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LEZIONE N. 16 STORIA DEL PROCESSO
08/11
Oggi quello che riguarda la pena asserisce al diritto penale sostanziale, questa
materia si chiamava fino alla fine del 700 diritto criminale perché il punto
centrale era il crimen, il delitto (poi diventato sinonimo di delitto grave, infatti
nel codice Napoleone distingue i reati in tre gruppi: crimini, delitti e
contravvenzioni). Fino alla fine del 700, invece, penale e procedura penale
(praxis)
erano un tutt’uno, la procedura inglobava il penale sostanziale, tutti i
libri che si occupavano di penale spiegavano come si fa il processo. Beccaria
non fa un trattato, la sua opera non è una costruzione organica, è soprattutto
una riflessione di politica criminale disorganica che tiene insieme l’aspetto
processuale prevalente e quella sostanziale.
Ultimo paragrafo ‘’Dei delitti e delle pene’’. prova.
Affronta un tema classico, centrale per il processo, cioè il problema della
Tutta la storia del processo ruota attorno alla prova, soprattutto su quella prova
incerta su cui è costruita la maggioranza del processo, cioè l’indizio. Beccaria
quando parla degli indizi tocca un profilo del convincimento del giudice; ci sono
prova legale, libero
due poli del convincimento del giudice: prova piena; e il
convincimento, mi convinco a decidere nel miglior modo possibile.
Beccaria dice:
‘’vi è un teorema generale molto utile a calcolare la certezza di un fatto, per
esempio la forza degli indizi di un reato. Quando non c’è una prova portante e
gli indizi sono collegati l’uno all’altro, quanto maggiori prove si adducono tanto
è minore la probabilità del fatto. Quando le prove sono indipendenti l’una
dall’altra, quanto maggiori prove si adducono, tanto più cresce la probabilità
del fatto.’’
Cioè: quanti più elementi ci sono, tanto più questi sono deboli, nessuno è
schiacciante (questo accade il più delle volte ma non è una verità assoluta);
quando invece sono indipendenti, l’argomento è più forte. Dice però che non si
può basare la condanna sulla probabilità anziché sulla certezza.
RICORDIAMO che la filosofia aristotelico – scolastica sosteneva che possiamo
sviluppare la conoscenza su due livelli: conoscenza scientifica (la verità
secondo gli aristotelici, deriva dalle certezze autoevidenti che però sono poche)
e opinione (doxa, quella di tutti, comune; quella sostenuta dalla maggioranza,
maggioritaria; oppure quella che sostiene la parte migliore, i giuristi). Per
probabile è ciò che è oggetto di approvazione dei
questa corrente filosofica,
dotti; quando invece scoppia la rivoluzione scientifica si sostiene che la
probabilitas sia l’esito dell’esperimento che non da certezza; il punto di
partenza è il fatto che io conosco attraverso l’esperimento che da una
probabilità, però potrebbe verificarsi un esperimento contrario che smentisce le
conoscenze acquisite. Vediamo come Beccaria intende il concetto di
probabilitas. Dice:
“se io devo condannare qualcuno, non posso parlare di probabilità. Però siamo
concreti, svanirà il paradosso (cioè che si spaccia per certo ciò che è solo
probabile) per chi considera che rigorosamente la certezza morale non è che
una probabilità ma probabilità tale che è chiamata certezza. Perché ogni uomo
di buonsenso vi acconsente necessariamente per una consuetudine nata dalla
necessità di agire. La certezza che si richiede per accertare un uomo reo, è
dunque quella che determina ogni uomo nelle operazioni più importanti della
vita.’’
Cioè: nella vita quotidiana siamo costretti a prendere delle decisioni e quindi a
volte ci accontentiamo di una falsa certezza che non è altro che una
probabilità (questo accade tutti i giorni e anche nel processo). Nelle righe
successive poi si concentra sulla differenza tipica dell’antico regime tra prove
perfette e imperfette.
Dice ancora:
“questa morale certezza di prove è più facile sentirla che esattamente
definirla.’’
Cioè: se mi chiedete cosa intendo per certezza morale (morale = un
qualcosa di interiore) non lo so, è più facile avvertirla come sensazione che
definirla. Crede che la soluzione migliore sia quella legge che stabilisce
assessori (quello che siede accanto) al giudice presi dalla sorte, perché più
sicura l’ignoranza che giudica con sentimento anziché la scienza che si
basa sulle opinioni (quella dei giuristi, che non merita il nome di scienza
atteggiamento dispregiativo nei confronti dei giuristi e della scienza giuridica).
Ritiene che se le leggi fossero chiare e precise, l’ufficio del giudice
consisterebbe nell’accertare un fatto. Interpretare non è una contorsione
mentale come pensano i giuristi ma è (fa ricorso al sillogismo perfetto):
premessa maggiore (legge chiara e precisa) premessa minore (il fatto) e
conclusione (sentenza: o libertà o pena). quindi se le leggi fossero chiare e
precise non servirebbe il presunto scienziato che è il giurista perché basterebbe
l’uomo comune.
Dice ancora:
“Felice quella nazione dove le leggi non fossero una scienza. È utilissima legge
quella che ogni uomo sia giudicato dai suoi pari, perché dove si tratta della
libertà e della fortuna di un cittadino, debbono tacere quei sentimenti che
inspira la disuguaglianza.’’
cioè: se un paese riuscisse a liberarsi di questa presunta scienza delle leggi
sarebbe felice. Si vuole una giuria di pari altrimenti potrebbero prevalere
sentimenti di invidia e di inuguaglianza. È a favore quindi della giuria, ma di
pari perché l’ignoranza del sentimento è preferibile alla scienza dell’opinione
perché Beccaria non crede che la giurisprudenza sia una scienza ma un
ammasso di opinioni.
L’illuminismo italiano non è stato solo milanese, infatti le due città più
illuministiche d’Italia sono state Milano (illuminismo più radicale) e Napoli
(illuminismo più legato alla tradizione). “Riflessioni politiche sull’ultima legge
Ricordiamo Gaetano Filangeri autore di
del sovrano’’ 1774 che riguarda la riforma dell’amministrazione della giustizia,
l’ultima legge a cui fa riferimento sono i famosi dispacci di Tanucci.
EXCURSUS STORICO: nel 1734 a causa delle guerre dinastiche, il mezzogiorno
d’Italia passa ai borbone, dinastia che ha regnato fino al 1861. Ferdinando IV
(figlio di Carlo di borbone) ebbe la fortuna di avere accanto a sé Bernardo
Tanucci giurista toscano e nel 1774 decide di promulgare due leggi che
motivare le sentenze sulla base delle leggi
obbligavano i giudici a
letterali ed espresse del regno (sottofondo illuministico) grande
rivoluzione anche se questa esperienza durò poco. Da adesso in poi si deve
specificare sulla base di quali norme si è pronunciato il giudice, non ci sono
ancora i codici, ma si fa riferimento a tutte le fonti possibili, infatti questo
provvedimento non comporta una semplificazione delle fonti disponibili, però
almeno il giudice deve spiegare la sua decisione.
funzione:
Questo obbligo aveva una duplice
1) amministrazione deve essere una casa di vetro trasparenza (ideale,
utopia) i cittadini devono essere a conoscenza del funzionamento della
macchina giudiziaria, tende a scardinare uno dei caratteri della inquisitio (la
segretezza)
2) visione funzionariale della giurisdizione concetto germanico sovrano
controlla i suoi giudici, cioè i suoi funzionari. Idea del controllo dell’alto
(gerarchia).
Gli spacci di Tarucci sembra rientrino nel primo modello, quello della
trasparenza, e Filangieri elogia questo obbligo della motivazione
“continue essendo le querele dei litiganti contro i tribunali, il re ha deciso di
darvi il più efficace riparo per togliere alla frode qualunque pretesto, per
allontanare dai giudici ogni sospetto di imparzialità, che le decisioni si fondino
non sulle nude autorità dei dottori (opinioni dei giuristi), che hanno o alterato o
reso incerto o arbitrario il diritto, ma sulle leggi espresse del regno e comuni
(anche sul diritto comune).’’
Gli spacci di Tanucci offrono anche un piano B, cioè se la legge non c’è, se il
caso è nuovo, se la legge è incerta allora bisogna aspettare l’interpretazione
autentica del sovrano oracolo, idea che verrà recuperata anche dalla
rivoluzione francese. politiche,
Nel titolo di questa opera si parla di riflessioni si mette in luce la
rivoluzione costituzionale che c’è dietro questa riforma. Ritiene che l’edificio
forense, che ha governato per secoli, è crollato: non comanda più la
magistratura con la sua interpretazione, torna a comandare la legge, (idea
di Montesquieu rivisitata) il bastone del comando spetta al legislatore, non al
giudiziario che deve limitarsi a gestire norme scritte da altri.
DA RICORDARE: critica allo strapotere della magistratura e l’auspicio della
restaurazione del governo delle leggi opera antimagistratuale
L’opera che l’ha reso più famoso è “La scienza della legislazione’’ 1780
divisa in più volumi. Per Filangieri viene prima la procedura e poi il penale