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PARTE SECONDA
Cap. XVII. Delle cause, della generazione e della definizione di uno stato.
Il fine dello stato è garantire la conservazione e una vita migliore dei suoi
componenti; per tenere a bada le naturali passioni umane, garantire l’adempimento
dei patti e l’osservanza delle leggi naturali, lo stato tiene gli uomini in soggezione
col timore della punizione. Le leggi naturali, in se stesse, senza il terrore di qualche
potere che le faccia osservare, sono contrarie alle passioni naturali dell’uomo. I patti,
senza la spada, sono solo vane parole e non garantiscono alcuna sicurezza. Sicurezza
che non può provenire né dall’unione di pochi uomini, perché basterebbe un leggero
aumento nella fazione opposta a determinare la rovina dell’altra, né da una gran
moltitudine, poiché i membri potrebbero avere contrarie opinioni l’uno rispetto all’altro
e annullerebbero la loro forza con l’opposizione reciproca (divenendo facilmente
assoggettabili e facendosi la guerra: la pace senza una soggezione imposta da un
potere comune coercitivo è impossibile), né dalla formazione di un gruppo di
difesa da un nemico comune, poiché quando questi viene meno o è visto come amico
da alcuni, il gruppo stesso necessariamente viene meno in ragione degli interessi
particolari dei suoi membri, che finiscono col farsi la guerra a vicenda. Api e formiche
vivono in società senza avere un potere coercitivo, ma ciò è loro possibile
poiché sono guidati solo dall’istinto e non sono dotati di parola. Una simile
situazione è impossibile nel genere umano: 1) gli uomini sono continuamente in
competizione per l’onore e per la dignità, da cui sorgono invidia, odio e guerre. 2)
negli animali, non solo il bene comune non differisce da quello privato, ma essi
per natura tendono al loro bene privato e procurano con esso il bene comune;
nell’uomo non è così. 3) gli uomini, dotati di ragione, sono capaci di vedere le falle
dell’amministrazione dei loro affari comuni e, pensandosi più capaci di altri nella
gestione della cosa pubblica, si sforzano di riformare e rinnovare, portando così alla
divisione e alla guerra civile. 4) gli uomini sono capaci, con l’arte della parola, di far
passare il male per bene e viceversa. 5) le creature irrazionali non sanno
distinguere tra ingiuria e danno. 6) l’accordo tra gli animali è naturale, quello tra gli
uomini è solo per patto ed è artificiale, e richiede, per essere mantenuto, un potere
comune, coercitivo e orientato al bene comune, che da una parte difenda dalle
aggressioni esterne, dall’altra tuteli gli uomini al suo interno dalle ingiurie reciproche.
Tale potere si costituisce quando gli uomini conferiscono tutti i loro poteri e la loro
forza ad una persona, la quale sintetizza la pluralità di volontà in un’unica volontà. La
una patto
moltitudine unita in persona tramite un viene chiamata stato
(Leviatano) o dio mortale subordinato al Dio immortale. Il Leviatano, con il terrore
che emana dalla sua enorme forza, è in grado di disporre ogni volontà alla pace
una persona dei cui atti ogni
interna e alla difesa dai nemici esterni. Lo stato è
membro si è fatto autore, tramite un patto reciproco con gli altri e viceversa, affinché
essa possa usare la forza di tutti secondo come riterrà vantaggioso per la loro pace e
comune difesa. naturale
Il potere sovrano si consegue in due modi: 1) con la forza (o
acquisizione
stato per ): sottomissione con la forza, pena la distruzione (es. padre-
politico istituzione
figli; vincitore-vinti); 2) con lo stato (o stato per ): gli uomini si
accordano tra di loro per sottomettersi volontariamente a una persona.
Cap. XVIII. Dei diritti dei sovrani per istituzione. Uno stato è istituito quando
una moltitudine di uomini si accorda reciprocamente e pattuisce che qualunque sia la
persona cui sarà dato dalla maggior parte il diritto a rappresentare la persona di loro
rappresentante),
tutti (ad essere cioè loro tutti ne autorizzeranno ogni azione e
giudizio come se fossero propri, al fine di vivere in pace e in sicurezza. Da tale
istituzione derivano i diritti e le facoltà del sovrano:
1. Se lo stato è già stato istituito con un patto, i sudditi non possono
legittimamente fare un nuovo patto tra di loro per obbedire a un altro
sovrano, poiché col patto precedente si sono vincolati a riconoscere come
proprie le azioni e i giudizi del sovrano istituito, senza il cui permesso essi non
possono stipulare nuovi patti. Infrangendo il patto, si commette ingiustizia.
2. Il sovrano non può infrangere il patto, poiché egli non vi è vincolato. Se
moltitudine,
lo fosse, avrebbe dovuto fare il patto o con la ma ciò è impossibile
singolo
poiché la moltitudine non è tale fin quando non si fa il patto, o con ogni
individuo, ma ciò pure è impossibile, e causerebbe il ritorno dei conflitti nel caso
in cui si verificasse una controversia, per il fatto che essa sarebbe irrisolvibile,
dal momento che mancherebbe un giudice imparziale.
maggioranza
3. Poiché la ha dichiarato un sovrano, chi prima dissentiva deve
ora consentire insieme con gli altri oppure essere giustamente
volontariamente
distrutto dagli altri. Costui, infatti, se è entrato nel gruppo
dei riuniti in assemblea, per ciò stesso ha dichiarato la sua volontà di stare a ciò
che avrebbe deciso la maggioranza, cosicché ogni sua protesta è contraria al
tacitamente
patto che ha ammesso ed è dunque ingiusta. Appartenga o meno
al gruppo riunito in assemblea, acconsenta o meno, egli deve approvare il
decreto dell’assemblea oppure essere lasciato nella condizione di guerra in cui
si trovava prima e in cui poteva essere ucciso giustamente da chiunque.
4. Dal momento che i sudditi hanno approvato tutte le azioni e i giudizi del
sovrano che essi stessi hanno istituito, ne segue che quello non può essere
autore
accusato di ingiustizia da alcuno: ogni suddito è di quel che fa e dice
il sovrano, perciò chi si lamentasse del sovrano si lamenterebbe di se stesso. Il
sovrano può essere iniquo, ma non può commettere ingiustizia o ingiurie in
senso proprio.
5. Il sovrano, di conseguenza, non può essere condannato a morte o punito
giustamente dai sudditi.
6. Il fine del sovrano è la pace e la difesa di tutti per adempiere al quale egli
prevenzione
può disporre di tutti i mezzi che ritenesse opportuni sia per
ripristino.
che per
7. Il sovrano ha la facoltà di giudicare quali opinioni e dottrine siano
avverse alla pace e quali no. Le azioni infatti conseguono alle opinioni,
pertanto per garantire un buon governo delle prime è necessario anzitutto un
buon governo delle seconde al fine di scongiurare guerre civili e discordie.
8. Il sovrano deve stabilire delle regole che facciano conoscere ai sudditi ciò che è
loro e di cui possono fruire senza che altri possano toglierglielo senza
commettere ingiustizia. Si tratta cioè di stabilire le condizioni della
proprietà privata, ciò che è legittimo e ciò che è illegittimo nelle azioni
dei sudditi, per mezzo di leggi civili.
9. Il sovrano ha il diritto di risolvere le controversie relative alla legge
(civile e naturale) e ai fatti.
10.Il sovrano può decidere di fare la guerra o la pace con altri stati, secondo
che ritenga sia necessaria l’una o l’altra. Nel caso della guerra, è sempre il
sovrano a stabilire l’organizzazione dell’esercito.
11.Il sovrano ha la facoltà di scegliere i consiglieri, ministri, magistrati e
ufficiali sia in pace che in guerra.
12.Il sovrano può decidere di ricompensare e punire, nei modi che ritenesse
legge
opportuni, i sudditi, purché tale operato sia conforme ad una
precedentemente promulgata o, nel caso in cui questa non vi fosse, sia ritenuto
all’incoraggiamento dei sudditi a servire lo stato
un valido contributo o a
distoglierli dal fare ad esso un disservizio.
13.Considerata la naturale tendenza umana ad attribuirsi valore e rispettabilità, il
sovrano deve stabilire leggi d’onore e una gradazione pubblica del pregio
titoli d’onore
degli uomini; egli gode dunque della facoltà di attribuire e di
posizione dignità segni di rispetto
designare la e la di ogni suddito, nonché i che
i sudditi si devono scambiare reciprocamente negli incontri pubblici e privati.
Tali diritti sono l’essenza della sovranità e sono inseparabili: se fossero divisibili,
si avrebbe un regno diviso in se stesso che non può sussistere in tale guisa senza che
la situazione degeneri in guerre civili (vedasi l’Inghilterra seicentesca, con la sua
divisione dei diritti tra Re, Lord e camera dei Comuni che ha portato il popolo a
dividersi e ad impugnare le armi). Essendo indivisibili, il sovrano non può cedere
alcun diritto; l’unico modo che ha di rinunciare ad essi, in blocco, è rinunciare al
potere sovrano. Il potere e l’onore del sovrano sono maggiori di quelli di qualunque
suddito e di tutti insieme; innanzi al sovrano, i sudditi sono tutti uguali e senza
onore. La condizione dei sudditi è sì miserabile, ma pur sempre migliore che se
fossero in una guerra civile o nello stato di natura.
Cap. XIX. Dei diversi generi di stato per istituzione e della successione al
potere sovrano. Le forme di stato sono tre e dipendono dal sovrano, in particolare
un solo uomo;
dal suo numero: monarchia, quando il rappresentante è democrazia
’assemblea generale dei sudditi
(o stato popolare), quando il rappresentante è un ;
un’assemblea di certe persone nominate distinte
aristocrazia, quando è o comunque
dalle altre. All’infuori di queste tre, non esistono altre forme di stato possibili: nomi
come tirannia, oligarchia e anarchia sono solo denominazioni differenti per indicare
rispettivamente la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia. Gli uomini possono
scegliere liberamente a quale forma di stato sottomettersi, purché non si
erigano due rappresentanti dello stesso popolo, situazione che porterebbe alla
divisione del potere sovrano e alla guerra civile. La differenza tra le forme statali
dipende dall’attitudine che ognuna ha a produrre la pace e la sicurezza. La persona
che detiene il potere sovrano è incline all’interesse comune, ma pure a quello privato,
che preferirebbe al primo nel caso in cui vi s’incrociasse per la maggiore forza delle
passioni rispetto alla ragione. Ma nella monarchia – verso cui Hobbes simpatizza – (1)
interesse pubblico e int