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(ALBŬM, *VERSORIŬM, NĬGRŬM)
- Ĭ > ẹ (sviluppo di i breve tonica in e chiusa in ottemperanza ai dettami dell’evoluzione del vocalismo tonico
di tipo panromanzo: negro (lat. NĬGRUM)
- pareba ‘spingeva avanti’ (< lat. PARARE ‘preparare’): in questa accezione (legata al mondo dell’agricoltura)
è parola ad oggi diffusa in area veneta
- versorio ‘aratro’ (< *VERSORIUM): parola diffusa in area veneta
[cfr. le mappe AIS (Atlante Italo-Svizzero) ‘spingere le bestie’ e ‘aratro’]
- pratalia ‘i prati’ (< lat. *PRATALIA -> neutro non attestato; cfr. toponimi sett. Predaia [TN] Pradaglia [PC]),
b. struttura grammaticale latina
- la terminazione dell’imperfetto rimane in forma latina: -aba-, -eba- < -ABAT, -EBAT (senza b > v come nell’
it. -ava, -eva)
- il sost. neutro semen conserva la desinenza -n latina
- l’agg. albus ‘bianco’ appartiene al lessico latino (nella maggior parte delle lingue romanze è stato sostituito
dal germanico blanc)
- l’ordine sintattico OV è latino (alba pratalia [O] araba [V], albo versorio [O] teneba [V], negro semen [O]
seminaba [V])
- l’acc. plur. alba pratalia è di genere neutro, quindi pienamente organico al sistema latino (in romanzo non
esiste il neutro)
L’Indovinello è stato scritto da un chierico abituato a copiare libri, che quindi conosceva molto bene il latino
→ i volgarismi non sono errori, ma sono intenzionali, adatti al contesto di un breve divertissement
la tipologia testuale ‘giocosa’ suggerisce l’uso di un latino meno controllato, quindi contaminato con il
parlato
Non si può parlare di testo scritto volgare, ma di latino della parola con elementi volgari inseriti per scelta
stilistica
Tra la fine dell’Impero (V sec.) e l’avvento dei Carolingi (VIII sec.) la qualità del latino scritto era precipitata
→ Pochi autori scrivono ormai al livello dei classici antichi
Nell’enorme mole dei documenti, ma anche nei testi letterari e para-letterari, si attesta «latino
linguisticamente modesto» (Renzi-Andreose)
dalla forte compromissione con il parlato, più o meno intenzionale
Il programma carolingio di rinascita culturale (renovatio) promosso soprattutto dall’entourage di Carlo
Magno (re dei Franchi dal 774, imperatore dall’800) investe gli studi umanistici
→ - nuova attenzione alla scuola e all’istruzione soprattutto del clero e dei funzionari
- recupero ‘filologico’ degli auctores classici, allestimento di grandi biblioteche
- importante impegno letterario con attenzione alla lingua e allo stile (lotta alla scripta latina rustica: in
particolare a quel tipo latino, utilizzato per prodotti di carattere letterario nei primi secoli subito dopo
la caduta dell’Impero romano, noto come latino merovingico, scritto in Gallia e fortemente
contaminato dalle movenze della lingua parlata)
- riforma della scrittura per risolvere l’‘anarchia grafica’ -> ogni area aveva la sua tradizione grafica
(minuscola carolina che caratterizza la scrittura dei libri tra la fine dell’VIII e tutto l’XI sec.)
La rinascita culturale carolingia
con la riscoperta del latino classico nelle sue forme autentiche
e l’innalzamento del livello culturale della classe dirigente
→ favorisce l’acquisizione definitiva della consapevolezza della differenza sostanziale tra il latino
(gramatica) e la lingua parlata (romanice loqui, rustica romana lingua)
Inoltre
l’impero carolingio si estende su territori di lingua sia romanza sia tedesca:
il dualismo evidente per ragioni linguistiche tra latino (scritto) e lingua tedesca (parlata)
[nella parte orientale dell’Impero: Germania]
promuove il riconoscimento dell’altro dualismo tra latino (scritto) e lingua romanza (parlata)
[nella parte occidentale dell’Impero: Gallia]
Si riconosce insomma che nell’Impero la lingua ufficiale, diastraticamente alta, è il latino
le lingue dell’uso, diastraticamente basse, parlate, sono la theothisca e la romana
Il riconoscimento definitivo del fatto che il latino e il romanzo sono due sistemi distinti garantisce piena
autonomia e ‘libertà di movimento’ del romanzo rispetto al latino
Non è un caso che la prima codificazione scritta di una lingua romanza in quanto tale,
cioè non più ‘mediata’ dalla tradizione scrittoria latina e ‘travestita’ di latino
avvenga in questo contesto culturale
avvenga dalla penna di uno storiografo, Nitardo, membro della corte di Carlo Magno
Il più antico testo ad oggi noto scritto in un volgare romanzo (= antico francese, lingua d’oïl) sono i
Giuramenti di Strasburgo (14 febbraio 842)
Carlo il Calvo, Ludovico il Germanico e Lotario, figli di Ludovico il Pio e nipoti di Carlo Magno, governano le
tre grandi regioni in cui era stato suddiviso il Sacro Romano Impero dopo la morte del suo fondatore
Carlo il Calvo ottiene i territori occidentali, di lingua galloromanza (d’oc e d’oïl)
Ludovico il Germanico i territori orientali, di lingua tedesca (theothisca)
Lotario i territori centro-meridionali, di lingua tedesca (Lotaringia, cioè Lorena) e italoromanza (Italia)
[Carlo Magno era franco quindi parlante della varietà germanica del francone. Probabilmente i suoi tre
nipoti erano competenti bilingui: conoscevano sia il francone (lingua di famiglia), sia le lingue delle rispettive
aree dove governavano]
In un contesto di schermaglie per il potere, nell’842 Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si alleano contro
il fratello Lotario.
L’alleanza fu sancita tramite un giuramento, pronunciato a Strasburgo (territorio di confine tra are romanza
e germanofona) da Carlo e Ludovico, in presenza dei rispettivi eserciti
quello di Carlo, formato da soldati di lingua francese
quello di Ludovico, formato da soldati di lingua tedesca
I contenuti di questo giuramento dovevano essere chiari a tutti:
considerato che sia i soldati dei due eserciti sia i re erano illitterati (= ignari di latino)
→ non si poteva giurare in latino, ma nelle lingue parlate dai rispettivi attori in campo
→ il giuramento venne redatto nella cancelleria imperiale (da dei giuristi), e poi fatto pronunciare
sia ai sovrani, sia ai capi degli eserciti, in due versioni: una in francese e una in tedesco
- Il testo dei giuramenti di Strasburgo fu redatto ad hoc
→ già pronto per essere pronunciato (non si tratta di registrazioni del parlato spontaneo della gente)
- È riportato integralmente nell’Historia latina di Nitardo († 844), storiografo e cronista franco, nipote di
Carlo Magno, membro della corte e probabilmente testimone oculare degli eventi (è stato sostenuto che
avesse sottomano le pergamene nelle quali queste formule erano state scritte appena prima di essere
pronunciate)
Secondo Aurelio Roncaglia trascrive i Giuramenti così come sono stati pronunciati (cioè in volgare romanzo
e tedesco) per amore di autenticità (NB: il contesto giuridico favorisce, anzi richiede l’adesione al vero)
secondo Petrucci, invece, per sottolineare solennemente, con un artificio retorico (cambio di lingua), le due
‘identità nazionali’ che facevano capo a Carlo (romana) e Ludovico (theothisca) e che si ‘affratellano’ contro
Lotario (nemico di entrambi).
- L’Historia di Nitardo è tramandata da un solo manoscritto (mono testimoniale), di fine X-inizio XI sec.
(copia posteriore agli eventi di circa 150 anni dato che il testo è circa dell’842. Gli studiosi hanno notato che
questo codice doveva essere vicino all’ambiente di Nitardo. Infatti, dal punto di visto dello stemma, questa
copia si situerebbe molto a ridosso dell’archetipo ed è per questa ragione molto attendibile): attenzione a
distinguere testo e manoscritto (che lo riporta) Giuramenti
incrociati
L’antico francese
è definito romana
lingua quasi
come con la
stessa formula
del dispositivo
del Concilio di
Tours
“Dopo che Carlo ebbe pronunciato le medesime parole in lingua romanza, Ludovico, che era maggiore di
nascita, per primo giurò che avrebbe mantenuto quanto segue”
Nitardo prima di offrirci la trascrizione del giuramento in volgare romanzo e tedesco, ci dice che entrambi i
fratelli pronunciano una sorta di peroratio della loro causa (la difendono) con parole loro e non è un caso
che questa venga riportata in latino però. Dopo, afferma che Carlo ha fatto la peroratio in romana lingua e
quindi le cose che aveva precedentemente scritto erano state dette in volgare.
En/in: non si capisce se il copista del manoscritto della Historia di Nitardo avesse scritto en e poi corretto
con in o viceversa. Se si trattasse di una correzione di “en” in “in” saremmo in presenza di un tentativo di
innalzare dello stile della proposizione riportandolo alla sua forma latina. Nel caso contrario, l’obiettivo
sarebbe quello di dare una maggiore sincerità linguistica al testo.
Il testo in tedesco ha esattamente lo stesso contenuto del testo francese
Poi giurano i comandanti dei due eserciti, ciascuno nella propria lingua (per farsi capire dai propri soldati):
«Sacramentum autem quod utrorumque populus, quique propria lingua. Romana lingua sic se habet:
Si Lodhuvigs sagrament, que son fradre Karlo iurat, conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non
lo·s tanit, si io returnar non l’int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha
[-d- aggiunta nell’interlinea] contra Lodhuwig nun li iv er»
‘Se Ludovico rispetta il giuramento che ha prestato a suo fratello Carlo, e Carlo, mio signore, da parte sua,
non lo mantiene, se io non riesco a farlo desistere da ciò [cioè ‘dal tradimento’], né io, né altri che io possa
far desistere da ciò [cioè ‘dal tradimento’], non gli saremo lì di aiuto alcuno contro Ludovico’
[la nuova edizione dei Giuramenti è in
I Giuramenti di Strasburgo. Testi e tradizione, a cura di Francesco Lo Monaco e Claudia Villa
Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, 2009]
LEZIONE 20: Riassunto della lezione precedente
- L’indovinello veronese, tra latino e volgare
- La rinascenza (renovatio) carolingia: si rafforza la consapevolezza della distanza tra latino e lingua parlata
(tra la fine dell’Impero romano d’Occidente e i primi secoli dell’Alto Medioevo la conoscenza del latino e la
capacità di leggere e interpretare i testi dei grandi autori classici era molto ridotta a causa di un
impoverimento culturale dei pochi che lo studiavano. Durante il Concilio di Tours viene deciso che le
prediche verranno pronunciate nella lingua del popolo: per i vescovi la romana lingua è il francese o tutt’al
più il