TIPOLOGIE DI EPATITI AUTOIMMUNI
Esistono due tipologie di AIH: tipo 1 e tipo 2.
Esse si distinguono dal punto di vista laboratoristico in base alla positività di differenti autoanticorpi:
Tipo 1: ANA+, ASMA+;
Tipo 2: LMK1+, LC1+.
Inoltre, vi è una diversa frequenza dei due tipi nelle diverse fasce d’età : infatti nell’adulto il tipo 1 è il più
frequente, il tipo 2 invece è più frequente in età pediatrica e si manifesta con una forma fulminante.
Tipo 1
Possono esserci patologie extraepatiche, tra cui:
tiroidite autoimmune
morbo di Graves
IBD
celiachia
Quindi, un soggetto con una malattia autoimmune va sottoposto a screening per altre malattie di questo tipo,
perché spesso esse sono presenti in associazione.
Nel 40% dei casi l’esordio acuto si ha con sintomi simil-epatite virale o tossica.
Tipo 2
Non è molto diffusa e colpisce preferenzialmente i bambini (2-14 anni), le forme con esordio in età adulta,
invece, sono rare e spesso fulminanti. Presenta positività a LKM1 o LC1.
TERAPIA
La teoria di approccio è lo steroide, il prednisolone, fino ad indurre la regressione della patologia, poi si
prosegue con un farmaco immunomodulatore o immunosoppressore, ovvero la azatioprina. Questo perché
lo steroide se somministrato a vita comporta una serie di effetti collaterali. Quindi, per evitarne l’utilizzo a
vita, si utilizza l’immunosoppressore. In questo modo, si induce la regressione del quadro con il
corticosteroide, e si induce il mantenimento della regressione nel tempo con azatioprina.
MALATTIE EPATICHE DA ACCUMULO
Le due principali malattie epatiche da accumulo sono:
Emocromatosi
Malattia di Wilson
EMOCROMATOSI
L’emocromatosi o sovraccarico di ferro è un’entità clinica che si associa a diverse condizioni ereditarie o
acquisite. Esse sono tutte accumunate dal medesimo meccanismo patogenetico: aumentato assorbimento
intestinale del ferro degli alimenti, eccessivo rilascio di ferro depositato nelle cellule del sistema reticolo-
endoteliale ed accumulo negli organi parenchimatosi con lo sviluppo di danno d’organo.
Guardando alle cause genetiche le forme sono 4:
Emocromatosi HFE – correlata (tipo 1) autosomica recessiva e rappresenta la forma più comune
di emocromatosi (incidenza massima nel maschio caucasico 40-50aa); sideremia e ferritinemia sono
elevate.
Emocromatosi giovanile (tipo 2) mutazione della emojuvelina (HJV) o del gene HAMP (epcidina)
con ereditarietà autosomica recessiva ed incidenza massima nell’età pediatrica; può portare a
cardiomiopatie, impotenza ed amenorrea.
Emocromatosi di tipo 3 mutazione TRF2 con ereditarietà autosomica recessiva e può dare
cardiomiopatia restrittiva.
Emocromatosi di tipo 4 o malattia della ferroportina mutazione di SLC40A1 e unica forma
autosomica dominante; è molto rara, tende a presentarsi all’interno della famiglia dove è già nota la
mutazione, altrimenti la diagnosi è difficile. Spesso la saturazione della transferrina non è patologica
e la ferritina non è particolarmente elevata. Questo è causato dal fatto che i livelli di ferro nel sangue
saranno bassi perché il metallo rimane accumulato nella cellula.
La penetranza e l’espressività variano di caso in caso.
Tipicamente TFR2 e HJV sono le più aggressive ed infatti danno manifestazioni sistemiche: a livello cardiaco
per TFR2 e a livello endocrino per HJV.
Solo le mutazioni di HJV e HAMP danno manifestazioni entro i 20 anni, le altre forme tendono invece a colpire
soprattutto il fegato, ma più tardivamente.
Le forme acquisite di emocromatosi sono secondarie a:
eritropoiesi inefficace
malattie croniche del ferro
aumentata assunzione di ferro
alcolismo
Metabolismo del ferro
Fisiologicamente assorbiamo circa 1mg di ferro al giorno, quando in realtà
c’è bisogno di circa 3mg di ferro che servono per far funzionare bene i vari
enzimi che lo utilizzano per la produzione di globuli rossi e non solo. Di
fatto il nostro organismo cerca di non far perdere ferro, o per lo meno di
mantenere l’equilibrio tra quello che viene perso e quello che viene
assorbito.
L’assorbimento del ferro differisce se esso è ferro eme o non eme.
Il ferro eme viene assorbito direttamente.
Il ferro non eme può essere assorbito solo dopo essere stata separato dalla molecola originaria.
Il ferro ferrico trivalente (3+) per essere assorbito richiede di essere ridotto a ferro ferroso bivalente (2+).
Questa riduzione può avvenire a livello gastrico grazie all’acidità dei succhi o nel duodeno o da una ferro-
reduttasi DCYTB.
Dopo la riduzione il trasportatore DMT-1 (che assorbe anche zinco e rame) ne consente l’ingresso all’interno
dell’enterocita.
Il ferro può essere accumulato poi negli enterociti come ferritina (è anche una proteina della fase acuta) che
lega due ioni Fe2+ ed è eliminato con la morte cellulare; oppure grazie alla ferroportina viene trasferito
tramite la membrana baso-laterale degli enterociti nel sangue, dove il ferro legherà la transferrina.
Quando la transferrina ha un valore di saturazione > 45% è patologica, con un rischio di danni tossici,
infiammazione sistemica e produzione di ROS quando il valore supera il 75%.
L’epcidina secreta dal fegato, si lega in circolo alla ferroportina e la degrada, causando la ritenzione di ferro
nelle cellule dove è accumulato e la riduzione del trasporto nel circolo ematico.
La carenza di epcidina nell’emocromatosi determina un incontrollato rilascio di ferro da parte della
ferroportina nel sangue; una volta saturata la capacità di trasporto della transferrina sierica, questo si traduce
in sovraccarico tissutale di ferro a livello di fegato, pancreas, cuore, articolazioni, cute e apparato genitale.
L’espressione dell’epcidina è legata a vari fattori:
Quantità di ferro legata alla transferrina
Scorte di ferro dell’organismo
Stati infiammatori
Ipossia
Anemia
Attività eritropoietica
Patogenesi
La molecola fondamentale che regola il metabolismo e il trasporto del ferro è appunto l’epcidina.
In condizioni di carenza di ferro, l’espressione dell’epcidina si riduce; questo aumenta l’espressione
intestinale di ferroportina, che si traduce in un aumentato assorbimento di ferro.
In condizioni di eccesso di ferro, l’espressione dell’epcidina aumenta e si riduce l’espressione di ferroportina,
con ridotto assorbimento intestinale di ferro.
Manifestazioni cliniche
L’emocromatosi va sospettata in soggetti giovani-adulti, con
Epatopatia cronica
Diabete
Impotenza o amenorrea
Cardiomiopatie
Artropatia a carico delle articolazioni della mano
Iperpigmentazione (rara): la cute assume una colorazione
bronzea dovuta alla predominante presenza di melanina o da una
pigmentazione grigia derivante dalla deposizione di ferro negli
strati basali dell’epidermide.
Iperferrritinemia
Astenia
Diagnosi
La diagnosi parte sempre dal riscontro di una iperferritinemia.
A questo punto si valuta la saturazione della transferrina:
>45%: di fronte a un quadro di saturazione della transferrina elevata
ci può essere una possibile emocromatosi. Si procede allora
escludendo le cause secondarie:
o Alcolismo
o MASLD
o Eritropoiesi inefficace
o Emofilia cronica
o Diabete mellito
o Porfiria cutanea tarda
Se queste cause non ci sono si può eseguire il test genetico per ricercare eventuali mutazioni
genetiche predisponenti. Se ad esempio c’è un soggetto eterozigote per la mutazione, non avrà una
emocromatosi primitiva, ovviamente però, se questo paziente fosse alcolista, si può slatentizzare la
condizione di accumulo di ferro/emocromatosi, che non sarà primitiva ma secondaria
<45%: se la saturazione non è alterata dobbiamo pensare ad altre possibili cause:
mutazioni della ferroportina
mutazione della ceruloplasmina (rare)
sindrome da cataratta-iperferritinemia
Terapia
Salassoterapia: è la terapia di prima scelta, è efficace ed è poco costosa. Solitamente sono sufficienti 2/3
salassi all’anno per ridurre il ferro in eccesso. È gestita dai centri trasfusionali e si inizia all’inizio con salassi
settimanali e la quantità salassata varia di soggetto in soggetto (si parte da 350-400mL per poi andare a
calare). Questa terapia tende a far migliorare:
Ipertransaminasemia
Astenia
Iperpigmentazione cutanea
Fibrosi
Al contrario non migliorano:
Diabete mellito
Cirrosi
Dolore articolare
Ipogonadismo e impotenza
Queste elencate infatti sono alterazioni irreversibili.
Chelanti del ferro: Deferoxamina da somministrare in fleboclisi sottocute, ancora utilizzata perché
efficace; ad oggi si usa maggiormente Deferasirox.
PPI: riducono l’acidità gastrica e quindi la riduzione del ferro ferrico a ferro ferroso per ridurre quindi
l’assorbimento del ferro.
Dieta
Trapianto
Nel paziente non trattato il rischio di epatocarcinoma è molto elevato; ad oggi però i pazienti ricevono
diagnosi precoci e salassi, con un valore del ferro che rimane normale, per cui il rischio è nettamente ridotto
rispetto al passato (assimilabile a quello della popolazione generale), fatta eccezione per i pazienti con cirrosi.
MALATTIA DI WILSON
La malattia di Wilson è una patologia molto rara che è caratterizzata dall’accumulo di rame (Cu).
È una malattia genetica con ereditarietà autosomica recessiva, legata alla mutazione del gene ATP7B, che
codifica per una proteina ATPasi, che permette di trasferire il rame dal citosol dell’epatocita e non solo
all’apparato di Golgi, dove verrà utilizzato accoppiato alla ceruloplasmina, per poi essere secreto il tutto
all’interno del canalicolo biliare.
Fisiopatologia
Le principali sedi di assorbimento di rame sono stomaco e
duodeno, grazie a CTR1: la densità di CTR1 sulla membrana
cellulare viene decisa proprio dalla cupremia.
Essendo però tossico, il rame non viene mantenuto
nell’enterocita, ma immesso nella circolazione portale legato ad
alcune proteine, tra cui l’albumina e trasportato dove serve.
Il rame, una volta entrato nell’epatocita viene assemblato su
diversi enzimi che lo utilizzano come cofattore per assolvere a
diverse funzioni, ed evitano che esso provochi danni per via della
sua alta reattività. Esempi sono SOD, oppure può entrare nel
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