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FILOLOGIA E CRITICA DANTESCA

Introduzione

Si è sempre voluto dare una immagine di dante e della sua opera come una

struttura perfetta e senza sbagli, una struttura diamantina in cui tutto i

torna e tutto combacia… ma è davvero cosi?

E io a lui: «Poeta, io ti richeggio

per quello Dio che tu non conoscesti,

a ciò ch’io fugga questo male e peggio, Per un comune lettore del 300 la porta di

che tu mi meni là dov’or dicesti, San Pietro era semplicemente la porta del

sì ch’io veggia la porta di san Pietro paradiso e Dante lo sapeva (immaginato come

e color che tu fai cotanto mesti». una città fortificata al cui centro risiede Dio

con, appunto, la porta di San Pietro ed è così

Allor si mosse, e io li tenni dietro. che la descrive Virgilio pochi versi prima

“In tutte parti impera e quivi regge;

quivi è la sua città e l’alto seggio;

oh felice colui cu’ ivi elegge!”

Quando Dante dice così si riferisce senza dubbio alla porta del paradiso a cui aspira ad

andare e anche i primi commentatori la identificano come la porta del paradiso ma…

nel paradiso dantesco questa porta non c’è e non c’è nemmeno una citta fortificata. I

commentatori di ogni secolo, dai primi fino a Chiavacci Leonardi anche, di fronte a

questa incongruenza nella struttura del poema e dell’immaginario dell’aldilà non sanno

come comportarsi e non si vuole ammettere che Dante si sia semplicemente sbagliato o

meglio… che la sua idea di Paradiso sia cambiata nel tempo e dalla semplice immagine

comune a tutti della città fortificata si è arrivati alla visionaria struttura dei cieli,

dell’empiero e della candida rosa dei beati. I commentatori cosa fanno allora?

Identificano la porta di San Pietro con la porta del purgatorio sulla cui soglia c’è un

angelo con le chiavi che gli sono state date da San Pietro. Ma questo non è possibile, è

solo una interpretazione sbagliata per far tornare una incongruenza dantesca… nel

medioevo e in molti testi comuni nell’immaginario collettivo la porta di San Pietro fosse

semplicemente la porta del paradiso.

Dobbiamo pensare che nel poema di Dante ci siano delle

incongruenze, dei cambi di idea durante la scrittura…

il poema è un work in progress

• il poema è ambientato nel 1300 ma i riferimenti astronomici sono riferiti al 1301.

Dante si è sbagliato? O ha semplicemente modificato la realtà in funzione della

narrazione? Il cielo nel 1301 era più “bello” e adatto ad un poema allegorico

(luna piena, venere…)

• Sempre nel primo canto si riferisce alle anime del purgatorio come “coloro che son

contenti nel foco”. Eppure il purgatorio dantesco non è così, solo i lussuriosi sono

nel fuoco ma gli altri no e qui dante si sta riferendo a tutte le anime del

purgatorio, non solo ai lussuriosi. Dante si è sbagliato e non ha rispettato la sua

prima idea? No, durante la scrittura ha semplicemente cambiato idea

Il suo poema è un work in progress ed

è una cosa che vediamo anche nel titolo

Il titolo

Dante ha dato questo nome al suo poema? Commedia? Ormai si chiama così ed è un

nome entrato nell’uso comune ma ancora oggi si cerca di giustificarlo. Allo stesso modo

nel 1300 i primi lettori cercavano di giustificare tale titolo che risultava molto strano:

per loro la “commedia”

1) era il genere teatrale antico (commedie di Terenzio)

2) lo stile comico ovvero quello stile non che fa ridere ma che è adatto all’argomento

trattato, un ambito in contrapposizione alla tragedìa

Classica divisione degli stili Comedìa

Tragedìa Stile più basso e adatto a componimenti

Stile elevato, alto, tragico, adatto a di argomento minore

componimenti eroici e mitici

Inf XX Inf XXI e XVI

Il titolo delle opere nell’antichità non era una cosa essenziale e obbligatoria come noi

oggi (per noi oggi è quasi una chiave di lettura dell’opera…). Virgilio non chiama

Eneide la sua opera, è una convenzione, è il pubblico che gli attribuisce questo nome

secondo la tradizione che voleva i titoli in base al protagonista (Eneide, odissea) o in

base al luogo (Iliade, tebaide). Era un titolo convenzionale in base all’argomento

trattato. Se era l’autore che voleva dare un titolo lo faceva o all’inizio dell’opera o alla

fine (qui il titolo veniva dato in base a cosa l’opera era diventata)… non era previsto a

metà dove invece dante mette la parola “comedìa”, Canto XVI dell’inferno.

In inferno XX Dante fa riferimento all’opera di Virgilio e las definisce “tragedìa”… gli

sta dando il titolo? Ma certo che no! Si sta riferendo allo stile, all’argomento ma il

titolo era Eneide e così dante la conosceva (stazio nel purgatorio la chiama Eneide). Se

sul finire del canto XX Dante usa “tragedìa”, pochi versi dopo, all’inizio del XXI mette

“comedìa” creando un legame tra le due parole come se volesse riprendere il discorso

del canto precedente e instaurare un certo legame tra le due parole. Ma se tragedìa

non era il titolo dell’opera di Virgilio ma solo un genere, uno stile… come mai

comedìa dovrebbe essere il titolo dell’opera di dante. Se tragedìa non era il titolo non

lo è neanche comedìa. Questa è una comedìa (stile, argomento) ma non è il titolo.

Nell’inferno abbiamo 2 volte comedìa e nel paradiso abbiamo 2 volte un altro ipotetico

titolo: “sacrato poema” (XXIII) e “poema sacro” (XXV). In un certo senso Dante cerca di

neutralizzare le due volte in cui usa comedìa nell’inferno. Ma… comedìa e poema sacro

non sono la stessa cosa. Se voleva comedìa poteva ribadirlo, confermarlo ma non lo fa.

Anche Boccaccio nelle esposizioni accetta il titolo di comedìa perché dice “dante stesso

la chiama così” ma lo stesso Boccaccio non riesce a giustificarlo e a capire come m,ai

la scelta di questo titolo. Lo stesso Petrarca nelle epistole come Boccaccio ammette di

non capire come mai fosse quello il titolo

Nell’Epistola a Cangrande, ammesso che sia autentica, dante dice che si chiama così

perché comincia male e finisce bene e perché è scritta in volgare, lingua adatta al

comico, al basso e non alla tragedìa. Strano però perchè dante dice sempre che il

volgare, la lingua materna può raggiungere altissimi livelli e quindi non è solo la

lingua comica, bassa ma c’è anche il volgare illustre, Dante non ha mai detto che il

volgare può essere utilizzato solo in in un ambiente comico della comedìa. (Pensiamo

per esempio al volgare del paradiso, molto selettivo ed elevato).

Quindi questo non è il titolo…

• non si da un titolo in base al genere (il titolo per esempio è Eneide e non tragedìa)

• i precetti classici prevedono un titolo in base all’argomento e quindi in base all’eroe

o al luogo

• si mette all’inizio o alla fine come la retorica vuole

• il titolo comedìa non ha giustificazioni nell’epistola a cangrande (ammesso che sia

vera)

• non corrisponde a quanto dice in paradiso “poema sacro”. La commedia è solo la

prima parte di questo poema sacro. Allora è questo il titolo? No, è solo una

indicazione su ciò che il poema è diventato.

Molti hanno proposto titoli alternativi e in passato si parlava dell’opera come di “cantica”.

Era questo il titolo? No.

Quando si parla di cantica si intende un componimento che ha in se un qualche elemento

liturgico, una lode a Dio, una componente sacra. Nell’inferno però si parla di “canzone” e

non “cantica”. Dante cambia idea, per le prime due parti della sua opera utilizza due

parole diverse. Non sono la stessa cosa: la componente liturgica della seconda parte non

si adatta all’inferno. Infatti li ha usato “canzone”

Il termine “canzone” dante lo usa anche nel DVE dove gli dà non soltanto il senso di

“canzone lirica”, “ballata”, forma metrica ma dice che può avere significati anche più

ampi: significa opera divisibile in parti e complessivamente “cantata”. Siamo in un

ambito che richiama molto da vicino le chanso de geste romanze che dante conosceva

e sapeva che erano divise in parti, in “lasse” che potevano essere chiamate “chants”

(canti). Ma questo termine era forse troppo generico per dante che nel purgatorio

(alla fine proprio) decide di mettere “cantica” per specializzare la sua opera in

ambito religioso, liturgico, sacrale: il suo poema era diventato qualcosa di diverso

dalla generica “canzone”. In molti lo hanno considerato il titolo ma non è da

intendersi così (il termine fa inoltre una invenzione di Dante stess0).

L’ipotesi è che le prime sua cantiche circolassero come

inferno e purgatorio e solo quando dante pubblica la terza Con “poema sacro” dante

parte pensa di dare il titolo complessivo ma molto cerca di neutralizzare

probabilmente non ci è riuscito. Il paradiso esce molto tardi, “comedìa” ma non ci

ormai le prime due parti già circolavano e già circolava da riesce.

prima ancora il solo inferno con il “titolo” comedìa che Neanche i figli infatti

molto probabilmente si è cristallizzato e ha resistito a sanno spiegarsi vome

“cantica” e a “poema sacro”. Ma non era il titolo voluto da maio si chiama così.

dante, era solo un nome riferito al genere e all’argomento.

Quindi…

• le attestazioni di dante autentiche di dante (inferno 16 e 21) ci dicono che comedìa

non è il titolo

• le cose dette nell’espistola (ammesso che sia vera) non ci convincono affatto

• il titolo forse dante non ha fatto in tempo a darlo e ha solo cercato di correggere

comedìa con poema sacro ma non è titolo neanche quello

• il genere e lo stile cambiano nel tempo (canzone > cantica)

Inferno I

Mazzini parla dei primi versi della commedia come dei versi dall’andamento biblico e

fa riferimento a Isaia 38,10 “nel mezzo della mia vita andrò alle porte degli inferi”.

Probabile fonte dantesca ma dobbiamo fare attenzione tra intertestualità e

interdiscorsività (questo rimando a isaia è interdiuscorsivo e non intertestuale)

Intertestualità Interdiscorsività

Riferimento ad un altro te

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
42 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/13 Filologia della letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gabri.cheru di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Casadei Alberto.