inganna il popolo, i cittadini stessi che cominciano a discutere tra loro [per quanto
teorico della democrazia, si noti ancora come Rousseau tinge la sua teoria di plurimi tratti
antiliberali]. Quindi, nonostante la democrazia sia “la cosa del popolo”, nel momento in cui i
cittadini iniziano a confrontarsi tra loro, la democrazia stessa inizia a traballare.
Se non ingannati da argomenti, tesi e antitesi che ingarbugliano le cose, gli uomini sanno
perfettamente come scegliere. È la discussione a traviarli, discussione che porta a far emergere
di erenze, presunte disuguaglianze e ingiustizie. Se gli uomini non potessero comunicare tra di
loro delibererebbero nettamente meglio.
La volontà generale dev’essere, quindi, l’unica riconosciuta dallo Stato e accettabile al suo
interno. Se si creano fazioni, sottogruppi, minoranze eccetera, si vanno a creare tante volontà
generali, quante associazioni esistenti (lgbt, partiti politici, sindacati, gruppi religiosi eccetera). Ciò
va a signi care che, quando mi si chiede obbedienza, io andrò a darla, prima alla mia
associazione e poi, forse, allo stato.
Se ci sono fazioni (sinonimo rousseoniano di associazioni) lo stato è nito. Volontariamente o
meno, queste fazioni hanno come esisto fattuale l’indebolimento dello stato. Quindi nella
democrazia di Rousseau, per quanto sedicente tale, non è prevista una grande relazione
interpersonale tra gli individui.
Il presupposto è che l’uomo intrinsecamente conosca il proprio bene ma poi, discutendo con gli
altri, gli si pro lano prospettive diverse e viene ingannato, viene deviato dalla rettitudine. Più sono
le prospettive che abbiamo davanti, e più è statisticamente possibile che veniamo distolti dal
nostro bene. (L’esempio pratico di ciò è un bambino che vede la pubblicità di un giocattolo e
inizia a piange perché lo vuole anche se no a un minuto fa non era nemmeno a conoscenza della
sua esistenza).
[scomparsa dei corpi intermedi].
Capitolo quarto libro secondo - Dei limiti del potere sovrano
cittadini corpo sovrano
diritti civili
Rousseau vuole distinguere bene i rispettivi dei e del (e i
sudditi)
doveri diritto naturale
che i cittadini devono adempiere in qualità di dal di cui devono
godere in qualità di uomini.
Tutti i servigi che un cittadino può rendere alo Stato, egli li deve non appena il corpo sovrano lo
obbligatori
richieda; ma gli impegni che ci legano al corpo sociale sono solo per il fatto di essere
reciproci, e la loro natura è tale che, adempiendoli, non si può lavorare per gli altri senza lavorare
61
ff ff fi fi ff fi ffi ff fi ognuno; di
anche per se stessi. Non c’è nessuno che non si identi chi nella parola l’eguaglianza
volontà generale,
diritto giustizia
e la nozione di che ne deriva mostrano che la per essere
veramente tale, deve partire da tutti per applicarsi a tutti; ed essa perde la sua rettitudine quando
tende a qualche ne particolare o individuale.
Nella volontà generale, ognuno si sottomette necessariamente alle condizioni che detta agli altri:
interesse giustizia, equità
mirabile accordo tra e che dà alle deliberazioni comuni un carattere di
che invece si vede svanire nella discussione di a ari privati, proprio per mancanza di
comune
quell’interesse che unisce la regola del giudice con quella della parte, l’uomo come
cittadino e come suddito.
patto sociale
Insomma, il decreta tra i cittadini una tale uguaglianza che essi si impegnano tutti
sotto le stesse condizioni e devono bene ciare tutti degli stessi diritti. Così, ogni atto della
sovranità (ovvero di esercizio della volontà generale) obbliga e favorisce tutti i cittadini allo stesso
atto di sovranità?
modo. Allora che cos’&egrav