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Quindi, qualsiasi pratica contribuisce all’evoluzione di quanto ci circonda. La
riflessività attraversa l’intero percorso della professionalità e si compie nell’azione
stessa. L’adozione di un approccio riflessivo comporta una differente considerazione
della qualità del sapere professionale. Un atteggiamento riflessivo è contraddistinto
da un movimento che viaggia tra interno ed esterno. La rivalutazione della pratica
contiene il rischio di tornare indietro, sopravvalutandola rispetto alla teoria, con
adeguamento delle azioni ad altre considerate ottimali. È importante, allora, ritenere
la pratica un contesto produttore di conoscenza, attraverso il dialogo tra qualità
teorica ed interpretazione del soggetto professionale. L’opzione riflessiva poggia,
pertanto, su una capacità del pensiero umano di trarre conseguenze dalla messa in
dubbio dell’oggetto del suo pensare che conduce a nuove conoscenze. Questo lavoro
di riesame definisce l’identità professionale del docente.
Distinguendo tra insegnanti in formazione, insegnanti novizi e insegnanti già in
servizio da alcuni anni, oggetto di attenzione è il sistema di credenze
dell’insegnante e i suoi contenuti, come insegnamento e apprendimento, pensiero e
valore di conoscenze professionali, interpretazione del ruolo. La dimensione
riflessiva della formazione ingloba l’essere competente con valenze relative alla
cura, all’osservazione scientifica del contesto e delle sue dinamiche, all’organizzazione
e pianificazione, alla valutazione sistemica. Se, invece, tutto quello che complica lo
sviluppo della didattica ordinaria fosse destinatario di interventi ad hoc, sarebbe
vincente una didattica omologante e impositiva, in cui strategie e procedure
alternative troverebbero un’applicazione soddisfacente.
5.2 Il punto di vista degli insegnanti precari: una ricerca esplorativa
Per avere un riscontro della condizione attuale della didattica scolastica sono stati
individuati quattro input a cui si è chiesto ai docenti di rispondere.
Il primo input vuole comprendere se il riflettere sui propri agiti si compia sempre in
altri momenti rispetto a quando avvengono. Si è voluto anche indagare
sull’importanza di essere se stessi quando si insegna ed essere in grado di cogliere
segnali di inefficacia mentre si lavora, per apportare modifiche.
Per gli insegnanti riflettere sulle proprie pratiche significa come farle e come
correggerle. La riflessione coincide con la programmazione. Essi pensano il loro
lavoro fondamentalmente negli spazi istituzionali in cui viene pianificato. Esiste anche
un altro luogo di riflessione per i docenti, ed è quello del fallimento, inteso come
restituzione negativa del lavoro.
Il secondo input riguarda gli aspetti considerati dagli insegnanti quando riflettono.
Anche in questo caso si fa riferimento alla programmazione e alla valutazione. È in
gioco l’inadeguato raggiungimento degli obiettivi, come lo svolgimento del
programma, le difficoltà incontrate e i modi per rimediarle. Le criticità riguardano
caratteristiche degli alunni: reazioni alle tematiche, come portare alunni problematici a
livello medio della classe, metodi e strumenti per rielaborare, sicurezza, bisogni
individuali degli alunni, i loro caratteri, le loro aspettative, i loro interessi e come
coinvolgerli.
Il terzo input riguarda i passaggi seguiti quando si intende cambiare e migliorare una
pratica professionale. Più frequentemente viene cambiato un processo critico,
attraverso il confronto coi colleghi e anche con gli alunni. Far riferimento agli alunni
sposta l’attenzione su di sé e sulla relazione, per facilitare il raggiungimento degli
obiettivi nell’ambito di un processo didattico tradizionale. In altri casi, il cambiamento
riguarda la propria competenza disciplinare, in merito alla valutazione dei risultati.
L’ultimo input riguarda le risorse impegnate nella pratica professionale per
migliorarla.
Questa sollecitazione ha privilegiato l’utilizzo di fattori esterni che variano l’assetto
ordinario per renderlo più efficace. I docenti utilizzano metodi di lavoro alternativi di
tipo frontale come gite, stage, seminari, laboratori, dibattiti, simulazioni e mappe
concettuali, per risultati che integrino i metodi tradizionali.
L’indagine esplorativa fa riflettere sull’agire didattico circa l’insegnamento e i
risultati dell’apprendimento. I docenti sono preoccupati dalla mancanza di risultati di
formazione e sono disponibili a ritenere il loro operato insufficiente o inadeguato e a
provare modalità differenti, per sollecitare l’apprendimento degli alunni. Rendere
riflessivo il concetto di efficacia dell’insegnamento implica un’acquisizione di
consapevolezza su un fare non concepibile al di fuori della dimensione teorica,
favorendone la comprensione, attraverso analisi e ricerca di migliori ipotesi di
intervento.
Capitolo 6: “Strumenti riflessivi per la cura del Sé professionale”
6.1 La riflessività nelle pratiche professionali
Nella pratica professionale si può collocare l’azione lungo un continuum che va dalla
riflessione alla riflessività. Nel primo caso ci riferiamo al sapere e al saper fare, nel
secondo al saper essere e al saper divenire. Se, quindi, la riflessione caratterizza
ogni attività professionale, la riflessività è la componente analizzata nelle professioni
educative, poiché segna il passaggio dalla pensosità alla competenza. La riflessività
trova la sua piena espressione nei contesti educativi. Essa implica la disposizione ad
assumere come oggetto del pensare il proprio pensiero: ciò richiede distacco da se
stessi per avere un punto di vista esterno su di sé. Eventi o esperienze eccezionali
richiedono al soggetto la capacità di orientarsi nel nuovo, di adattarsi, ridefinire la
propria identità professionale e sintetizzare le esperienze già vissute, per comprendere
quali risorse mettere in campo per affrontare il nuovo lavoro. Nel lavoro quotidiano di
chi opera in ambito educativo, la riflessione trova spazio in un atteggiamento
investigativo che parte dalla formulazione di ipotesi per verificarne l’efficacia nei
contesti di applicazione. Nonostante la naturale tendenza dell’individuo alla riflessione
c’è bisogno di essere formati alla riflessività, con una pratica riflessiva che guardi più
ai processi e meno ai prodotti, che permetta ai contesti professionali di produrre
conoscenze nuove senza applicare teorie precostituite. La formazione deve occuparsi
di fornire i mezzi per formare la mente alla pratica riflessiva.
6.2 Raccontarsi per riflettere
La riflessività, come dispositivo auto-formativo, è connessa alle caratteristiche del
singolo, al suo percorso di vita e al modo in cui la sua professione entra a far parte
della sua storia personale. Per tale motivo il racconto delle esperienze professionali
conduce in un luogo dove costruire un rapporto attivo col sapere. I processi di
narrazione, infatti, facilitano l’esteriorizzazione dell’esperienza professionale, offrendo
la possibilità di analizzare e riflettere sugli eventi di insegnamento: l’esperienza
diventa così un racconto da interpretare. La narrazione delle esperienze è un
evento formativo, che rappresenta e ricostruisce le nostre esperienze, attraverso
attività di cura. Essa è uno strumento per costruire l’identità professionale,
attraverso l’osservazione, la comprensione, la riorganizzazione e reinterpretazione di
se stessi in funzione dei cambiamenti. Attraverso questo processo di sensemaking si
promuove il riconoscimento e l’accettazione, individuando i propri elementi di
debolezza e forza. 6.2.1 Le narrazioni di futuri insegnanti
La professionalità dell’educare necessita della presenza e messa in campo di
aspetti dell’identità personale. Gli eventi di vita che definiscono l’identità e il progetto
professionale sono gli elementi su cui attivare un processo riflessivo che conduce
l’insegnante in formazione a collegare aspetti del Sé personale e professionale.
L’entusiasmo per la professione viene dall’esperienza sul campo. Le credenze degli
insegnanti sulla natura dell’insegnamento, dell’apprendimento e sulle conoscenze
professionali manifestano l’idea che per essere un insegnante bisogna prima avere
conoscenze disciplinari.
Quando nel lavoro educativo entra in gioco il proprio vissuto di studente, si rischia
che questa identificazione tra docente e studente non permetta al primo di “uscire
dal banco” e stare “dietro la cattedra”. Il vissuto di studente dell’insegnante, la
propria storia di formazione, ma anche il rapporto con l’apprendimento sono proiettati
nella pratica professionale e dirigono le credenze sui bisogni formativi ed educativi dei
propri allievi. Affidarsi a strumenti tecnici, come programmazione e lezione, mette
l’insegnante novizio al sicuro dai rischi della relazione educativa. L’insegnante che
riconosce come fondamentale la capacità di essere in relazione e porsi in ascolto dei
propri allievi, teme di sbagliare di meno, anzi ammette che sbagliando si possa
migliorare. 6.3 Osservare per riflettere
Noi osserviamo perché vogliamo scoprire qualcosa che il semplice guardare non ci
permette di cogliere. Osservare vuol dire assumere un atteggiamento critico per
descrivere un comportamento senza influenzarlo. L’osservazione è fondamentale per
chi si occupa di educazione. La presenza dell’osservazione nei contesti educativi,
infatti, è funzionale ad una visione dinamica dell’educazione, poiché consente di
analizzare e riflettere meglio sulla propria pratica professionale. Nel contesto
scolastico l’osservazione migliora la qualità dell’insegnamento, poiché l’insegnante
descrivere situazioni, identifica eventi significativi e critici e affina il proprio stile di
insegnamento. Il metodo osservativo è utilizzato in ambito educativo e scolastico
come strumento riferito al comportamento del bambino. Adottando tale metodo nella
funzione formativa è stata progettata una ricerca-formazione per migliorare la
pratica professionale di un gruppo di educatori in contesto educativo extrascolastico.
6.3.1 Passaggi metodologici
L’osservazione si distingue in diversi passaggi metodologici:
a) Familiarizzazione, in cui gli osservatori sono presentati agli educatori e ai bambini
e assumono un atteggiamento non partecipativo. È una fase rapida e naturale poiché
è solita la presenza di figure adulte.
b) Osservazione libera del contesto educativo, in cui si procede ad osservazioni
libere senza avere un oggetto specifico