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Giovambattista Basile e il Cunto de li cunti Pag. 1
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Le fiabe di Basile

1. LA BELLA DALLE MANI MOZZE 2. IL BIANCO VISO 3. SAPIA LICCARDA 4. LO SCARAFAGGIO, IL TOPO E IL GRILLO 5. BELLUCCIA 6. CORVETTO 7. L'IGNORANTE 8. ROSELLA 9. LE TRE FATE 10. CONSIDERAZIONI

L'opera di Basile è molto simile in struttura e trama all'opera popolare "LA BELLA CATERINA" di Vittorio Imbriani (1840-1886). Le due protagoniste, Cicella e Caterina, si comportano quasi ugualmente. Manca la figura del gatto che in "Caterina" è centrale (parlante) e che dava indicazioni alle fate nel racconto di Caterina: piuttosto si intravede un "demone": un nano deforme che accompagna la bella madre nel suo triplice aspetto. Nel racconto di Basile c'è un gatto che rivela a Quosimodo dove è nascosta Cicella: il finale dei due testi è identico per la madre (matrigna) e per la sorella (sorellastra).

È un tipo di fiaba che proviene dal disgregarsi di alcuni riti di passaggio della società che segnavano un netto passaggio.

tra gli iniziati e coloro che non lo erano: nei due racconti si sono fusi diversi riti antichi e usanze nei matrimoni, ad esempio, dove il fidanzato si intratteneva qualche giorno prima delle nozze con un membro della famiglia di lei. L'andare giù di Cicella riflette una pratica agraria, ovvero l'uso delle leguminose nel maggese: ella indica i ceci come pianta coltivata nei campi di cereali. Il cunto entra nel merito di alcune ricette antiche per usare le leguminose al fine di prevenire indigestioni e intossicazioni (consigliata la bollitura). VITTORIO IMBRIANI Studioso della letteratura popolare raccolse e pubblicò fiabe, canti e novelle di tradizione orale. Tra queste: - La novella fiorentina (1871) con integrazione la novellaja milanese (1877) - I canti popolari delle provincie meridionali (1871-1872) - I XII canti pomiglianesi (1877) Voleva adattarsi ai nuovi tempi, usando forestierismi (gallicismi) contro i puristi: esigenza di integrazione nazionale nello studio.

Della lingua. Insieme a Tommaseo, il massimo esperto del suo secolo progetta di apportare nelle sue opere di tutti i dialetti d'Italia. La sua è una posizione teorica della lingua come fatto di tipo sociale che si riverberava in uno stile preciso di scrittura contrario alle tendenze della letteratura contemporanea. Molto importanti sono gli appunti critici, pubblicati a Napoli nel 1878.

Negli studi di riscoperta del passato letterario si fa riferimento allo studio "Il gran Basile: studio biografico e bibliografico, Napoli 1875" su Basile. Studi su Dante, fonti di memorabili scontri coi dantisti autori di tesi opposte.

Tra i suoi studi spicca anche la sua TEORIA DELLA MACCHIA in pittura, splendido che lo definisce come un acuto osservatore pur dal suo "isolamento" La di reazionario della realtà realistica contemporanea. "Macchia è un accordo di Toni, cioè di ombra e luce, atto a suscitare nell'animo un qualsivoglia sentimento.

Esaltando la fantasia fino alla produttività... la macchia è la parte subjettiva del quadro; mentre invece l'esecuzione è la parte objettiva, è il soggetto che si fa valere e si impone. Spesso molto polemico con gli artisti del tempo. Compone una raccolta di cronache sull'omonima mostra napoletana LA QUINTA PROMOTRICE (1868).

SOMIGLIANZE TRA I DUE TESTI: LE TRE FATE e LA BELLA CATERINA

Gatto mammone: gatto che nella novella presiede l'operato degli altri gatti. La protagonista, Caterina, è una ragazza umile, bella, cortese, gentile e delicata: la sorella è totalmente diversa, è brutta, volgare tanto nell'aspetto quanto nei modi. La madre ama la seconda, che non ha nome nel racconto; manda Caterina dalle fate per farsi prestare un setaccio. Caterina si avvia nel bosco e incontra un vecchio; essendo triste il vecchio le domanda cosa indossi in testa: pietre e oggetti preziosi. Gli stessi le sarebbero stati donati.

Consigli su come trattare le fate. Quando fa ritorno a casa, la madre incredula dal trattamento riservato decide di chiedere alla sua prediletta, ma quando torna è coperta di graffi. Un giovane ricco, Quosimo, si innamora di Caterina, ma la madre la nasconde in un barile per fargli sposare la sua figlia prediletta: scoperto l'artefatto, il giovane, dal gatto, la novella si conclude con il matrimonio di Quosimo e Caterina.

L'ACCADEMIA DEGLI INCOGNITI e GIOVAN FRANCESCO LOREDANO e GRILAMO BRUSONI

L'ACCADEMIA DEGLI INCOGNITI fu fondata a Venezia da Giovan Francesco Loredano nel 1630. Inizialmente era chiamata così per onorare il fondatore. Si tratta di una delle più vivaci Accademie del 600 veneziano e anche una delle più libere in Italia. L'accademia era una delle prime attive a Napoli nella prima metà del 500. Con interessi prettamente umanistici, fu centro di produzione e diffusione libraria, di lettura e dibattito. Al suo interno erano riuniti

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A.A. 2023-2024
5 pagine

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AnselmoSara di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Spaziani Cecilia.